Se nel 1946 10.000 persone avessero cambiato idea sul loro voto in ogni città, oggi l’Italia sarebbe una Monarchia. Il referendum tenutosi il 2 giugno e la mattina del 3 giugno del 1946 non chiedeva agli italiani di rispondere ad un quesito. Offriva loro una scelta sulla forma istituzionale dello Stato. La scheda elettorale presentava due simboli, ciascuno con un quadrato in cui l’elettore avrebbe dovuto mettere un segno. Un simbolo corrispondeva alla Monarchia ed un altro alla Repubblica. Ovviamente, non si tratterebbe di un’elezione italiana se la scheda elettorale non fosse inutilmente complicata. Se si osserva la scheda elettorale dell’epoca, si noterà che c’è una notevole quantità di informazioni, quando la scelta sarebbe dovuta essere semplice da descrivere.
Questa contraddizione o, meglio, questo paradosso, è diventato purtroppo un marchio, un fardello per l’Italia che conosciamo. Possiamo andare ovunque in Italia, imboccare qualsiasi uscita autostradale, percorrere pochi chilometri e trovare un borgo dal fascino ancestrale che lo renderà indimenticabile. Ci fermiamo a mangiare in una trattoria e incontriamo i simpatici proprietari. La semplicità dell’accoglienza e il piacere dei sapori ci conquistano. Facciamo un minimo di conoscenza e subito ci raccontano tutte le seccature amministrative che affrontano ogni giorno. Basti pensare che ancora oggi la Festa della Repubblica si celebra il 2 giugno per ricordare un referendum che si è concluso il 3 giugno e i cui risultati sono stati annunciati il 6 giugno.
Quindi, quando celebriamo la Repubblica il 2 giugno, questa ancora non esisteva, e non solo perché i risultati non erano ancora arrivati. Ci furono ovviamente delle contestazioni, per cui la Corte di Cassazione proclamò i risultati del referendum solo il 10 giugno del 1946. Quindi la Festa della Repubblica è il 10 giugno? Ma no! Perché fu solo nella notte tra il 12 e il 13 giugno del 1946 che Alcide De Gasperi assunse le funzioni di Capo provvisorio dello Stato italiano. Quindi la Festa della Repubblica ricorre il 13 giugno? Ebbene, fu proprio in questa data che il re Umberto II lasciò il paese per stabilirsi in esilio nel sud del Portogallo.
Immaginate, non ha nemmeno atteso i risultati finali per lasciare il paese. Perché, nonostante la Corte di Cassazione abbia proclamato i risultati il 10 giugno, ci furono ulteriori contestazioni, tanto che solo il 18 giugno fu respinto l’ultimo ricorso dei monarchici e furono integrati i risultati ancora mancanti. Allora, siamo d’accordo sul 18 giugno per celebrare la Repubblica? Nei fatti, la Repubblica non esiste finché una legge non la crea. Questa legge ha un nome: la Costituzione della Repubblica Italiana, che è entrata in vigore il 1o gennaio del 1948, diciotto mesi dopo l’inizio del processo referendario. Può sembrare tanto tempo, ma in realtà non lo è. Pensateci, si è reso necessario programmare la creazione e l’entrata in vigore di molte istituzioni statali. Soprattutto, si temeva che, in ogni momento, i fascisti si riorganizzassero e trovassero uno stratagemma per riprendere il controllo dello Stato nascente.
Non dimentichiamoci, inoltre, che, quando ha preso il via il processo referendario, l’esercito americano occupava ancora una parte del paese ed esercitava certamente un’influenza sugli affari di stato. Alla fine, quindi, la Festa della Repubblica cade il 1o gennaio? Molti paesi hanno scelto la data dell’anniversario dell’adozione della loro Costituzione come giorno commemorativo. È facile capire il problema che questa scelta porrebbe. Il 1o gennaio è già un giorno festivo. Una Repubblica merita una celebrazione tutta sua e cosa c’è di meglio che tornare all’inizio del processo che ha portato al risultato determinato dalla maggioranza dei votanti? Perché, effettivamente, si tratta della maggioranza degli elettori e non la maggioranza dei cittadini con diritto di voto. La questione è stata molto dibattuta.
Il problema, se si fosse ritenuto che la maggioranza doveva essere quella di tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali, sta nel fatto che, a quel punto, ogni persona che non vota è un voto contrario all’opzione che ottiene più voti. Va notato, tuttavia, che la partecipazione al referendum è stata resa obbligatoria. Si è quindi recato alle urne l’89,08% degli oltre 28 milioni di cittadini aventi diritto. Qual era la sanzione prevista per chi non si fosse recato alle urne? I nomi sono stati resi pubblici! A chi si lamenta dello stato in cui versa la politica italiana, va ricordato che uno dei tratti distintivi di una Repubblica, ovvero l’elezione di un cittadino a capo di Stato, è quello che le fa più onore. Agli altri va ricordato l’altro 2 giugno che ha segnato terribilmente la storia della nostra amata penisola: il giugno del 455, data in cui i Vandali iniziarono a depredare Roma. Personalmente, il 2 giugno del 1946 – con tutta la sua freschezza primaverile – mi trasmette la gioia più grande.