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Salutequità, ‘recuperare cure perse per Covid, rifinanziare misure liste attesa’

(Adnkronos) – “È necessario recuperare velocemente il terreno perso su prevenzione e cure oncologiche a causa del Covid-19 e abbattere quanto più possibile i tempi di accesso alle prestazioni. Per questo è fondamentale che nella prossima legge di Bilancio siano rifinanziate le misure per il recupero delle liste di attesa. Si approvi velocemente il decreto tariffe sui nuovi Lea al fine di ridurre le disuguaglianze e permettere un nuovo aggiornamento dei Lea, includendo ad esempio i Next generation sequencing (Ngs) e le terapie di supporto nutrizionale per i pazienti oncologici”. Così Tonino Aceti, presidente di Salutequità introducendo il seminario ‘Equità di accesso in Oncologia’ che si è tenuto questa mattina a Roma. Durante l’evento, promosso e realizzato con il contributo non condizionato di Merck Serono Spa, è stato presentato il 9° Report di Salutequità sul tema, nell’ambito dell’Osservatorio permanente sullo stato dell’assistenza ai pazienti non-covid.  

A causa del Covid-19 – emerge dal report – sono 10 le Regioni che nel 2021 hanno visto peggiorare rispetto al 2019 la loro capacità di eseguire entro il termine di 30 giorni gli interventi chirurgici di classe A per tumori maligni: Liguria, Puglia, Marche, Molise, Veneto, Calabria, Umbria, Piemonte, Emilia-Romagna, P.A. Trento. Secondo un’indagine Iqvia, nel 2021 le nuove diagnosi sono diminuite dell’8% rispetto al 2019; anche l’accesso ai nuovi trattamenti si è contratto (-9%) così come i ricoveri per la somministrazione delle terapie (-13%). Importante contrazione anche per gli screening oncologici organizzati. Nel periodo gennaio 2020-maggio 2021 la riduzione di donne esaminate per cancro della cervice uterina è stato pari al -35,60% rispetto al 2019, -28,5% di donne esaminate per screening mammografico e -34,30% di soggetti esaminati per screening colorettale.  

Per garantire qualità, sicurezza ed equità di accesso alle cure oncologiche con l’Intesa Stato-Regioni del 30-10-2014 è stata prevista l’istituzione delle Reti oncologiche regionali (Ror), ma nel 2020 – è stato ribadito durante il seminario – sono ancora 4 le Regioni che non le hanno formalizzate con un proprio atto regionale: P.A. Trento, Abruzzo, Molise e Basilicata. Solo Piemonte, Toscana e Veneto nel 2020 hanno formalizzato un piano economico-finanziario che assicuri la sostenibilità della continuità operativa delle Reti oncologiche, così come solo Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna e Calabria dichiarano di redigere annualmente un report sui risultati del monitoraggio dei Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) sviluppati dalle reti e degli audit effettuati.  

C’è poi la questione dell’accesso ai farmaci. “I pazienti – lamenta Aceti – devono ancora confrontarsi con tempi di approvazione da parte dell’Aifa pari in media a 251 giorni nel 2020 (per quelli non generici), ai quali vanno aggiunti ulteriori 64,5 giorni per la trasmissione in Gazzetta Ufficiale e ulteriori mesi per la concreta messa a disposizione delle Regioni”. Quindi, “anche l’accesso ai farmaci – prosegue Aceti – deve essere più tempestivo continuando a ridurre i tempi di approvazione dell’Aifa, quelli di trasmissione in Gazzetta ufficiale ed eliminando i Prontuari terapeutici ospedalieri regionali (Ptor) vincolanti. Infine, c’è bisogno che l’Italia si doti velocemente di una solida strategia sul cancro attraverso l’approvazione del Piano oncologico nazionale 2022-2027, il quale però dovrà poter contare su uno specifico finanziamento finalizzato alla sua attuazione”.  

Per garantire sostenibilità ed equità di accesso – ricorda il presidente di Salutequità – i pazienti possono contare su due Fondi nazionali per i farmaci innovativi oncologici e non oncologici (dal 2022 i fondi sono unificati) dei quali però nel 2021, in piena fase di recupero delle cure mancate a causa della pandemia, non stati spesi rispettivamente circa 40 milioni di euro e oltre 307 milioni.  

“Inoltre, oggi possiamo contare fortunatamente anche su terapie oncologiche mirate attraverso l’esecuzione di Next generation sequencing (Ngs) – sottolinea Aceti – ovvero test che individuano la presenza di eventuali alterazioni genetiche che possono essere bersaglio proprio di queste terapie, garantendo allo stesso tempo un importante livello di appropriatezza terapeutica”. Dall’indagine nazionale svolta dalla Società italiana di patologia (SIAPeC) Ngs Network – è emerso dall’incontro – si evince che più della metà dei centri (57%) che eseguono Ngs si trova a Nord mentre circa l’80% al Centro-Nord: 14 laboratori si trovano all’interno di Centri di ricerca universitari, 8 negli ospedali maggiori, 7 fanno parte di Irccs e uno in un centro privato. Inoltre, attualmente il Ssn non ha ancora inserito i test Ngs all’interno dei Lea, limitandosi invece a stanziare fondi inadeguati alla loro esecuzione (5 mln di euro nel 2022 e 5 mln nel 2023).  

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