ROMA – Domenica 12 giugno si è votato per il primo turno delle elezioni amministrative in 971 comuni italiani. L’affluenza è risultata in forte calo: su base nazionale è stata del 54,72% contro il 60,12% della tornata precedente. Dove corre unito, il centrodestra vince. Diviso invece arranca e regala al centrosinistra la possibilità di trovarsi in vantaggio in sfide che sembravano in salita, come ad esempio Verona. È questa la fotografia che offrono i risultati del voto amministrativo. Ma non basta, perché questa tornata elettorale segna anche nuovi equilibri all’interno delle coalizioni.
Fratelli d’Italia supera la Lega nei voti di lista, mentre nel campo largo di centrosinistra sembra sbilanciarsi ancora di più il rapporto tra Pd e Movimento. Il Pd tiene, molto meno i pentastellati, un flop che spinge più di qualcuno tra i dem e non solo (Matteo Renzi lo dice apertamente) a chiedere che si riapra il dossier alleanze in vista delle elezioni politiche 2023. Ecco i risultati delle principali città.
PALERMO. È Roberto Lagalla il nuovo sindaco di Palermo. L’ex rettore, sostenuto dal centrodestra, raccoglie il testimone di Leoluca Orlando, che ha regnato per trent’anni: vince al primo turno con circa il 48%, anche se lo spoglio delle schede nei 600 seggi è ancora in corso. Staccato di circa dieci punti Franco Miceli, che lamenta l’alto astensionismo (non ha votato il 59 per cento degli elettori), problemi nella certificazione del voto disgiunto che lo avrebbero penalizzato e soprattutto non risparmia critiche ai partiti della coalizione che l’hanno sostenuto, soprattutto al Pd.
GENOVA. Sindaco dove va a festeggiare? “Non festeggio”. E via a concedere la centesima intervista, perché tutte le televisioni vogliono capire il segreto di Marco Bucci, che cinque anni fa è stato il primo sindaco di centrodestra a governare la Genova della sinistra e oggi addirittura raddoppia. CATANZARO. Sarà una sfida tra professori quella che si giocherà a Catanzaro nei prossimi 15 giorni per decidere chi sarà il nuovo sindaco. Valerio Donato (centrodestra), docente di Diritto privato all’università Magna Grecia di Catanzaro, e Nicola Fiorita (centrosinistra), docente di Diritto canonico e Diritto ecclesiastico all’Università della Calabria, sono chiamati a giocare i tempi supplementari di questo turno elettorale.
PARMA. Che fossero Michele Guerra e Pietro Vignali i candidati al ballottaggio per la carica di sindaco del Comune di Parma appariva scontato, ma il risultato numerico delle urne è andato oltre qualsiasi previsione. I due contendenti, uno in rappresentanza del centrosinistra, l’altro del centrodestra senza Fratelli d’Italia, si ritrovano distaccati infatti di oltre venti punti, nessuno sondaggio li aveva segnalati così distanti: 44% Guerra, 22% Vignali.
L’AQUILA. “Dedico la vittoria alla famiglia: sarò il sindaco di tutti, la campagna elettorale finisce qui. Ora è tempo di indossare la casacca neroverde e di mettere da parte quella di partito”. Il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Bondi, ricandidato per la coalizione di centrodestra, sbanca al primo turno le elezioni comunali dell’Aquila confermandosi primo cittadino per i prossimi cinque anni.
VERONA. Lo spoglio ha confermato per Verona la sorpresa anticipata dai primi exit poll: Damiano Tommasi, ex centrocampista della Roma e della Nazionale, ex presidente dell’Assocalciatori, candidato per il centrosinistra, si presenterà al ballottaggio dopo aver vinto il primo turno alle elezioni comunali, ottenendo il 40% delle preferenze.
Referendum, è flop storico
Affluenza al 20,9%. Su due quesiti il NO oltre il 40%
ROMA – Flop storico dei referendum sulla giustizia. L’affluenza (dato definitivo) è stata per i cinque quesiti del 20,9%, la più bassa nel dopoguerra. Perché i referendum fossero validi bisognava arrivare a una partecipazione oltre il 50% degli aventi diritto. Un obiettivo storicamente difficile da raggiungere, ma che in questa tornata è rimasto lontanissimo. Vittoria platonica dei Sì ai 5 referendum. A scrutinio quasi terminato, i 5 referendum sulla giustizia hanno ad ogni modo registrato la vittoria platonica dei sì. Ma se quest’ultima è stata schiacciante per la separazione delle carriere dei magistrati (74,2% sì e 25,8% no), per la valutazione dei magistrati estesa ai membri laici dei consigli giudiziari (72,1% sì e 27,9% no) e per l’abolizione della raccolta di firme per l’elezione dei componenti togati del Csm (72,7% sì e 27,3% no), lo è stata meno per gli altri due referendum. Il quesito sull’abolizione della legge Severino ha registrato infatti il 54,1% di sì e il 45,9% di no. E quello sulla limitazione della custodia cautelare il 56,2% di sì e il 43,8% di no.