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Concessioni balneari, la vera arma nelle mani della Ue è il Pnrr

(Adnkronos) – Se il Pnrr prevede una complessa e articolata interlocuzione con la Ue sul piano tecnico, sul piano politico il rapporto tra Bruxelles e Roma è codificato da un assunto piuttosto lineare: fate le riforme, arrivano i soldi; non fate le riforme, i soldi si fermano. Se, come sta succedendo con il caso spinoso delle concessioni balneari, le riforme vengono affossate o rinviate, il rischio concreto è che le risorse del Pnrr vengano congelate.  

Per questo il Quirinale è stato costretto a intervenire contestualmente alla firma sul decreto Milleproroghe e per questo il caso balneari rischia di diventare un problema serio per il governo Meloni e per la maggioranza che lo sostiene, con le posizioni di Lega e Forza Italia che stridono con la cautela che invece suggerisce Fdi e, in particolare il ministro che del Pnrr si sta occupando, Raffaele Fitto.  

La conseguenza diretta della proroga al 2024 delle concessioni balneari, una decisione che allontana la soluzione di un problema che si trascina ormai da anni, potrebbe essere la riattivazione, con una lettera o un parere motivato, della procedura di infrazione in corso da tempo. Con tutte le conseguenze che ne derivano.  

Ma c’è un altro rischio concreto. La premessa da fare è che la liberalizzazione delle concessioni balneari non è tra gli obiettivi esplicitati dal Recovery plan italiano. Ma la misura è strettamente legata al ddl concorrenza, una delle riforme su cui l’attenzione della Commissione Ue si sta concentrando proprio per valutare il raggiungimento di tutti gli obiettivi, 55, indicati per il secondo semestre 2022. L’interlocuzione va avanti, faticosamente. E’ slittato infatti a fine marzo il via libera della Commissione alla terza tranche di risorse da 19 miliardi di euro previsti dal Piano. Tre mesi, invece dei due che sono stati necessari negli altri step, dalla richiesta ufficiale. 

Quando si parla di ddl concorrenza si parla di un imponente costruzione legislativa, considerando soprattutto i decreti attuativi, e le concessioni balneari sono considerate ‘un caso di scuola’ del ritardo italiano nella liberalizzazione del mercato. E’ evidente quindi che la proroga non aiuta e che la posta in gioco sia più alta del malcontento, o della soddisfazione, di alcune forze politiche e di una categoria, i gestori di balneari, particolarmente incline alla protesta rumorosa. (di Fabio Insenga)  

 

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