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Nomine, Descalzi nel mirino della Lega: i fatti e la partita Eni

(Adnkronos) – Quando si parla di nomine, ogni posizione è lecita. La valutazione delle persone si intreccia quasi sempre con gli interessi dei singoli partiti che compongono le maggioranze di governo. Dovrebbe prevalere l’interesse nazionale, ma è fisiologico che ci si possa schierare da una parte o dall’altra, a favore o contro un manager. Nel caso dell’Eni, della Lega e della sorte dell’amministratore delegato Claudio Descalzi ci sono però dei dati oggettivi che vengono tirati in ballo: i risultati e l’andamento del titolo, ovvero i numeri che abitualmente si usano per misurare la gestione di una società.  

Le parole utilizzate dal responsabile economico del Carroccio, Alberto Bagnai, fanno riferimento alla chiusura di Borsa di ieri, il giorno della presentazione del nuovo piano. Il titolo ha chiuso in calo del 5,36%. “L’odierno risultato negativo di Eni a seguito della presentazione del piano strategico 2023-2026 suscita un commento fattuale: in tutta evidenza il mercato non ha percepito nel piano ulteriori elementi positivi rispetto a quanto incorporato nelle aspettative”, è la premessa. “Si evidenzia cosi’ la necessità di una profonda riflessione di sistema sul ruolo delle grandi aziende energetiche nazionali. Il nostro Paese, e di conseguenza la nostra industria, non si possono ritrovare a dover affannosamente rincorrere gli eventi”, è invece il corpo della valutazione espressa. Quindi si arriva alla conclusione: “Occorre una politica energetica chiara, lungimirante, in grado di affrontare le sfide presenti e future”.  

E’ un’interpretazione fattuale, come sostiene Bagnai, oppure è un’interpretazione strumentale al legittimo interesse di esercitare il proprio peso nel gioco delle nomine? La risposta più esaustiva l’ha fornita lo stesso Descalzi. Il fatto che il titolo in borsa dell’Eni sia in calo “è un fatto abbastanza normale”. I risultati del 2022 “sono super, ma forse il mercato pensava fossero migliori, sto scherzando naturalmente”. Il discorso della strategy “deve ancora essere digerito: non solo abbiamo aumentato il dividendo ma abbiamo cambiato la policy e l’investitore deve andare a casa e fare i calcoli”. Una questione di tempi, secondo l’Ad dell’Eni. “Per mia esperienza ci vogliono da una a due settimane. Noi partiamo dopodomani per un roadshow dai principali investitori in Europa e Usa che finirà il 14 marzo e spiegheremo bene ma è normale, non mi spaventa”. 

Anche gli analisti concordano che non siano né i risultati né la strategia gli argomenti che possono far pendere la bilancia verso la conferma o la sostituzione di Descalzi. Del resto, oggi il titolo viaggia intorno a 13,30 euro, vicino ai massimi, toccati dieci giorni fa a 14,75 euro, dallo stesso periodo di tre anni fa, nel 2020, quando valeva 6,90 euro. E il gruppo ha registrato nel 2022 un utile netto adjusted pari a 13,3 miliardi, in aumento di 9 miliardi (+207%) rispetto all’esercizio 2021. 

La decisione su Descalzi è una decisione politica, come tutte le nomine, e sarà presa dal governo. Il manager, parlando del suo destino, è stato trasparente. “A tutti piace guidare la macchina che si è costruita ma se la guida un altro la macchina la cammina lo stesso”. E, ancora: “Nessuno è indispensabile. Eni è forte. Può fare senza di me? Sì. Può fare questo piano senza di me? Sì”. Descalzi, e i suoi risultati, sono una cosa. Il gioco delle nomine un’altra. “Quello che voglio io non conta niente, è una scelta degli shareholder. Non mia. Quello che voglio io conta meno di zero”, ha detto, cercando di archiviare le schermaglie di queste ore. (di Fabio Insenga) 

 

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