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Caso Liliana Resinovich, procura chiede archiviazione: “Si è suicidata”

(Adnkronos) – La procura di Trieste ha chiesto di archiviare il fascicolo sulla morte di Liliana Resinovich, scomparsa il 14 dicembre 2021 e trovata senza vita il 5 gennaio 2022 nell’area boschiva dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni, a Trieste. Dopo oltre un anno di indagini la procura non ha raccolto elementi tali da poter ipotizzare che la donna sia stata uccisa.  

“La sola ricostruzione degli eventi consegnata dagli atti processuali è quella dell’intenzionale allontanamento” di Liliana Resinovich “dalla sua abitazione e dell’altrettanto intenzionale decisione di por fine alla propria vita” si legge nel comunicato con cui la procura di Trieste chiude il caso. 

“Un esame ragionato dei complessivi risultati dell’indagine – i soli con i quali la procura della Repubblica, ovviamente, è tenuta a confrontarsi – non consente altre ipotesi, e dunque non legittima le illazioni arbitrarie e fantasiose germogliate qua e là nel gorgo mediatico che ha avviluppato questa vicenda e dal quale questo Ufficio s’è doverosamente tenuto lontano” scrive il procuratore capo Antonio De Nicolo.  

Non è certo il giorno della morte di Liliana. Se “non è stato possibile appurare se sia vero che la signora sia deceduta lo stesso giorno della sua scomparsa (come molte circostanze in fatto, puntualmente indicate nella richiesta di archiviazione, inducono a supporre) o se, alternativamente, sia vero che abbia voluto rimanere nascosta un paio di settimane ed abbia deciso di por fine alla propria vita solo pochi giorni prima del ritrovamento (come fa propendere la consulenza medico legale)”, per la procura “non è necessario sciogliere tale dilemma per giungere all’archiviazione della vicenda: è sufficiente constatare che dalle indagini, scrupolosamente condotte, non è emersa, con un minimo di concretezza, alcuna ipotesi di reato specifica e perseguibile ai danni della deceduta”. 

La decisione, arrivata a più di un anno dalle indagini, non sorprende. Decisiva si era rivelata la consulenza medico legale chiesta dalla procura in cui si evidenziava l’assenza di “qualsivoglia segno ragionevolmente riportabile a violenza per mano altrui”, la mancanza “di lesioni attribuibili a difesa” e di altre ferite che avrebbero potuto impedirle di reagire a un’aggressione. 

 

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