(Adnkronos) – Mons. Georg Ganswein, segretario personale del Papa emerito morto il 31 dicembre, racconta gli ultimi momenti della vita terrena di Benedetto XVI. “Le sue ultime parole – racconta ai media vaticani padre Georg – non le ho sentite io con le mie orecchie, ma la notte prima della morte le ha sentite uno degli infermieri che faceva la guardia. Verso le tre: “Signore, ti amo”. L’infermiere me l’ha detto la mattina appena sono arrivato nella camera da letto, queste sono state le ultime parole veramente comprensibili. Di solito, pregavamo le lodi davanti al suo letto: anche quella mattina ho detto al Santo Padre: ‘Facciamo come ieri: io prego ad alta voce e lei si unisce spiritualmente’. Non era infatti più possibile che potesse pregare ad alta voce, era proprio affannato. Lì ha soltanto un po’ aperto gli occhi – aveva capito la domanda – e ha fatto segno di sì con la testa. Così ho incominciato”.
“Verso le 8 – racconta Ganswein – iniziava a respirare in maniera sempre più affannata. C’erano due medici – il dottor Polisca e un rianimatore – e mi hanno detto: ‘Temiamo che adesso verrà il momento in cui dovrà sostenere l’ultima sua lotta in terra’. Ho chiamato le memores e anche suor Brigida, ho detto loro di venire perché si era arrivati all’agonia. In quel momento era lucido. Avevo già preparato prima le preghiere di accompagnamento per il moribondo, e abbiamo pregato per circa 15 minuti, tutti insieme mentre Benedetto XVI respirava sempre più affannato, sempre più si vedeva che non riusciva a respirare bene. Allora ho guardato uno dei dottori e ho chiesto: “Ma, è entrato in agonia?”. Mi ha detto: ‘Sì, è iniziata ma non sappiamo quando tempo dura’”.
“Ognuno poi ha pregato in silenzio, e alle 9.34 ha fatto l’ultimo respiro. Poi abbiamo continuato le preghiere non più per il moribondo ma per il morto. E abbiamo concluso cantando ‘Alma Redemptoris Mater’. È morto nell’ottava di Natale, il suo tempo liturgico preferito, nel giorno di un suo predecessore – San Silvestro, Papa sotto l’Imperatore Costantino. Era stato eletto nella data in cui si fa memoria di un Papa tedesco, san Leone IX, dell’Alsazia; è morto nel giorno di un Papa romano, san Silvestro. Ho detto a tutti: ‘Chiamo subito Papa Francesco, è il primo che deve sapere’. L’ho chiamato, e lui ha detto: ‘Vengo subito’. L’ho accompagnato nella stanza da letto dove è morto e ho detto a tutti: ‘Rimanete’. Il Papa ha salutato, gli ho offerto una sedia, si è seduto accanto al letto e ha pregato. Ha dato la benedizione e poi si è congedato. Questo è accaduto il 31 dicembre”, il racconto di mons. Ganswein.
LE DIMISSIONI DI RATZINGER – Benedetto XVI si è dimesso perché “non aveva più la forza di guidare la Chiesa”. Chi cerca altro dietro la rinuncia “sbaglia. Il vero motivo lo ha comunicato lui. Amen”, ribadisce quindi il segretario particolare del Papa emerito. “Questa stessa domanda, l’ho posta io stesso a lui in diverse situazioni dicendogli: ‘Santo Padre, cercano una dietrologia sull’annuncio dell’11 febbraio dopo il concistoro. Cercano, cercano, cercano…’. Benedetto ha risposto: ‘Chi non crede che ciò che ho detto è il vero motivo della rinuncia, non mi crederà nemmeno se dico adesso ‘Credetemi, è così!’. Questo è e rimane l’unico motivo e non lo dobbiamo dimenticare. Mi aveva preannunciato questa decisione: ‘Devo farlo'”.
Ganswein ricorda ancora una volta di essere stato tra “i primi che hanno cercato di dissuaderlo. E lui mi ha risposto con nettezza: “Senta, non chiedo un suo parere, ma comunico una mia decisione. Pregata, sofferta, presa coram Deo”. C’è chi non crede o fa teorie, dicendo che avrebbe “lasciato una parte ma mantenuto un’altra parte”, eccetera: tutti quelli che dicono ciò fanno solo teorie su una parola o sull’altra e alla fin fine non si fidano di Benedetto, di ciò che ha detto. Questo è proprio un affronto contro di lui. Certo, ognuno ha la sua volontà, la sua libertà e può dire cose sensate o meno sensate. Ma la nuda verità è questa: non aveva più la forza di guidare la Chiesa, come ha detto in latino quel giorno. Io ho chiesto: “Santo Padre, perché in latino?”. Ha risposto: “Questa è la lingua della Chiesa”. Chi crede di trovare o di dover trovare qualche altro motivo, sbaglia. Il vero motivo l’ha comunicato lui. Amen”.
Mons. Ganswein spiega poi che lo stesso Ratzinger era stupito di essere vissuto così a lungo dopo le dimissioni: “Circa tre mesi fa gli ho detto: ‘Santo Padre, stiamo arrivando al mio decimo anniversario di episcopato: Epifania 2013, Epifania 2023. Dobbiamo festeggiare’. Ma vuol dire anche dieci anni dalla sua rinuncia. Alcuni mi dicono: “Ma come mai ha rinunciato dicendo che non ha più le forze e poi ancora vive da dieci anni? E lui ha risposto: “Devo dire che sono il primo che si meraviglia che il Signore mi abbia dato più tempo. Io pensavo un annetto al massimo, e me ne ha dati 10! E 95 è una bella età, ma anche gli anni e la vecchiaia hanno il loro peso, anche per un Papa emerito”. Diceva ancora: “L’ho accettato e ho cercato di fare ciò che avevo promesso: pregare, essere presente e anzitutto accompagnare il mio successore con la preghiera”. E questo è molto bello. Anche raccomando ad alcuni che hanno problemi con questo di rileggere ciò che ha detto Benedetto, ringraziando Papa Francesco nella Sala Clementina in occasione del 65.mo dell’ordinazione sacerdotale. Infine una volta ho detto scherzando, in modo non molto elegante: “Santo Padre lei ha fatto i conti senza l’oste”… Lui ha replicato: ‘Io non ho fatto nessun conto: ho accettato ciò che mi ha dato il Signore. Mi ha dato questo, devo ringraziarLo. Questa è la mia convinzione. Altri possono avere altre idee, teorie o convinzioni, ma questa è la mia’”.
“Il Papa è il primo testimone del Vangelo, anzi, del Signore. E lì abbiamo visto che le sue parole, le parole del Successore di Pietro, non sono state accettate”, ha poi sottolineato.
“Benedetto – già da cardinale, già da professore – ha avuto una grandissima dote. Tanti dicono l’umiltà: sì, questo è vero, ma anche – questo forse non si vedeva così bene – una capacità di accettare quando le persone non erano d’accordo ciò che diceva. Da professore è normale: c’è il confronto, il discorso, la “lotta” tra i diversi argomenti. In questo contesto si usano anche parole forti, ma senza mai ferire e se possibile, senza far polemica. Un’altra cosa è quando uno è vescovo e poi Papa: predica e scrive non come privato, ma come uno che ha ricevuto il mandato di predicare e di essere il pastore di un gregge. Il Papa è il primo testimone del Vangelo, anzi, del Signore. E lì ha osservato Ganswein -abbiamo visto che le sue parole, le parole del Successore di Pietro, non sono state accettate. Ma questo ci dice che la guida della Chiesa non si fa soltanto comandando, decidendo ma anche soffrendo, e questa parte della sofferenza non era poca. Quando è diventato emerito, certamente tutta la responsabilità e tutto il pontificato erano finiti per lui”.