(Adnkronos) – “La commozione cerebrale è il trauma cranico traslato nello sport. Possono esserci confusione, disorientamento, sintomi transitori come disturbi della memoria, convulsioni e mal di testa, che possono passare nell’arco delle 8-12 ore in cui l’atleta va monitorato. Ma se questi sintomi persistono la commozione va valutata da uno specialista con l’imaging. Una recente meta analisi ha dimostrato che gli atleti che praticano sport che espongono a collisioni ad alta velocità, hanno una maggior rischio di sviluppare patologie neurologiche con perdita o alterazione della memoria anni dopo il termine della carriera. Va detto che se mancano segni neurologici questa diagnosi è difficile, c’è in alcuni sport ad esempio il football americano una epidemia silente, considerata, ma non drammatizzata”. A fare il punto per l’Adnkronos Salute è Matilde Leonardi, consigliere della Sin (Società italiana di Neurologia) e direttore Coma Research Centre Fondazione Irccs Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, intervenendo dopo l’intervista del calciatore francese Raphaël Varane che ha denunciato di aver giocato con un trauma cranico.
Il trauma cranico di tipo sportivo è molto frequente nel football americano, nel rugby, nell’hockey e nel pugilato. Ma può accadere anche in tutte quelle situazioni in cui si ha una brusca accelerazione-decelerazione della testa. Anche sport non strettamente definiti ‘da contatto’ come ad esempio il calcio, possono esporre a questo tipo di trauma. “Ogni sportivo professionista dopo una trauma al cranio viene sottoposto ad una valutazione medica – precisa Leonardi – che può comportare anche il ricorso ad una Tac, se non c’è un risultato positivo l’atleta rimarrà comunque sotto controllo medico per le prime 24 ore. Se anche qui va tutto bene, dopo una settimana si può tornare alla normale routine. Stessa cosa anche al calciatore amatoriale che prende una botta in testa durante una partita di calcetto e – di certo – non ha uno staff medico a disposizione”.
Sul fronte dei trauma cranico sportivo. Secondo gli autori dello studio, pubblicato da ‘Neurology’, i livelli ematici di un neurofilamento leggero (NfL), una proteina rilasciata dalla mielina delle cellule nervose lesionate, sono elevati tra gli atleti che hanno ricevuto molti colpi alla testa, moderati in coloro che hanno subito una singola commozione cerebrale e bassi nei controlli sani. “Si ipotizza che la misurazione di questa proteina possa aiutare ad identificare gli atleti che a lungo termine potrebbero avere delle conseguenze”, conclude Leonardi.