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Bali

Bali è un’isola al sud dell’Indonesia e ad ovest dell’Australia, sede di un’antica civiltà fatta di riti strani, leggende di demoni, eroi e principesse, danze frenetiche di giovani al suono di musiche che inducono una trans, armoniose quelle delle fanciulle dai costumi decorati con piume di uccelli esotici. Bali è molto di più, un intero volume non basterebbe a descrivere la straordinaria bellezza dei riti, delle credenze
induiste e del paesaggio.

 

Mi soffermo solo sul Gamelan, un insieme di 30-40 strumenti a percussione in bronzo e bambù. La funzione principale è quella di accompagnare i riti religiosi e le meravigliose leggende di cui è ricca l’isola con i suoi 4,5 milioni di abitanti. Devo premettere che ad un orecchio abituato alla musica occidentale, il suono di quaranta strumenti a percussione risulta forse troppo difficile da digerire, ma la presenza di graziose danzatrici addolcisce la sensazione di tanto “rumore”, come qualcuno lo ha definito.

 

Quando ho saputo che l’Università di Montréal era in possesso di tale ensemble strumentale e che ogni anno gli studenti offrivano un concerto diretto da un maestro che veniva da Bali e danzatrici nostrane e balinesi, la nostalgia e il ricordo mi hanno spinto ad andare. Dopo un paio di concerti, l’attività è stata interrotta fino all’anno scorso. Ho voluto invitare un nostro caro amico, un po’ per gioco e un po’ per fargli conoscere la “musica dell’altro mondo”. Salvatore è un tenore che nei suoi anni d’oro ha avuto molto successo; ha cantato a Place-des-Arts, New York, Boston, Québec e tuttora si occupa di organizzare l’opera durante la manifestazione della cultura italiana a Montreal. 

 

Entrati nel teatro Vincent d’Indy dell’Università di Montreal, mi ha raccontato in modo entusiastico il suo primo concerto proprio in quella sala, i suoi studi musicali, le sue esibizioni sotto la direzione del celebre Zubin Metha e di Franz Paul Decker. Ho cominciato a sospettare che obbligarlo ad ascoltare quella strana musica non fosse stata una buona idea, speravo che almeno qualche graziosa Balinese potesse addolcire l’impatto. E invece la danzatrice era una Quebecchese, il Maestro non arrivava da Bali. 

 

Quando il concerto è cominciato mi sono accorto che il suo viso diventava paonazzo: sorpresa o disgusto? E meno male che è durato poco! Siamo usciti in silenzio dalla sala e per tutto il tragitto non mi ha rivolto la parola. Alla fine ho preso il coraggio a due mani e gli ho chiesto: “Ho perso un amico?”. Si è messo a ridere e mi ha anche ringraziato, aggiungendo: “Ma la nostra Opera non ha rivali. La prossima volta ti porto io ad ascoltare la vera musica”. 

 

Sono sicuro che l’atmosfera di Bali gioca un ruolo importante in quel tipo di musica, ma sarebbe troppo dispendioso portare Salvatore in Indonesia….

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