L’impressionante avanzata dei ghiacciai dell’Alaska, che si sgretolano lasciando cadere enormi masse di ghiaccio sull’acqua, suggerisce l’inesorabile destino delle cose e degli esseri umani: si arriva alla fine dopo una breve o lunga vita. Lo spettacolo suscita meraviglia e per quelli attenti alle cose spirituali anche riflessioni sulla condizione umana. Non sono riuscito a sfuggire al desiderio di rivedere lo stesso fenomeno, questa volta al Polo Sud, nella punta estrema del Cile. Era l’occasione per conoscere questo paese che si allunga dal Perù alla “Tierra del fuego”. Questo nome fu dato dal primo esploratore, Ferdinando Magellano, che notò delle fiamme originate dai fuochi accesi dai popoli nativi.
Arrivato a Santiago del Cile, affittai una macchina e cominciai il lungo percorso verso il Polo Sud. L’autostrada costeggia l’Oceano pacifico e passa attraverso piccole città che sono come gioielli incastonati tra il mare e la montagna. Lungo questo percorso, la Cordigliera delle Ande segna quasi tutto il confine con l’Argentina e dal picco del monte Acongagua (6959 metri) scendono gradualmente fino a 1,100 metri in Patagonia. Dopo aver ammirato il vulcano Osorno, dalla perfetta forma conica, sono arrivato a Puerto Montt e, dove l’autostrada finisce, un traghetto mi ha permesso di continuare sull’isola Chiloè, ultima strada verso il polo. Da lì avrei dovuto prendere un aereo per arrivare ai ghiacciai della Terra del Fuoco. Il tempo, però, non mi ha permesso di proseguire e ho dovuto abbandonare l’idea e tornare a Santiago con grande dispiacere.
Seduto davanti ad una statua originaria dell’Isola di Pasqua (a 2000 Km da Santiago), ammiravo la bellezza del parco e il megalite di pietra lavica, esemplare delle centinaia esistenti nell’isola. Mentre leggevo la storia di queste sculture, chiamate moai, scolpite tra il 1250 e il 1500 dai popoli che abitavano nell’isola, una donna mi si è avvicinata con i suoi due bambini. Avevano addosso dei vestiti rattoppati ma puliti. Si è presentata come “maga indovina” e voleva leggere la mia mano per
predirmi il futuro. Scettico e commosso davanti a tanta povertà le ho dato una decina di dollari rifiutando la lettura del mio destino. La sua semplicità, il sorriso di ringraziamento e la sua insistenza mi hanno spinto ad esaudire il suo desiderio. Mentre esaminava le linee della mano mi diceva che ero un uomo buono e che avrei avuto fortuna, cose piuttosto generiche e di buon auspicio. Mi colpì una frase che pronunciò guardandomi negli occhi: “Hai avuto una delusione recentemente; non hai potuto realizzare un sogno. Abbi fede, un giorno sarai soddisfatto e riconosciuto per le tue opere”.
Chissà se aveva davvero la capacità di leggere il passato e il futuro; io aspetto ancora il riconoscimento per le mie opere, ma è proprio vero che ne sono soddisfatto.