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Bellini: “Calcio italiano da
riformare,
ma non sono pentito”

di Vittorio Giordano

Francesco Bellini
Francesco Bellini

Dopo l’intervista del marzo 2014, all’indomani dell’acquisto dell’ ‘Ascoli calcio’, ecco un’altra chiacchierata con Francesco Bellini, lo scienziato-imprenditore che nella sua lunga e proficua carriera ha dato tanto alla società civile (al suo attivo ci sono oltre 30 brevetti nel bio-farmaceutico), ma che è salito agli onori della cronaca (soprattutto italiana) “soltanto” dopo essere entrato nel mondo del calcio. “Un gesto d’amore”, l’ha sempre definito Bellini: in Canada dalla fine degli anni ’60, oggi presidente della ‘Picchio International’, la holding di famiglia che gestisce ben 6 società di successo: Bellus Health, Klox Tecnolgogies, FB Health, Domodimonti, Iniziative Immobiliari Marchigiane e, appunto, l’Ascoli Picchio FC 1898, la sua ultima ‘conquista’, da grande appassionato di calcio. Putroppo, quest’anno, la promozione in Serie B del suo Ascoli è sfumata, ma siamo certi che un presidente innamorato della sua città come Bellini la riporterà presto ai fasti di un tempo.

“Come primo anno da presidente – ci ha detto Bellini in un’intervista realizzata il 14 maggio scorso, e quindi prima della fatale sconfitta ai Playoff contro la Reggiana – non poteva andare meglio: siamo partiti da zero e abbiamo costruito una bella squadra. Non siamo stati fortunati, visti i tanti infortuni. E, alla fine, anche se siamo stati meritatamente in testa per diversi mesi, siamo arrivati secondi. La capolista Teramo è una bella realtà, ma è stata fortunata perché ha giocato con la stessa squadra per tutto il campionato. Comunque, è l’ennesima dimostrazione che, anche investendo poco, si può arrivare in alto”.

I soldi, insomma, non sono tutto: “Ma contano anche le motivazioni: penso al Carpi che è appena salito in Serie A. Solo le motivazioni, però, possono andare bene il 1º anno: dopo, senza giocatori di qualità, si rischia di retrocedere”. Eppure all’Ascoli, nella stagione appena conclusa, non sono mancati né soldi, né motivazioni: “Secondo me, quest’anno l’Ascoli è stata la squadra più forte del Girone B, però il pallone è rotondo e nei risultati incidono anche gli infortuni e le decisioni arbitrali”.

Che idea si è fatto del calcio italiano? “È un mondo strano, uno show business dove è difficile gestire una squadra. Ci sto provando, ma non è facile. E poi gli Ultras sono terribili: quest’anno ci sono costati circa 30 mila euro per intemperanze. Appena vedono che le cose non vanno bene protestano. E così abbiamo perso dei punti, proprio come successo alla Roma in Serie A. Comunque, io non mi faccio intimidire, continuerò ad agire con una certa logica: l’allenatore è stato condizionato dagli infortuni. Piuttosto, bisognerà capire come mai tutti questi giocatori siano stati indisponibili per problemi muscolari. E poi c’è tutta una ‘mafia interna’ formata dagli ex giocatori ed ex dirigenti che destabilizzano l’ambiente. Resto convinto delle mie scelte, come quelle di puntare su Giovanni Lovato come direttore generale, un uomo onesto che conosce molto bene i giocatori”.

I lavori per ristrutturare lo stadio, intanto, procedono spediti: “La Tribuna Est diventerà coperta come quella opposta e potrà ospitare fino a 7 mila pesone. Avevamo consultato gli Ultras per ristrutturare anche la Curva Sud, ma, dopo il primo sì, hanno cambiato idea.
Al netto dei tifosi ascolani, che sono grandiosi, abbiamo dei problemi con gli Ultras, un centinaio di persone che in curva sfogano disagi politici, sociali ed economici: in Italia la disoccupazione giovanile sfiora il 50% e la nostra curva, di estrema destra, spesso si scontra con quelle di estrema sinistra. Se le danno di santa ragione e noi presidenti paghiamo i danni: roba da pazzi!”.

Insomma, il calcio italiano non è tutto rose e fiori. “Va riformato, ma non con un presidente come Macalli, che ha più di 70 anni. C’è bisogno di gente nuova, con nuove idee, altrimenti la Lega Pro è destinata a fallire. Purtroppo, il mondo del calcio è difficile da rinnovare perché ci sono una serie di ‘senatori’ che controllano il sistema. La Juve, per esempio, ha sempre votato, insieme alla Roma, contro Tavecchio. Così come l’Ascoli ha sempre votato contro Macalli. Però i problemi restano. Siamo andati nelle scuole della città a parlare dell’Ascoli e, nell’ultima partita di campionato, abbiamo riservato ai ragazzi un intero settore, perché diventino uomini. Però questo non succede: abbiamo pagato un sacco di multe per i fumogeni che continuano ad entrare allo stadio”.

Si è mai pentito di aver acquistato l’Ascoli? “No, perché per la maggior parte degli Ascolani ripartire dalla Lega Pro è stato qualcosa di bello. La gente mi incontra per strada e mi ringrazia: tutto questo mi gratifica”. Calcio italiano sempre più in mano a “stranieri” come Bellini, Saputo, Pallotta, Tohir: “L’Italia ha dei seri problemi finanziari: le imprese italiane non vanno bene. C’è una crisi enorme. Ho investito in Italia per ragioni di cuore e ho già messo in conto che nei prossimi 3 anni perderò circa 9 milioni di euro. Il timore è che molti investitori siano attratti dalla grande visibilità che il calcio garantisce. Io stesso sono uscito sui giornali solo da quando sono diventato presidente dell’Ascoli”.

Qual è il futuro del calcio in Nord America? “Ormai è uno sport di massa, quello più giocato dai ragazzini e non costa molto. Qui siamo ancora molto indietro: rispetto al calcio europeo, lo stesso Impact ha molti margini di miglioramento. Comunque abbiamo già fatto dei passi da gigante: l’Impact può rivestire un ruolo impostante, ma ci vorranno molti anni”.

Entro 3 anni Ascoli in Serie A? “Faremo il possibile: ho cercato di portare un’organizzazione, di fare vedere che ci sono anche delle persone oneste che possono avere successo. Nel calcio italiano ci sono persone che pensano solo a se stessi ed alla propria squadra. Ci saranno dei cambiamenti enormi. Per esempio, in Lega Pro dovrebbero esserci massimo 40 squadre, e non 60, ed il torneo dovrebbe puntare più sui giovani italiani. E poi va rivista la spartizione dei profitti derivanti dai diritti TV: è giusto che le grandi squadre prendano di più, però la cifra complessiva dovrebbe essere molto più alta e distribuita meglio”.

Cosa diciamo ai calciofili di Montréal? “Agli sportivi di Montréal chiedo di continuare a sostenere l’Impact e di seguire le squadre del cuore in Italia. Ai tifosi ascolani prometto che faremo tutto il possibile per riportare la squadra, prima in Serie B e poi si vedrà. Gli Ultras devono stare molto attenti: la curva è diventata un campo di battaglia per delle cose che non dovrebbero esistere. E la squadra ne risente”.

Bellini potrebbe lasciare esasperato dagli Ultras? “Spero che non arriveremo mai a quel punto e, anche se i miei pensieri vanno spesso alle mie società in Canada e posso lasciare quando voglio, salvare l’Ascoli è stata una scelta di cuore e continuerò ad aiutare la squadra della mia città fino alla fine”.

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