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Braccio di ferro Canada-Meta: SOS Democrazia

 

Viviamo in un’epoca in cui siamo tutti interconnessi e in cui l’informazione digitale viaggia alla velocità della luce. I confini nazionali sono solo un pallido ricordo per persone e merci, figuriamoci per le notizie che si rincorrono sul web sulla base di algoritmi ormai ‘governati’ dall’intelligenza artificiale. Sono sempre più numerose le persone che si informano sui social: è il fenomeno della cosiddetta “disintermediazione”, cioè il venir meno della mediazione dei giornalisti. Quasi percepiti come un inutile orpello. Distratti da mille sollecitazioni, non abbiamo più il tempo e, cosa ancora più grave, il desiderio di approfondire. Fagocitiamo, passivi, le notizie. Ci fermiamo al titolo e magari al sottotitolo. È in questo contesto di informazione ‘precaria’ che si inseriscono i giganti di internet, come Meta e Google, un oligopolio tecnologico che “galleggia” al di sopra degli Stati, ne elude i sistemi fiscali ed evita il più possibile l’applicazione delle leggi. In teoria, sono solo delle piattaforme online; in realtà, sono delle entità sovranazionali che si permettono perfino il lusso di sfidare apertamente gli Stati. È quello che sta succedendo con il governo canadese. Con l’approvazione dell’Online News Act da parte del governo Trudeau,  dal 1º agosto Meta ha deciso di oscurare in Canada tutti i post delle testate giornalistiche su Facebook e Instagram. Questo perché la società di Zuckerberg non intende corrispondere un compenso ai media che producono notizie, rendendo più equo il mercato digitale, oggi completamente sbilanciato a favore delle piattaforme online.

 

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Le stesse che, fino ad ora, sfruttando i contenuti giornalistici per alimentare il traffico utenti, hanno incassato ingenti proventi pubblicitari, senza alcun esborso di denaro. Grazie alla nuova legge, secondo la stima di un’agenzia governativa che si occupa di bilancio, ogni anno le testate giornalistiche potrebbero ricevere fino a 330 milioni di dollari. Una cifra tutto sommato contenuta per aziende delle dimensioni di Meta, che tra l’altro sarebbe tenuta a corrisponderne solo una parte, al pari delle altre piattaforme interessate, a cominciare da Google. E invece no: meglio strangolare, oscurare, spegnere i media. Poco importa se in questo modo sempre più editori sono costretti a chiudere e centinaia di giornalisti si ritrovano senza un posto di lavoro. A farne le spese, però, rischiano di essere tutti i cittadini, che ora sono ancora più a rischio nell’essere esposti a contenuti manipolati, fake news e disinformazione, senza la possibilità di poter verificare le fonti sulle piattaforme di Meta, in particolare Facebook, dove oggi è iscritto il 40% della popolazione mondiale. In Canada quasi 8 adulti su 10 hanno un profilo Facebook. Secondo l’Académie de la transformation numérique dell’Université Laval, i “social network” rappresentano la principale fonte di informazione per i 25-34enni, con la percentuale che schizza addirittura al 67% tra i giovani tra i 18 e i 24 anni. Un palese abuso di posizione dominante già finito sotto i riflettori dell’Autorità della concorrenza canadese. Una situazione descritta al quotidiano “Guardian” da Michael Geist, docente di diritto di internet all’Università di Ottawa, come un “disastro” per la Democrazia. Proprio per questo, oggi più che mai, il governo, che difende gli interessi dei media al cospetto di Meta, ha il dovere di sostenerli anche economicamente per bypassare il boicottaggio su Facebook e Instagram. E voi lettori potete fare la vostra parte consultando direttamente il sito ufficiale dei giornali di cui vi fidate di più. Perché solo un’informazione seria, credibile, autorevole ed affidabile rafforza il valore altissimo della Democrazia e ci rende veramente Liberi.

 

 

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