a cura del Senatore Tony Loffreda
97 anni: questo il tempo che ha impiegato il Canada per adottare ufficialmente la sua Bandiera nazionale. La nostra Nazione, così come la conosciamo oggi, è nata nel 1867, eppure il Parlamento ci ha messo quasi un secolo per ufficializzare la nostra bandiera. Fu nel 1960 che Lester B. Pearson, allora leader dell’opposizione, chiese pubblicamente una soluzione a quello che allora era noto come “il problema della bandiera”. Quando Pearson divenne Primo Ministro nel 1963, promise ai canadesi che avremmo avuto la nostra nuova bandiera entro il nostro 100esimo anniversario di nascita : una bandiera che sarebbe stata unicamente canadese ed esclusivamente nostra.
Dopo un lungo dibattito, molti motivi di disaccordo e migliaia di proposte, la “Commissione parlamentare per la bandiera”, composta da 15 membri, selezionò tre finalisti, tra cui un’idea proposta dallo stesso Pearson. Alla fine, la Commissione parlamentare optò per il concetto della singola foglia d’acero di George Stanley e, poco prima dell’interruzione dei lavori per le vacanze estive del 1964, la Camera dei Comuni e il Senato adottarono il design. Non molto tempo dopo, la nostra nuova bandiera fu issata per la prima volta sulla Torre della Pace di Parliament Hill. Era il 15 febbraio del 1965.
Nel 2024, è difficile credere che il 75% dei canadesi non abbia mai conosciuto un’altra bandiera. Sono nati sotto la foglia d’acero rossa. Sebbene fossi un bambino di due anni quando si concluse il dibattito sulla bandiera, il mio attaccamento alla bandiera è profondo. Il Canada, rappresentato dalla bandiera, ha regalato a me e alla mia famiglia una vita meravigliosa. Ancora mi do un pizzicotto per essere sicuro che non è un sogno, quando salgo sulla collina di Ottawa e guardo la bandiera. Servire come Senatore canadese è il privilegio di una vita e non prendo mai alla leggera il mio lavoro. La mia storia d’amore con la foglia d’acero (non con i Toronto Maple Leafs!) risale a molti decenni fa e uno dei miei ricordi d’infanzia più belli mi riporta al settembre del 1972. Avevo appena compiuto 10 anni: trascorrevo gran parte dell’estate giocando con gli amici e godendomi momenti importanti con la mia famiglia. Quell’anno il ritorno a scuola coincise con un grande evento internazionale a Montréal.
Era il 2 settembre e, nell’iconico Forum di Montreal, a pochi isolati dalla casa dove io sono cresciuto, fu giocata la prima partita della Summit Series del 1972. Per un entusiasta appassionato di hockey come me, la Summit Series rappresenteva l’evento sportivo per eccellenza: due superpotenze dell’hockey, Canada e Unione Sovietica, si affrontavano in una serie di otto partite. In palio non c’erano medaglie, trofei o premi in denaro: l’evento costituiva soltanto un motivo di vanto e un’occasione per rivendicare il titolo di migliore della classe! Che delusione, però, quando la squadra canadese perse 7-3 contro i sovietici al Forum. Per fortuna, due giorni dopo a Toronto, Esposito, Cournoyer e i fratelli Mahovlich andarono in gol e pareggiarono 1-1 la Serie.
Quando la Serie si trasferì a Mosca, il Canada era in svantaggio sui sovietici. Abbiamo perso la quinta partita, ma poi siamo tornati alla grande nella sesta e settima gara. La Serie era in parità. L’ottava partita, il 28 settembre, avrebbe decretato il vincitore. Per l’occasione, tutta la mia scuola di Sainte-Rita era riunita nella palestra dell’Istituto per guardare la sfida in diretta su un piccolo televisore in bianco e nero. Lo ricordo come se fosse ieri: l’eccitazione, il clamore, la pressione e l’orgoglio nel guardare i migliori giocatori del Canada, con la foglia d’acero sulle maglie, mentre ci rappresentavano sulla scena mondiale. Dopo quaranta minuti, il Canada era sotto per 5-3. Ai nostri ragazzi restavano solo venti minuti.
Durante il secondo intervallo, ricordo ancora di aver detto a tutti i miei amici di non preoccuparsi. Ero convinto che il Canada avrebbe rimontato nella terza frazione di gioco e avrebbe vinto. Ero così fiducioso che feci una scommessa con uno dei miei migliori amici. Scommettemmo un quarto di dollaro (il mio biglietto dell’autobus per tornare a casa!). Non scommetto mai, ma in quel momento ero determinato a mantenere alto il morale della palestra. Due minuti dopo l’inizio del terzo periodo, Esposito ci portò sul 5-4. A sette minuti dalla fine, uno dei miei idoli d’infanzia, Yvan Cournoyer, pareggiò, e sappiamo tutti cosa accadde a 34 secondi dalla fine della partita: Paul Henderson – il gol del secolo!
L’intera palestra si alzò in piedi. Abbiamo esultato. Ci siamo abbracciati. Abbiamo pianto. Abbiamo sventolato con orgoglio le nostre piccole bandiere canadesi. In più, quel pomeriggio intascai anche un quarto di dollaro in più.
La gente si era riversata per le strade a festeggiare, sventolando le bandiere e cantando l’inno. Per giorni, per settimane, quel sentimento di orgoglio mi inebriò. In effetti, quell’orgoglio per la nostra nazione, rappresentato dalla foglia d’acero, non mi abbandonò più. È con bellissimi ricordi e un incrollabile senso di fierezza e di appartenenza che ripenso a quel momento indimenticabile della mia vita. Al centro di questo episodio c’era la Bandiera del Canada, che poche settimane fa ha compiuto 59 anni di vita.