(Adnkronos) – In Italia colpisce 10-20mila persone (il 27,9% della popolazione), con un’incidenza annuale di 5,31 casi ogni 100mila abitanti. È la colangite biliare primitiva (Pbc), patologia cronica autoimmune del fegato che accompagna il paziente per tutta la vita, in particolare le donne tra i 40 e i 60 anni che devono fare i conti con diarrea, secchezza della bocca fino allo scompenso epatico (ittero) e accumulo di liquido nell’addome, nei casi più gravi. E sulla malattia rara del fegato, oggi su iniziativa del senatore Ignazio Zullo della X Commissione (Affari sociali) si è tenuta una conferenza stampa nella sala Nassirya del Senato per sensibilizzare verso una patologia che ha un forte impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti.
Obiettivo: dimostrare il successo delle migliori pratiche nel trattamento e nella gestione dei pazienti affetti da Pbc oltre a far emergere il valore della collaborazione, della ricerca e dell’innovazione nel migliorare la qualità di vita dei pazienti. A tale proposito è stato presentato ‘Colangite biliare primitiva (Pbc). Best practice italiane: la storia dei protagonisti’, volume che racconta le singole esperienze territoriali realizzate – si legge in una nota – le modalità di creazione dei singoli modelli e l’impatto sulla vita delle persone che ne hanno beneficiato, al fine di garantire su tutto il territorio nazionale equità di accesso a cure precoci e adeguate e di presa in carico e migliorare la qualità dei servizi offerti alle persone con la patologia.
“Questo volume – ha esordito Zullo – porta alla luce le best practices che devono fungere da stimolo e da impegno affinché, sull’intero territorio i pazienti possano beneficiare di un equo trattamento. A differenza di molte altre patologie rare, la Pbc può essere adeguatamente tenuta sotto controllo attraverso le terapie oggi disponibili. Pertanto, appare necessaria una diagnosi precoce, per consentire una presa in carico tempestiva. A tal fine, è indispensabile una stretta collaborazione tra i diversi specialisti – a partire dai medici di medicina generale – senza trascurare l’importante contributo che può essere offerto dalle associazioni dei pazienti di riferimento”.
La Pbc, come tutte le malattie epatiche autoimmuni – è emerso dall’incontro – se non diagnosticate e non curate adeguatamente, progrediscono in termini di severità̀ clinica sino alle fasi di cirrosi scompensata del fegato. Nonostante esistano test di laboratorio e di diagnostica per immagini molto sensibili e specifici per la loro diagnosi, le malattie autoimmuni del fegato sono sicuramente sotto-diagnosticate in Italia. “Riuscire ad identificare precocemente la patologia attraverso la positività agli anticorpi anti-mitocondrio (Ama) – ha detto Joseph Polimeni, Direttore generale dell’Azienda regionale di coordinamento per la Salute della Regione Friuli-Venezia Giulia – e garantire al contempo un adeguato follow-up dei pazienti che abbiano valori ematici anticorpali positivi, consentirebbe potenzialmente di scongiurare diagnosi infauste e di individuare terapie mirate e senz’altro più efficaci”.
“L’obiettivo dei prossimi mesi sarà perfezionare ulteriormente la Rete Pbc Regione Sicilia- assicura Vincenza Calvaruso, segretario nazionale dell’Associazione italiana per lo studio del fegato (Aisf) – in modo tale che preveda una modalità di raccolta dati in grado di seguire la storia clinica del paziente a lungo termine e le eventuali terapie di seconda linea, rispecchiando anche il cambiamento dell’approccio terapeutico ed aggiornando le variabili della piattaforma ogni qualvolta intervenga una novità”. Il progetto – dettaglia la nota – prevede inoltre l’istituzione di un ambulatorio ‘Cross’ (Chronic Systemic Illness) per le attività integrate relative ai pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali (Mici o Ibd) spesso affetti anche da patologie dermatologiche e reumatologiche, che permetta quindi un approccio combinato fra le diverse branche specialistiche, che consenta una più efficace gestione del paziente affetto da patologie immunomediate per una presa in carico integrata e multidisciplinare.
“Il progetto Cross – ha evidenziato Florenzo Iannone, responsabile dell’Uoc di Reumatologia Universitaria dell’Aou Policlinico di Bari – ha permesso il coordinamento tra specialisti e il coordinamento del percorso per il paziente, garantendo la richiesta ottimale degli esami e, contestualmente, l’uso efficiente delle risorse”.
“Negli ultimi dieci anni la quota di pazienti soggetta a trapianto di fegato per insufficienza epatica causata da malattie autoimmuni del fegato è rimasta stabile nel tempo – ha ricordato Pierluigi Toniutto, direttore di Unità di Epatologia e Trapianto di Fegato dell’Università degli Studi di Udine – ciò significa che nonostante siano disponibili terapie efficaci, la diagnosi non avviene in tempi utili. Infatti, è presente una grande quota di pazienti con diagnosi tardiva: la nostra sfida è evitare che ciò accada”.
I dati raccolti “grazie al progetto multicentrico AMA+ (Anticorpi anti mitocondriali, ndr) – ha sottolineato Stefano Brillanti, responsabile Malattie fegato e vie biliari dell’Aou Senese – rispecchiano una situazione di sottostima ed inadeguata presa in carico di una patologia cronica importante: la sfida è quella dell’informazione, che deve essere non solo rivolta all’opinione pubblica, ma anche agli specialisti non epatologi (quali endocrinologi, dermatologi, reumatologi), che, molto spesso, incontrano patologie immunomediate”. “Obiettivo del Pnrr – ha ricordato Pietro Invernizzi, direttore Dipartimento di Medicina e Chirurgia Università di Milano-Bicocca – è assicurare un adeguato sostegno ed un potenziamento delle infrastrutture necessarie a sostenere la ricerca ed una migliore qualità della gestione clinica di pazienti, con specifico riferimento alle malattie epatiche autoimmuni, creando un registro che permettesse di raccogliere dati e materiali biologici. Fondamentale, per la riuscita della progettualità, è stata la stretta interazione e la profonda collaborazione con le altre professionalità coinvolte”.
Infine, Ivan Gardini, presidente dell’Associazione EpaC onlus: “Fondamentale per il trattamento della Pbc assicurare una precoce presa in carico del paziente. Pertanto, appare evidente la necessità della creazione di una rete epatologica all’interno di ciascuna regione, al fine di garantire che il paziente con sospetto di Pbc sia immediatamente indirizzato presso il centro territoriale di riferimento”. Gli fa eco Davide Salvioni, presidente Associazione malattie autoimmuni del fegato – Amaf onlus “è fondamentale la collaborazione con la comunità medica e con le altre associazioni, fonte di supporto per trasformare una situazione di disagio in una risorsa. Appare, inoltre, indispensabile che i pazienti siano pienamente consapevoli ed informati, affinché vengano coinvolti attivamente nel percorso di cura”.