(Adnkronos) – La maggior parte dei seggi elettorali sono nelle scuole. Ma gli elettori che andranno ad esprimere il proprio voto lo faranno scegliendo tra partiti che hanno lasciato la scuola ai margini della campagna elettorale. Scuola e università sono citate, con più o meno spazio, nei programmi di tutti i partiti ma i leader ne hanno parlato soprattutto per slogan e il dibattito sui giornali e suoi social ha privilegiato altri temi, soprattutto quelli più adatti alle promesse, a partire dalle tasse.
Accostando il nome dei leader alla parola scuola, le ricerche delle notizie su Google restituiscono una fotografia significativa.
Meloni + scuola. La prima frase che restituisce la ricerca è relativa alla polemica aperta con una parte del mondo sindacale. “Sogno una nazione in cui non devi avere la tessera Cgil per essere un buon docente”.
Salvini + scuola. Il numero uno della Lega si occupa delle vacanze scolastiche. “In altri Paesi non c’è la pausa estiva di tre mesi ma le pause vengono dislocate nel corso dell’anno e dunque occorre rivedere il tempo a scuola”.
Berlusconi + scuola. Il Cavaliere è letteralmente salito in cattedra. Così ha raccontato lui stesso: “Ieri sono stato a visitare una scuola dove vanno due miei nipotini e proprio nella loro aula si è alzato dai banchi dell’ultima fila un ragazzo dall’aria intelligente e mi ha detto: ‘Signor Presidente, cos’è per lei la libertà?'”.
Letta + scuola. Il leader dem ha privilegiato una strada impopolare. “Serve l’allungamento dell’obbligo scolastico, a 3 anni con la scuola dell’infanzia e allungare fino ai 18 anni”.
Conte + scuola. In casa Cinquestelle il messaggio che privilegia Giuseppe Conte è “non c’è un aspetto da migliorare, sono tutti da migliorare”. Segue elenco: basta classi pollaio e stipendi bassi ai docenti, ripensare edifici e programmi scolastici in ottica green.
Calenda + scuola. Il leader di Azione guarda alla scarsa preparazione degli studenti. “La nostra proposta di portare a 18 anni l’obbligo scolastico nasce dalla valutazione sui nostri ragazzi del loro livello di preparazione alla fine del secondo ciclo di studi: il grado di impreparazione è del 44%, più del doppio della media europea”.