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Cent’anni

Quando ero piccolo e qualcuno di noi faceva qualcosa di particolare, si sentiva un adulto esclamare: “Puozze campa’ cient’anne!”. L’espressione assume il suo pieno significato nel momento in cui si pensa che all’epoca sembrava impossibile per una persona vivere fino a 100 anni. In effetti, prima del XX secolo, erano estremamente rari i casi di persone che vivevano oltre i 100 anni. Si stima addirittura che nel 1900 ci fossero solo 5.000 centenari sulla Terra. Poi questo numero è salito a 50.000 nel 1970 e a 500.000 nel 2010. Si tratta di stime molto approssimative, visto che la cura con cui vengono tenuti i registri di stato civile varia a seconda dell’epoca e della regione del mondo. In ogni caso, un dato resta inconfutabile: lo straordinario aumento del numero di esseri umani che vivono fino a 100 anni. Questo incremento del numero di centenari è sopraggiunto in concomitanza con un altro fenomenale aumento: quello dell’aspettativa di vita. 

 

Basti pensare che nel 1920 l’aspettativa di vita di una donna era di 60 anni, mentre nel 2020, cioè soltanto nell’arco di un secolo, questa aspettativa di vita è aumentata di 23 anni, arrivando a 83 anni! È a partire dal 1920 che si assiste al graduale sviluppo di sistemi pensionistici in Nord America. L’età pensionabile era allora fissata tra i 65 ei 70 anni, mentre l’aspettativa di vita era di soli 60 anni. L’invenzione della pensione, se la possiamo definire così, risale all’Impero Romano (ancora una volta noi!), ma era strettamente riservata ai militari e questo per un valido motivo. La guerra è crudele e il nemico è spietato. Era necessario assicurarsi che i soldati fossero inviati in battaglia al massimo delle loro forze. Inoltre, per essere certi della loro lealtà, era necessario rassicurarli che i soldati leali non sarebbero stati abbandonati quando le loro forze sarebbero venute meno. 

 

È dopo la Seconda Guerra mondiale che il sistema pensionistico, come lo conosciamo oggi, ha iniziato a prendere forma. Mentre gli esseri umani come noi esistono da circa 100.000 anni, la pratica di andare in pensione esiste solo da 75 anni! Gli esseri umani, dunque, sono fatti e concepiti per essere attivi. Dopotutto, soltanto i cetrioli crescono allungati. Il lavoro è certamente impegnativo, ma dà energia alle persone, le mette in contatto con gli altri e le porta a dare il meglio di sé. Sento già qualcuno obiettare: “Ah! Sì, ma tu fai un lavoro che ami e che ti stimola”. Giusta considerazione. Non dico che una persona debba continuare a fare un lavoro che lo fa stare male. A qualsiasi età, non solo all’età pensionabile, una persona ha tutti i motivi per voler migliorare il proprio lavoro e cercarne uno più adatto ai cambiamenti sopraggiunti nella sua vita. Questo può determinare un cambiamento di luogo, modo, frequenza, intensità e durata. Questo costante processo di adattamento nel lavoro avvantaggia l’individuo, ma anche la società. Ma c’è di più. Ormai è diventata una necessità. Nel 1920 le persone morivano più giovani. Chi viveva più a lungo beneficiava del sostegno dei giovani che erano più numerosi. Oggi è il contrario. Ci sono più anziani e meno giovani. Ed è quindi impossibile mantenere il sistema attuale, in quanto sempre più insostenibile. 

 

Pertanto, conducendo una vita attiva all’insegna di sane abitudini, incrementiamo l’aspettativa di vita fino a 100 anni. Perché ne valga la pena, gli esseri umani devono avere una qualità di vita sufficiente e i governi dovrebbero mettersi al lavoro perché ciò accada. Il Primo Ministro del Canada ripete ogni giorno di voler salvare il pianeta. Sarebbe tempo che lavorasse per salvare gli umani che ci vivono. 

 

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