Inizio la maggior parte delle giornate con una sana colazione, una buona tazza di caffè (italiano!) e le notizie del mattino. Consultare varie testate giornalistiche e leggere articoli online rientra ormai nella mia routine mattutina. Come molti Canadesi, ho accesso alla maggior parte delle notizie sul web e, a differenza di molti anni fa, oggi riceviamo le notizie in tempo reale.
Internet è diventato il luogo in cui i Canadesi consultano la maggior parte delle loro notizie, sia attraverso gli organi di informazione tradizionali che attraverso i siti di colossi digitali, come Facebook e Google. A causa di questo spostamento dalla carta al web, alcuni sostengono che la “buona salute” del giornalismo sia minacciata dalla prevalente diffusione di informazioni fuorvianti e di disinformazione. In effetti, secondo alcuni recenti sondaggi, quasi la metà dei canadesi mette in dubbio l’accuratezza e la veridicità delle informazioni che ricevono dalle testate giornalistiche. Si tratta di una statistica inquietante.
Poco più di un anno fa, sempre Statistics Canada riportava che “i ricavi operativi degli editori di giornali canadesi sono scesi a 2,1 miliardi $ nel 2020, in calo del 21,9% rispetto al 2018”. Una tendenza al ribasso, in atto già da diversi anni, che la pandemia ha aggravato. Sempre più testate giornalistiche, compresi i giornali comunitari, stanno chiudendo. Dallo scorso ottobre, nove grandi quotidiani cittadini hanno smesso di stampare le edizioni del lunedì, in parte a causa della perdita di introiti pubblicitari a favore dei colossi tecnologici.
Non è un segreto che le organizzazioni giornalistiche stiano lottando per tenere il passo dei cambiamenti del settore e per rinnovare il proprio modello d’affari, pur rimanendo finanziariamente sostenibili (senza l’intervento del governo). Come riportato dalle Nazioni Unite la scorsa estate, “l’importante spostamento dei ricavi pubblicitari verso i social media e i motori di ricerca nell’ultimo decennio, e l’aumento di potere delle compagnie on line che controllano la tecnologia pubblicitaria, hanno ulteriormente eroso le basi economiche del pluralismo dei media, facilitato le acquisizioni, indebolito la diversità dei contenuti e reso più difficile, per le fonti di notizie, di resistere ad altri tipi di pressioni”.
Per porre rimedio a questa situazione, il governo federale ha presentato il disegno di legge C-18, l’Online News Act, sul modello della normativa australiana. Come il disegno di legge C-11, l’Online Streaming Act, ovvero il disegno di legge C-18, ha suscitato molto interesse tra i parlamentari, gli organi di informazione, i colossi digitali e altri attori interessati, ed entrambi i progetti di legge sono attualmente all’esame del Senato.
Il disegno di legge C-18 mira a stabilire un nuovo quadro di riferimento per garantire l’equità nel mercato delle notizie digitali canadesi e tra le testate di informazione locali indipendenti, comprese quelle rurali e remote, garantendo che i media e i giornalisti ricevano un equo compenso per il lavoro svolto. Più nel dettaglio, gli intermediari dell’informazione digitale, come i motori di ricerca o i servizi di social media, potranno negoziare accordi con i media canadesi per essere autorizzati a diffondere i contenuti dei media canadesi sulle loro piattaforme.
A ottobre dell’anno scorso, Abacus Data ha condotto un sondaggio, commissionato da Google Canada, sul C-18 ed ha rilevato che “la grande maggioranza degli intervistati ritiene importante che la legislazione garantisca che le testate giornalistiche idonee seguano degli standard giornalistici ed etici, che le notizie locali siano salvaguardate e ricevano le risorse per continuare a operare, ma auspica anche che i motori di ricerca come Google Search continuino a lavorare e a funzionare come fanno adesso”.
Naturalmente, come ogni atto legislativo, l’iter di approvazione del Bill C-18 non sarà semplice. Da un lato, gli editori chiedono un rapido passaggio perché le piattaforme online non li compensano adeguatamente per i contenuti creati dai giornalisti. D’altra parte, i colossi digitali si oppongono fermamente, sostenendo che il quadro normativo non tiene adeguatamente conto del valore che essi forniscono a editori e giornalisti.
Indipendentemente dai punti di vista, non c’è dubbio che la transizione digitale costituisca un problema reale per il giornalismo in generale e per le testate tradizionali, in particolare per i giornali locali ed etnici, con mezzi finanziari limitati ed investimenti pubblicitari in calo. L’Online News Act rappresenta la soluzione? Potrebbe. Il Senato se ne occuperà durante la prossima sessione e so già che avremo grandi dibattiti, sia in aula che in commissione.
Una cosa è certa: è necessario fare qualcosa per garantire una stampa libera e indipendente che continui a cercare la verità, che rimanga accurata nei suoi resoconti e che resti fedele ai principi di affidabilità e obiettività. È fondamentale che, in una democrazia, i cittadini siano ben informati, prima di prendere decisioni importanti. Come ha affermato l’ONU, “se i media indipendenti di interesse pubblico non possono sopravvivere, la disinformazione prospererà, i giornalisti saranno messi ulteriormente a rischio e il diritto all’informazione delle società sarà compromesso”.