IL PUNTO di Vittorio Giordano
“Tutto bene quel che finisce bene” o “Meglio tardi che mai”: così avremmo voluto commentare – ad una prima lettura semplicistica, superficiale e romantica – la decisione del Primo Ministro Justin Trudeau di scusarsi ufficialmente con gli Italo-Canadesi internati durante la seconda Guerra Mondiale. A chiudere il cerchio non poteva che essere un Premier liberale, visto che fu proprio un esponente del PLC, il Primo Ministro William Lyon Mackenzie King, ad autorizzare gli arresti indiscriminati nel 1940, quando circa 700 connazionali furono rinchiusi in veri e propri campi di concentramento come quello di Petawawa, in Ontario. In tutto il Paese, circa 31 mila Italo-Canadesi finirono sotto la stretta sorveglianza della Gendarmeria Reale del Canada (RCMP), perché “stranieri nemici”. Senza uno straccio di accusa, senza un processo e, ovviamente, senza una condanna. Colpevoli, loro malgrado, di essere di origine italiana. Salvo, poi, essere liberati senza scuse e senza un risarcimento per i beni confiscati. Ben venga, dunque, la decisione di “lavare”, una volta per tutte, l’onta della deportazione, saldando un debito con la storia e rimarginando una ferita mai completamente cicatrizzata. Già nel 1990, il Primo Ministro conservatore Brian Mulroney aveva presentato le scuse pubbliche ai “compagni canadesi di origine italiana” per il trattamento “abusivo, ingiusto ed illegale” subìto ad opera della polizia federale. Ma lo aveva fatto in occasione della biennale del Congresso nazionale degli italo-canadesi a Toronto. Scuse solenni, ma pronunciate senza il sigillo istituzionale della cornice parlamentare. Nel 2010 ci ha provato l’ex deputato di St-Léonard/St-Michel, Massimo Pacetti, con la proposta di legge C-302, che però, dopo essere stata approvata alla Camera, è stata insabbiata al Senato. Nel 2013 il Comune di Montréal ha aperto un solco, proclamando il 10 giugno come “giornata ufficiale della commemorazione dell’internamento dei membri della Comunità italiana”. Lo scorso settembre, poi, la RCMP ha espresso ufficialmente il suo “rammarico” con una cerimonia a Ottawa, che si è conclusa con la piantagione di un acero in memoria degli internati italo-canadesi. Ora è stato annunciato l’ultimo tassello, quello più atteso, quello definitivo: le scuse ufficiali del governo federale in Parlamento. Per riscattare definitivamente una pagina nera della storia canadese. Come il governo Trudeau ha già fatto per altre Comunità etniche ingiustamente discriminate. Un’attesa durata 14 anni: la prima richiesta di scuse formali risale al 2005, sottoscritta da 4 organismi comunitari: il Congresso Nazionale Italo-Canadese, la Fondazione Comunitaria Italo-Canadese, la Federazione nazionale della CIBPA e l’Ordine Figli d’Italia. Qualche segnale di apertura si era intravisto già lo scorso dicembre: prima con la richiesta esplicita dell’ex deputato Nicola Di Iorio alla Camera dei Comuni; poi con l’annuncio del presidente del Congresso, l’avv. Tony Sciascia, in occasione del tradizionale cocktail di Natale: “Abbiamo chiesto al Primo Ministro Trudeau le scuse per l’internamento ed un risarcimento che servirà ad aprire 3 Centri Studi a Montréal, Toronto e Vancouver”. Venerdì 14 giugno la svolta, con il leader liberale che ha promesso di scusarsi ufficialmente in Parlamento. Ma non subito: dopo le elezioni del 21 ottobre. Dando per scontato la rielezione, nonostante gli ultimi sondaggi lo diano in ritardo di 8/10 punti dai Conservatori. Tralasciando la “formalità” della rielezione, in politica la tempistica dei provvedimenti non rappresenta un orpello formale e accessorio, ma un particolare sostanziale e decisivo. Siamo certi che protocolli e cerimoniali rendano quasi impossibile questo tipo di evento solenne già nei prossimi 120 giorni, tra pausa estiva e campagna elettorale. Ma perché ridursi agli ultimi mesi dopo una legislatura di 4 anni, sostenuta da un’ampia e solida maggioranza? E allora, come direbbe Giulio Andreotti: “A pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca”. “La domanda sorge spontanea”, aggiungerebbe Antonio Lubrano: non è che per caso Trudeau sta cercando di ingolosire gli italo-canadesi con una promessa d’effetto per compiacerli ed ottenere in cambio il voto di una Comunità la cui lealtà non sembra più granitica come una volta? La tempistica di queste scuse post-datate agli italo-canadesi non ci convincono e puzzano di ‘do-ut-des’ elettorale. Guai, però, a giocare con le emozioni di famiglie che hanno subìto l’onta della discriminazione, il disonore della rovina, l’infamia del pregiudizio! Ogni promessa è debito e noi vogliamo prenderLa in parola, egregio Primo Ministro. Facendo finta che il 21 ottobre sia un lunedì qualsiasi.
Ma si ricordi che il sostegno della Comunità italo-canadese non è più scontato, ma va conquistato e meritato. Con i fatti. Le promesse non bastano più. Soprattutto alla vigilia delle elezioni. Perché, come diceva il grande Totò: “Cca nisciuno è fesso!”.
One thought on “Basta promesse: contano solo i fatti”
Potrebbe essere il caso che si canditi un Italo canadese come Indipendente senza legami al partito liberale che in questa vicenda si è dimostrato inetto ed immaturo