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L’arte di Giuseppe Di Leo

La mostra “Éphémères imaginaires” è aperta fino al 26 marzo alla Maison de la culture Notre-Dame-de-Grâce 

 

MONTRÉAL – Il 21 gennaio il vernissage ha aperto la mostra “Éphémères imaginaires” alla Maison de la culture Notre-Dame-de-Grâce (3755, rue Botrel, Montréal), che resterà aperta al pubblico fino al 26 marzo 2023. Il Cittadino Canadese ha incontrato uno degli artisti della mostra, Giuseppe (Joe) Di Leo.

 

“Nato a Foggia, in Puglia, sono arrivato a Montréal a 3 anni, nel 1958, con i miei genitori. In casa abbiamo sempre parlato italiano e ho frequentato anche la scuola del sabato mattina del PICAI. Mia madre era sarta, grande lavoratrice, creativa. Facevo delle commissioni per lei, compravo tessuti e fili e la osservavo abbinare colori, modelli, forme. Ne ho tratto ispirazione artistica e attenzione ai dettagli. Ho sempre disegnato, fin da piccolo”. Durante i suoi studi artistici al Dawson College e alla Concordia University, il pittore di fama internazionale Guido Molinari è stato uno dei suoi maestri; sorprendente a prima vista, perché l’astrattismo geometrico di Molinari non potrebbe essere più lontano dal realismo di Giuseppe. Ma da questo importante artista-insegnante ha imparato una certa libertà trasformativa delle forme. I suoi disegni sono precisi, teatrali, narrativi e autobiografici, esposti in Canada, Italia e Messico. Il suo lavoro è stato oggetto di recensioni in varie pubblicazioni e fa parte di varie collezioni. “Ho insegnato al Dawson disegno e pittura per 35 anni. Un bell’ambiente perché i docenti erano veri artisti, insegnavamo tutti le nostre specialità”. Giuseppe è anche co-fondatore e direttore da 10 anni della Warren G. Flowers Gallery del Dawson, molto importante per la divulgazione, e insegna disegno anche alla Concordia, dal 1994. “Io e Frank Mulvey abbiamo deciso di organizzare un’esposizione collettiva che abbiamo curato insieme.

 

Éphémères imaginaires è una mostra di disegni che abbraccia vari generi, materiali e superfici per esplorare la natura fugace della nostra umanità. Tutte le opere vertono su 3 aspetti: 1) il tempo, i momenti magici; 2) il movimento, lo spostamento, del viaggiare; 3) la non-permanenza delle cose che non durano, la celebrazione della vulnerabilità. L’autrice e artista Victoria LeBlanc propone una riflessione di significato nel suo saggio introduttivo al catalogo della mostra. “Io, durante il lockdown, sono andato spesso a camminare nel bosco con mia moglie o i miei amici, ogni domenica per 3 ore. Guardavo gli alberi, soprattutto sono stato affascinato dalle radici a vista fuori dal terreno… ne ho tratto sollievo spirituale e ispirazione. Mi occupo più di movimento. Frank, invece, lavora il carbone con le mani, riproduce atmosfere simili ai film anni ’50 in bianco e nero, e parla più di attaccamento ai luoghi, di abbandono…”.

 

Gli altri artisti Lorraine Dagenais (matita e colore, fiori, mare con la pioggia…), Emy Gagnon Gélinas (la più giovane, coraggiosa, usa inchiostro e acqua di fiume…), Véronique La Perrière M (sogno e immaginazione) e Francesca Penserini (che lavora con la luce) presentano disegni che spaziano da opere intime su piccola scala a digital works a installazioni sospese. Ogni artista esamina, dalla propria prospettiva unica, come l’effimero possa essere celebrato piuttosto che subìto, come l’arte e l’immaginazione possano servire da antidoto alla natura fugace dell’esperienza umana. Infine, il compositore Alexander MacSween ha creato un involucro sonoro per accompagnare l’esperienza visiva senza pretendere un ascolto come un’opera a sé, ma più come la colonna sonora di un film. “Il momentum musicale si sincronizza con le opere d’arte, quando ci si sposta, la traccia di 20 minuti cambia, è un’esperienza immersiva anche acustica, decidi tu quanto tempo restare di fronte ad un’opera con quel suono. Anche quel momento è fugace e ogni volta diverso”, ci spiega Giuseppe.

 

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