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La rivoluzione di Elon Musk può cambiare il mondo dei social

(Adnkronos) – Inizia oggi una collaborazione con il gruppo AdnKronos per una rubrica settimanale: Il promemoria. L’obiettivo è quello di evidenziare ed approfondire alcuni temi (di economia, di costume, culturali) che dovrebbero, a mio avviso, restare, almeno per un po’, nella nostra memoria scegliendoli tra i tanti, i tantissimi che l’informazione globale, la Rete e il sistema multimedia ci propongono ogni giorno; 24 ore al giorno. 

• Per partire non si può non iniziare toccando quella che è la vera chiave della modernità: Internet. Il mondo della Rete è scosso in questi giorni da due tematiche principali: la conquista e la nuova gestione di Twitter da parte di Elon Musk e l’altro, il rovinoso crollo delle criptovalute. Non starò qui a raccontare i fatti, che peraltro tutti conoscono; Musk (l’uomo più ricco del mondo – con buona pace del francese Arnault e del connazionale Bezos che tentano di scalzarlo – uno che gioca a fare l’eccentrico e il fenomeno ma che, in realtà, è un cinico genio visionario) prima volente, poi nolente si è preso, comprandolo, uno dei social più diffusi e importanti al mondo; una roba che raggiunge (e influenza) svariate centinaia di milioni di persone al mondo in contemporanea. Lui lo vuole gestire a modo suo: licenzia e poi riassume personale, lancia messaggi o poi li ritira; una cosa però l’ha detta e poi l’ha fatta ed é importantissima: ha deciso che per accedere ai servizi di Twitter (per ora solo ad una parte di essi, quelli più interessanti) bisognerà pagare una fee, un abbonamento. Questa è una vera rivoluzione che può cambiare il mondo social e tutta la Rete che è cresciuta ed esplosa nell’assunto che tutto sia gratis. Cosa questa che ha enormemente facilitato un uso smodato, e molte volte, malato proprio dei social. Quando tutti saranno a pagamento (e, dopo Musk, presto lo saranno) è possibile che se ne faccia un uso più attento e consapevole e anche fare l’odiatore da tastiera, finalmente, avrà un costo, anche economico. 

• L’altro tema è quello del crollo delle criptvalute; qualcosa che era stato pronosticato da grandi (e anche piccoli) economisti e da più o meno saggi operatori del mercato. Ma qui voglio vedere la cosa in un’altra ottica: ma a cosa servono (o sono servite) le criptvalute? Chi ha interesse – oltre ai truffatori e agli speculatori – a creare moneta al di fuori del circuito vigilato dei pagamenti nazionali ed internazionali? C’e un vantaggio reale per gli utenti/consumatori? Sembra proprio di no, anzi ora ci sono delle sonore perdite. Voglio aggiungere che anche il tanto lodato sistema della blockchain (il meccanismo tecnico che è alla base di quasi tutte le criptvalute, ad iniziare da bitcoin) alla fine serve a qualcosa che non sia già fornito nei circuiti vigilati? Anche qui c’e da chiedersi se l’esplosione della bolla non sia un bene (certo non lo è per i tanti che si sono fidati in buona fede e per i tantissimi che hanno provato a speculare) e anzi possa rappresentare addirittura un passo avanti verso un sistema di transazioni in Rete più serio ed affidabile (anche in assenza di regole formali che su Internet non arriveranno mai). 

• Un ultimo tema: per gli amanti della musica pop (ma so bene che il termine e tragicamente riduttivo) il più bel regalo di Natale non è un brano musicale ma un libro: “Filosofia della canzone moderna” di Bob Dylan, una raccolta di recensioni di oltre sessanta brani (non suoi) scritte con una prosa fascinosa ed intrigante scelti tra i tanti con un criterio misterioso (mancano del tutto i Beatles ad esempio) e personalissimo. C’e anche Volare. Fantastico. (di Mauro Masi) 

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