(Adnkronos) – (dall’inviata Elvira Terranova) – “Mio zio Wahid mi ha chiamato alle 3.45 di domenica mattina per dirmi che stavano arrivando a Crotone. Stavano tutti bene. Lui, mia zia Monica, e i quattro bambini. Poi, la tragedia. Ho perso mia zia e tre cuginetti, di 12, 8 e 5 anni. Il più piccolo è ancora disperso. Sono rimasti vivi solo mio cugino di 14 anni e mio zio Wahid. Una famiglia distrutta”. Alladin è un ragazzo afghano che vive dal 2015 in Germania. Ha gli occhi gonfi dal pianto. E’ arrivato ieri sera tardi in macchina insieme con un amico. “Venticinque ore di macchina, senza pausa”, dice in tedesco, mentre piange seduto su uno scalino davanti alla camera ardente del Palasport di Crotone, dove sono state sistemate le 64 vittime del naufragio. Monika, 35 anni e i suoi tre bambini sono tra le 64 vittime del naufragio di domenica. “Mio zio non l’ha riconosciuta dalle foto che gli hanno mostrato – dice Aladdin piangendo – Neppure i suoi figli. I loro corpi erano devastati dal mare. Irriconoscibili”.
Aladdin lamenta la lentezza dei soccorsi. “Se fossero arrivati un’ora prima oggi sarebbero tutti vivi – dice – Non è ammissibile che muoiano tante persone perché i soccorsi non sono arrivati in tempo”. Non solo. Lamenta il fatto che i soccorritori sono arrivati “ma per mezz’ora almeno non hanno potuto fare nulla perché non avevano i mezzi adeguati. E’ stata una strage”. Il viaggio della famiglia di Wahid è iniziato mercoledì da Smirne. “Per sei persone hanno pagato 30 mila euro – dice – Tutti i risparmi della loro vita. Erano così felice di potere venire in Germania”. Sabato notte l’avvicinamento alle coste di Crotone. “Alle 3.45 è arrivato il messaggio audio su whatsapp – dice Alladin – e mio zio era tutto contento perché ormai il peggio era alle spalle”. E fa ascoltare l’audio in lingua farsi. Alladin risponde: “Vi aspetto in Germania”. Poi la tragedia.
Alladin si è messo subito in macchina per venire a Crotone. Qui si è presentato al Palasport. “Speravo che ci fosse un errore di trascrizione dei nomi- dice – e sono andato in ospedale. Ma mia zia non era neppure lì, e neppure i bambini”. Incontra lo zio Wahid, devastato dal dolore, e il cuginetto di 14, gli unici sopravvissuti. Inizia il doloroso rituale del riconoscimento. “Ho fatto fatica a riconoscere mia zia e i bambini”, dice. Il bimbo più piccolo, di 5 anni, è ancora disperso. E difficilmente si troverà il suo corpo. A raccontare ad Alladin quanto accaduto quella mattina di domenica è Wahid. “Mi ha detto che la barca ha sbattuto contro qualcosa di duro – dice – e in pochi secondo si è spezzata ed è entrata tanta acqua. In dieci secondo la barca era invasa di acqua. Non hanno fatto in tempo a uscire dalla stiva. Mio zio ha preso in braccio i tre figli più piccoli, tutti insieme, per salvarli, ma era difficile uscire da quel maledetto buco”. Poi sono finiti tutti in acqua. E Monica è morta con i suoi tre figli.
Adesso Aladdin chiede aiuto all’Italia “per poter portare lo zio al più presto in Germania con mio cugino”, ma anche per portare le bare dei propri cari in Afghanistan e “avere una tomba su cui piangere”. I genitori di Aladdin vivono in Afghanistan. “Penso che mia madre morirà per il dolore della perdita della sorella – dice tra le lacrime – erano molto legate. Mia nonna è in Turchia in attesa di partire anche lei per l’Italia, ma costa tanto e deve ancora aspettare”. Aladdin si siede su un muretto e piange. “Sono stanco”, dice con un filo di voce. Gli occhi verdi chiari si riempiono ancora di lacrime. “Non è giusto, non è giusto morire così, solo per avere cercato una vita migliore…”, continua a dire in tedesco.