(Adnkronos) –
Olio di palma tra nutrizione e produzione sostenibile. Questi i temi al centro del webinar organizzato dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile promosso dall’Asvis, dal titolo ‘Nutrizione sostenibile e obiettivo zero deforestazione’.
Per Mauro Fontana, presidente Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile, “la sfida epocale che il mondo sta cercando di affrontare, anche se con grande ritardo, è quella di risolvere contemporaneamente due tematiche che richiedono interventi confliggenti: la food security e la food safety, per affrontare la crescita demografica e la sottonutrizione con la necessità di una maggiore produzione di alimenti e l’impiego di ulteriori terreni a maggior produttività, e la sostenibilità declinata nelle sue tre forme, economica, sociale e ambientale, e il contrasto agli effetti del climate change che richiedono interventi di senso opposto”. Da qui la necessità di trovare un bilanciamento tra queste due esigenze attraverso un concetto di ‘nutrizione sostenibile’. E “L’olio di palma sostenibile, grazie alla sua produttività nel rispetto della sostenibilità, può rappresentare una delle tante leve utili alla sua realizzazione”, osserva Fontana.
Maria Vincenza Chiriacò e Matteo Bellotta del Centro Euro Mediterraneo per i Cambiamenti Cimatici – Fondazione Cmcc hanno introdotto i risultati di uno studio sugli impatti socioeconomici della produzione dell’olio di palma. “Abbiamo condotto una review su 82 pubblicazioni dal 2010 al 2020 – spiega Bellotta – cercando di vedere come queste pubblicazioni hanno giudicato l’impatto della produzione di olio di palma su 8 indicatori con un forte carattere socioeconomico”, dalla povertà alla fame, fino alla parità di genere, ecc…. Il tutto con “un focus sugli schemi di sostenibilità e la loro applicazione”. Dall’analisi, in sintesi, emerge che “c’è un supporto all’economia, una diminuzione dei tassi di povertà, che migliora l’accesso al cibo; ci sono delle criticità legate soprattutto all’accesso alla terra, quindi ad una minore riduzione delle disuguaglianze relative alle comunità e al gender, e alle condizioni di lavoro però gli schemi di sostenibilità sono visti come possibile soluzione a queste criticità”.
Inoltre, annuncia Chiriacò, “stiamo concludendo un ulteriore lavoro che riesamina nuovamente l’impatto ambientale, in termini di emissioni di gas a effetto serra ma anche di cambi di uso del suolo potenziali, dei possibili sostituti dell’olio di palma”.
Parlando di “diversità della dieta”, Sebastiano Banni, Università di Cagliari, osserva come questa “sia favorevole alla sostenibilità e all’ambiente”. In particolare la dieta flexitarian “è quella che è più sostenibile dal punto di vista ambientale”.
Inoltre questa dieta (“che non esclude nessun tipo di alimento o nutriente”) “è molto più facilmente personalizzabile tenendo conto delle esigenze del singolo individuo attraverso parametri che possono essere valutati”. Banni ricorda anche il “ruolo nutrizionale dell’acido palmitico, tanto demonizzato”, mentre è “tra i più comuni acidi grassi nel nostro organismo”. Inoltre “è presente in tutti gli alimenti ed è impossibile fare una dieta priva di acido palmitico che, tra l’altro, ha molte proprietà fisiologiche quindi ha un ruolo fondamentale; per questo nel nostro corpo non viene solo dalla dieta ma lo possiamo produrre a partire dal glucosio”, spiega.