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Chirurgo: ‘Controllo microsanguinamento vera prevenzione emofilici’

“Negli ultimi 9 anni, con un pool di specialisti (ematologo, ortopedico, chirurgo ortopedico e riabilitatore) dell’ospedale Santo Spirito siamo riusciti a seguire circa 300 pazienti emofilici, dei quali 70 sono stati trattati chirurgicamente, la maggior parte sottoposti a interventi che hanno interessato gli arti inferiori (intervento di protesi al ginocchio è il più eseguito). Ma l’auspicio è che in futuro il numero delle persone che dovranno essere sottoposte a intervento diminuisca, grazie alla profilassi sempre più personalizzata e a misura di paziente, non solo farmacologica, ma intesa anche come diagnosi precoce. Noi ancora oggi ci troviamo a trattare gli esiti della malattia, ma in futuro mi auguro che ciò non avverrà più o per lo meno che i pazienti con articolazioni devastate ne arrivino sempre meno”.  

Lo ha detto Filippo La Cava, chirurgo ortopedico dell’ospedale Santo Spirito di Roma, nel suo intervento in occasione dell’incontro online organizzato da ‘Articoliamo’, campagna sostenuta da Sobi con il patrocinio di FedEmo, nata per promuovere il benessere delle articolazioni nelle persone con emofilia, malattia rara della coagulazione che ha fra le sue complicanze più frequenti l’artropatia.  

L’iniziativa è giunta alla quinta tappa e ieri è sbarcata nel Lazio, dove si trovano più di 600 persone affette da emofilia (in Italia sono oltre 5mila), una rara patologia della coagulazione, che può portare a problemi articolari e alla riduzione progressiva di mobilità. Al centro dell’incontro online i molteplici aspetti della patologia, tra i quali il ruolo dell’attività fisica, l’importanza dell’approccio multidisciplinare, la cura e la prevenzione dei danni articolari.  

Anche grazie all’ecografia, “con la quale possiamo evidenziare condizioni che altrimenti non potremmo vedere facilmente – ha proseguito La Cava – saremo in grado di dare un futuro migliore ai pazienti emofilici che ancora oggi hanno una muscolatura azzerata a causa del danno articolare. Non a caso gli stessi riabilitatori hanno difficoltà nel trattare pazienti in queste condizioni”.  

L’esperto ha poi lanciato l’allarme infezioni post-protesi: “Se nel paziente che non ha l’emofilia il rischio di andare incontro a infezione è circa l’1,9%, nel paziente con patologia emofilica il rischio infezioni sale al 6-7%. Questo ci fa capire che si tratta di pazienti che hanno comorbidità, per i quali le problematiche si sommano”.  

Fortunatamente, sono “migliorati nel tempo i trattamenti da parte degli ematologi, così noi ortopedici raffiniamo sempre più la strategia, le cure e le scelte terapeutiche”, ha concluso La Cava.  

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