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Dai Terramaricoli e Villanoviani agli Osco-Sabelli, Siculi e Latini

I popoli italici

Nella prima immagine una tipica abitazione Terramaricola su palafitte. Nella seconda illustrazione guerrieri lucani rappresentati in un affresco rinvenuto in una tomba di Posidonia. I Lucani conquistarono la città fra il 420 e il 410 a. C. e la chiamarono Paistòs, poi diventata Paestum.

 

(2ª parte)                                                                     

La conformazione geografica della Penisola, lunga e distesa nel Mar Mediterraneo, non ha favorito i rapporti con le regioni circostanti; sin dall’inizio la natura prevalentemente montuosa ha favorito la separazione e isolato le popolazioni entro aree geografiche circoscritte. Questa particolarità geografica determinò, sin dall’inizio, il fiorire e la differenziazione di parlate e culture particolari ad ambienti circoscritti. Quando si parla di popoli dell’Italia preromana, si indicano quelle popolazioni stanziate nella penisola durante l’età del ferro e prima dell’ascesa di Roma. Questi popoli non erano tutti della stessa etnìa, né erano imparentati sul piano linguistico. La maggioranza di questi, comunque appartenevano allo stesso ceppo etnico e parlavano lingue di origine indoeuropea. Essi costituirono quel che noi definiamo popoli italici. Questi ultimi parlavano lingue definite italiche, altri parlavano sì lingue indoeuropee, ma non italiche, come i colonizzatori di lingua greca. Altri ancora, parlavano lingue preindoeuropee. Tra questi: Etruschi, Liguri, Euganei, Reti, Camuni, Sicani, Protosardi e Corsi. La classificazione definitiva di queste popolazioni non Indo-Europee non è stata ancora chiarita definitivamente. Sul soggetto, il celebre studioso Giacomo Devoto (1897-1974), eminente storico e linguista, autore di molte opere sul soggetto, ne “Origine indoeuropee” e “I dialetti delle regioni italiane” sostiene che le varietà indoeuropee che confluirono in Italia furono infinite, e che al loro arrivo la Penisola era già abitata da popolazioni neolitiche di civiltà matriarcale e lunare, tipiche dei popoli mediterranei; mentre gli indoeuropei costituivano una società patriarcale e solare. La migrazione degli indoeuropei in Italia fu contemporanea alla diffusione della lavorazione dei metalli e provenivano principalmente da nord delle Alpi. Queste popolazioni guerriere, guidate dai mitici Re Pastori, arrivarono in diverse ondate. Una prima ondata migratoria sarebbe avvenuta intorno alla metà del III millennio a.C.  per opera di popolazioni che importarono la lavorazione del Rame. Caratteristiche di questo periodo sono le Statue stele (o statue Menhir), sulle quali sono spesso scolpite armi e simboli solari (croci, croci celtiche, svastiche, asce, frecce, fulmini ecc. (segni distintivi indoeuropei). Una seconda ondata indoeuropea avvenne fra la fine del III e gli inizi del II millennio a.C. Durante la metà del II millennio a.C., nella pianura padana a sud del Po, si sviluppò la civiltà chiamata Terramare.

 

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Era chiamata così perché la popolazione viveva in villaggi di palafitte circondate da fossati e cumuli di terra grassa e nerastra derivata dalla decomposizione dei rifiuti, detta terra marna, da cui il termine terramare. Le palafitte servivano a isolare le abitazioni dall’umidità del terreno (niente di nuovo per i futuri abitanti della Laguna). Dagli studi di Luigi Pigorini (1842-1025), questa civiltà risulta essere associata agli italici, i quali, dopo la grave crisi del XII secolo a.C. che colpì il sistema terramaricolo provocando la scomparsa della maggior parte degli insediamenti, migrarono a sud, installandosi presso le locali comunità di cultura appenninica, dando origine al Proto villanoviano. La designazione Villanoviana deriva dalla località di Villanova, frazione del comune di Castenaso, nella città metropolitana di Bologna, dove, fra il 1853 e 1855, Giovanni Gozzandini (180-1887) trovò i resti di una necropoli, portando alla luce 193 tombe, di cui 179 a incinerazione e 14 a inumazione. Un dato archeologico di fondamentale importanza, poiché i due tipi di sepoltura confermano il contatto fra due etnie e due tipi di civiltà: l’Etrusca, che praticava l’inumazione, tradizione comune ai popoli preindoeuropei, matriarcali e lunari, e la cremazione, tradizione tipica dei popoli patriarcali solari, indoeuropei. In seguito, la cultura proto-villanoviana si suddivise a sua volta in differenti agglomerati regionali che diedero origine alle “nazioni italiche”: i Proto-Veneti, gli Osci (siculi, Sabini, Sanniti e Latini). Per affinità etnico-linguistica, si è soliti considerare sia i Latino-Falisci che gli Osco-Umbri come appartenenti alla famiglia linguistica italica. Questi due gruppi di popolazioni, dai dialetti osco-sabellici – l’Umbro, il Latino, il Siculo, ecc. – sono stati successivamente suddivisi in due distinti rami indoeuropei, chiamati lingue italiche occidentali (Latino-Falisco) e lingue italiche orientali (Osco-Umbre), forse derivanti da due distinte migrazioni indoeuropee. Le popolazioni di lingua indoeuropea giunte nella penisola si sarebbero sovrapposte a quelle più antiche, di origine neolitica, oppure si mescolarono ad esse, dando origine ai gruppi Osco-Umbri, ai Latini loro affini e ai Siculi in Sicilia. In sintesi, in Italia, le antiche popolazioni italiche, nel loro complesso, possono classificarsi in: di lingua indoeuropea, differenziati in: Latini (compresi i Falisci), Capenati, Siculi, Ausoni-Aurunci, Campani, Opici, Enotri, Itali, Elimi, Sabini, Piceni, Umbri, Sanniti (Carricini, Pentri, Caudini e Irpini), Osci, Lucani e Bruzi; i Sabelli adriatici (Marsi, Peligni, Marrucini, Frentani, Petruzi, Vestini, e Apuli); infine i Tirrenici (Ernici, Equi e Volsci)). Altra affiliazione di indoeuropei, ma non italici, comprenderebbe gli Iapigi di probabile origine illirica e dell’Epiro, suddivisi in Dauni, Senoni, Peucezi e Messapi e Salentini. Ed infine, gli Italioti o Sicelioti costituiti dai coloni greci della Magna Grecia e delle altre colonie greche.

(Continua)

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