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Ricciardi: “Molti enti interessati a progetti Ht su genomica”

(Adnkronos) – “Centinaia di istituzioni nazionali hanno manifestato interesse” per collaborare ai progetti di Human technopole (Ht) sulle scienze omiche. “In questo momento c’è un comitato scientifico che ha valutato e sta valutando le 4-5 strategie” di ricerca e tra queste “ci sarà sicuramente anche quella per la genomica, per organizzare, fornire e gestire servizi, che altre strutture italiane non possono permettersi per l’esiguità dei finanziamenti, e per garantire una leva perché questi investimenti promuovano innovazione e progresso in tutto il territorio nazionale”. Così Walter Ricciardi, presidente del Comitato scientifico Ht, intervenendo oggi convegno digital ‘Verso un Piano nazionale per la medicina di precisione: malattie rare laboratorio delle scienze omiche’, organizzato da Omar (Osservatorio malattie rare), ospedale pediatrico Bambino Gesù e Orphanet Italia, con il patrocinio di Società italiana di bioinformatica (Bits), Fondazione Hopen Onlus, Sibioc (Società italiana di biochimica clinica e biologia molecolare clinica – Medicina di laboratorio) e con il contributo non condizionante di JuliaOmix* di GenomeUp, Roche Diagnostics e Thermo Fisher Scientific.  

Nato a Milano sull’eredità di Expo 2015 come Istituto nazionale di ricerca sulle scienze della vita, “lo Human technopole – spiega Ricciardi – è una struttura che agisce come controllata da parte dello Stato attraverso i ministeri dell’Economia, dell’Università e della Salute con un finanziamento importante di 150 milioni di euro l’anno che hanno consentito la realizzazione dei primi laboratori e l’assunzione dei primi ricercatori che, una volta a regime saranno oltre mille, in diversi ambiti: biologia, bioninformatica, chimica, ingegneria, matematica e informatica. La missione è quella di utilizzare queste risorse umane per migliorare la salute e il benessere delle persone, svolgendo una ricerca avanzata con l’obiettivo di nuovi approcci di medicina personalizzata e preventiva”. 

Le scienze omiche studiano le cause e meccanismi di una malattia a partire dall’analisi del genoma umano (genomica) o altre strutture cellulari, per identificare la terapia più efficace per le malattie genetiche rare e molte tipologie di tumore, con un impatto notevole in termini di salute per i pazienti, per le famiglie ma anche per l’intero sistema salute italiano. Negli ultimi anni “c’è stato un accordo tra Ht e lo Stato, attraverso i ministeri già citati – spiega l’esperto – con una convenzione che riserva il 55% delle risorse” del finanziamento “per creare piattaforme tecnologiche che possono essere messe a disposizione di tutta la comunità scientifica. Ht non solo quindi fa ricerca in house di grande livello, grazie a ricercatori – moltissimi stranieri e italiani rientrati dall’estero – che stanno facendo una ricerca” di eccellenza “anche sulla genomica utilizzando tecnologie di primaria rilevanza, ma nel prossimo futuro, metterà a disposizione queste piattaforme anche a istituzioni di ricerca italiane attraverso meccanismi regolatori che stiamo mettendo a punto”.  

Tra le strategie generali di ricerca perseguite dall’Istituto, Ricciardi ribadisce l’importanza della “genomica, l’analisi e l’approfondimento della conoscenza della diversità genetica e della predisposizione alle malattie della popolazione italiana”, cioè dei “fattori di rischio e protettivi che influenzano lo sviluppo di determinate malattie, di nuovi bersagli e biomarcatori” per “lo sviluppo di nuove terapie”.  

Sull’aspetto della “formazione interna ed esterna di giovani scienziati”, l’esperto ricorda che “il programma è già partito” e che c’è “l’impegno nei confronti della comunità italiana di ricerca per la promozione del progresso e l’innovazione attraverso il trasferimento tecnologico e la creazione di relazioni con il mondo industriale per favorire la trasformazione di queste scoperte scientifiche in applicazioni tangibili a beneficio di pazienti e società”. 

A proposito della frammentazione eccessiva dei servizi, Ricciardi commenta: “E’ un problema strutturale, non solo a livello regionale, ma anche sotto-regionale, che il Paese fatica a risolvere. Ci vuole un’enorme volontà politica e gestionale da parte delle strutture centrali, ma ritengo che sia un passo obbligato per non avere pazienti di serie A e serie B, come di fatto abbiamo avuto nei passati 20 anni con differenti prestazioni e outcome. Oggi, vivere in una regione meno dotata a livello scientifico e tecnologico – conclude – ha pesanti ripercussioni su accesso ai servizi e sugli indicatori sanitari”. 

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