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Acquisti online, 1 su 5 viene reso. Torna indietro più della metà dei vestiti

(Adnkronos) – Vestiti, pantaloni e gonne: sono questi i prodotti acquistati che vengono restituiti più frequentemente dal consumatore italiano. Se il 20% degli acquisti online viene reso, i prodotti moda toccano il 56%. La notizia arriva dal nuovo report ‘Guida ai resi nel mondo dell’ecommerce’ di Yocabè, l’azienda nata per aiutare i brand a vendere di più e meglio sui marketplace.  

I numeri nel mondo. Secondo una statistica SaleCycle, in media nel mondo torna indietro 1 prodotto acquistato online su 5 – il 20% di tutti gli acquisti digitali viene reso, nell’offline non si arriva al 10%. La stima del valore di tutti i resi globali è di circa 550 miliardi di dollari e solo l’Europa genera il 23% di questo importo, con circa 126 miliardi di dollari. Una cifra destinata a crescere vertiginosamente considerando che i resi nel vecchio continente aumentano del 63% all’anno mentre è la moda il settore che nel mondo produce più resi (56%). 

I dati in Italia e in Europa. L’indagine traccia una mappa dei prodotti più resi in Europa, con un focus su Italia, Francia, Svizzera e Germania, e offre una lista di consigli utili a tutte le aziende ecommerce che si trovano costrette a gestire un numero sempre crescente di resi. Secondo l’analisi, il 16% degli acquisti fashion effettuati online in Italia è destinato a tornare indietro. Una percentuale che è la più bassa d’Europa – in Svizzera i resi moda superano il 45%, in Germania il 44% e in Francia il 24% – e questo non perché gli italiani siano consumatori più oculati degli altri, bensì perché il mercato dei resi è direttamente proporzionale alla digitalizzazione dei Paesi esaminati. Secondo l’ultima statistica Desi – Indice di digitalizzazione dell’economia e della società – infatti, l’Italia è al 18esimo posto sui 27 stati membri. 

Abbigliamento, scarpe e accessori. Analizzando le categorie dei resi fashion a livello europeo, l’analisi ci dice che sul podio troviamo l’abbigliamento (38%), seguito dalle scarpe (29%) e dagli accessori (25%). Guardando solo all’Italia, il nostro Paese rende in media il 25% dell’abbigliamento comprato online – gli Svizzeri e i Tedeschi più del doppio, con percentuali oltre il 50% – il 15% delle scarpe e il 10% degli accessori. Ma quali sono i prodotti fashion che l’eshopper italiano restituisce con maggiore frequenza? Nella categoria dell’abbigliamento il podio è composto da vestiti – torna indietro il 36% di quelli acquistati -, pantaloni, con resi pari al 31%, e gonne, con una percentuale del 29%. Una classifica che riflette su scala ridotta i comportamenti dei consumatori a livello europeo, che restituiscono il 54% dei vestiti, il 47% delle gonne e il 42% dei pantaloni. I prodotti meno restituiti dai nostri connazionali, invece, sono pullover e cardigan, con poco più del 10% di resi. Fra le calzature che alimentano il mercato dei resi troviamo, neanche a dirlo, nelle prime 3 posizioni tutti modelli da donna: scettro dei più resi i sabot, e in generale le scarpe che lasciano il tallone scoperto (38%), seguiti dalle ballerine (31%) e dalle “pumps”, le scarpe con plateau e tacco vertiginoso (24%). Le meno restituite? Le calzature affidabili per eccellenza, le sneaker, i cui resi superano di poco il 10%. Infine, se guardiamo agli accessori, gli italiani restituiscono principalmente occhiali (19%), cinture (15%) e portafogli (10%). 

L’atteggiamento dei consumatori. E se la possibilità di effettuare un reso è fra gli incentivi che spingono un consumatore a comprare online – secondo una recente indagine Nielsen il 72% dei consumatori italiani verifica sempre quale sia la politica di reso di un sito ecommerce prima di effettuare un acquisto e il 52% dei consumatori rinuncia ad acquistare se il periodo di reso è inferiore ai 30 giorni – per le aziende, che non possono che assecondare questa necessità, i resi rappresentano prima di tutto una spesa da sostenere. Si chiama “logistica inversa” ed è il processo di restituzione dei prodotti da parte del cliente verso il produttore o venditore, che include tutte le attività che riguardano la gestione ottimale dei resi, quindi non solo il trasporto verso il magazzino o l’impianto di produzione, ma anche il controllo qualità e l’eventuale riparazione, riciclaggio o smaltimento. 

Il costo di un reso in Italia. Quanto costa quindi all’azienda garantire un reso gratuito? In media, nel mondo, 33 dollari per singolo pacco. E in Italia? Secondo l’analisi YOCABÈ, il costo di un’azienda italiana per ogni reso che viaggia all’interno del Paese è circa 13 euro, una cifra destinata più che a raddoppiare se la merce che deve rientrare parte dalla Germania (23 euro a collo reso) e quasi a triplicare se a richiedere il reso è un acquirente svizzero (30 euro a pacco). Un processo che però ha un impatto non solo economico, ma anche ambientale: si pensi al packaging, al trasporto e all’eventualità che un prodotto reso venga distrutto, cosa che accade perché il costo del reinserimento nella catena di vendita a volte è superiore al guadagno generato dal prodotto stesso. 

I trucchi ‘anti-reso’. Come si può rendere efficiente il sistema dei resi? “Una presentazione efficace, immagini precise e accattivanti, strumenti di comparazione delle taglie: tecnologia e contenuti hanno un ruolo cruciale nel migliorare l’esperienza d’acquisto e nel ridurre le percentuali di reso, tanto più quando si è presenti su più canali, come i marketplace, ciascuno con le proprie specificità – spiega Vito Perrone, Ceo di Yocabè – Ma non solo: la governance della reverse logistics, con l’ottimizzazione di tempi e costi di gestione dei resi e con la semplificazione delle procedure, aumenta la propensione all’acquisto – il 70% dei consumatori online ha dichiarato infatti che le proprie scelte di acquisto sono strettamente legate alla facilità dei resi – mentre riduce i tempi di rimessa in vendita degli articoli. Ancora, business intelligence: la raccolta dei dati relativi a vendite, logistica e resi e la corretta modellazione di tempi e costi di gestione sono alla base di un processo di ottimizzazione delle vendite online multi-canale e multi-nazione. Anche la previsione di destinazioni alternative per i resi ha un ruolo importante nell’ottimizzazione della gestione delle merci dal punto di consumo finale al punto di origine, per il riutilizzo o lo smaltimento. In sintesi la reverse logistics rappresenta un’importante attività di gestione della supply chain, che mira a ridurre gli sprechi, minimizzare l’impatto ambientale e migliorare la sostenibilità dei processi produttivi. Infine – conclude Perrone – un customer service accessibile ed efficiente può aiutare a intercettare a monte il problema, ma anche a semplificare i resi e, quindi, a fidelizzare i clienti. Per questo è importante formare il personale non solo su come gestire i resi, ma anche su come comportarsi con i clienti difficili, bilanciando l’eventuale inadempienza a favore del cliente”. 

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