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Sputnik, “nessun caso di rare trombosi dopo vaccino”

Nessun caso di rare trombosi dopo Sputnik. Lo annuncia in una nota il Gamaleya National Center di Mosca: un’analisi completa degli eventi avversi “durante gli studi clinici e nel corso delle vaccinazioni di massa con il vaccino Sputnik V non ha mostrato casi di trombosi del seno venoso cerebrale (Cvst)”, afferma precisando come “i vaccini che utilizzano la piattaforma del vettore adenovirale sono diversi e non direttamente confrontabili”. Pertanto, secondo gli scienziati russi che hanno sviluppato Sputnik V, “non c’è alcun motivo e nessuna giustificazione per estrapolare i dati di sicurezza di un vaccino e confrontarli con un altro”. 

Il Gamaleya entra nel merito chiarendo le differenze tra Sputnik e gli altri vaccini a tecnologia adenovirale. “Il vaccino di AstraZeneca utilizza l’adenovirus di scimpanzé per fornire l’antigene – affermano gli scienziati russi – Il vaccino Johnson&Johnson utilizza l’adenovirus umano del sierotipo ‘Ad26’ e la proteina S a lunghezza intera stabilizzata per le mutazioni. Inoltre è prodotto utilizzando la linea cellulare ‘Per.C6’ (cellule retiniche embrionali), non presente negli altri prodotti registrati”. Mentre “Sputnik V è un vaccino a due componenti in cui vengono utilizzati i sierotipi 5 e 26 di adenovirus. Non viene utilizzato – rimarcano dal Gamaleya – un frammento di attivatore del plasminogeno di tipo tissutale”.  

“La qualità e la sicurezza del vaccino Sputnik V sono, tra le altre cose, assicurate dal fatto che, a differenza di altri vaccini, utilizza una tecnologia di purificazione a 4 stadi che prevedono l’utilizzo di strumenti per la filtrazione di profondità, la separazione con cromatografia a scambio ionico e la formulazione attraverso filtrazione a flusso tangenziale (Tff)”, ricordano gli scienziati russi. 

Il Gamaleya ricorda come “in uno studio pubblicato su ‘The New England Journal of Medicine’ il 9 aprile è riportato che una delle possibili cause delle rare trombosi verificatesi dopo la vaccinazione potrebbe essere collegata ad una purificazione insufficiente nello sviluppo del vaccino che porta alla comparsa di quantità significative di Dna libero che possono interferire con la risposta del sistema immunitario”. 

L’istituto russo si dice pronto “a condividere la sua tecnologia di purificazione con altri produttori di vaccini per aiutarli a ridurre al minimo il rischio di effetti avversi durante la vaccinazione”. 

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