GUERRA IN UCRAINA. LA TESTIMONIANZA DELLO CHEF ITALO-RUSSO
Negli ultimi tre mesi, molti Italiani sono stati costretti a lasciare l’Ucraina a causa della guerra ingiustificata e illegittima scatenata dalla Russia di Putin.
Uno di loro è Marco Cervetti, chef Italo-Russo, padre italiano e madre russa, originario di Alessandria
Laureato in Lingue e Letterature Orientali all’Università diVenezia, con specializzazione in Cinese, collabora da anni con il cantautore italiano Vinicio Capossela. Dal 2003 al 2014 ha vissuto a Mosca, dove ha gestito un locale che ha subito attratto gli intellettuali liberal. Costretto a chiudere, è tornato a Venezia, prima di trasferirsi a Kiev, dove negli ultimi 6 anni è stato brand chef della catena “Silpo”. Lo abbiamo sentito via telefono per avere una testimonianza diretta sulla guerra che sta tenendo col fiato sospeso il mondo intero.
“All’inizio del 2000, a Mosca si guardava al futuro con entusiasmo, c’era un’effervescenza culturale, un fermento intellettuale nell’aria. Venivo dalla Biennale di Venezia, dove per anni avevo collaborato con il Padiglione russo, fino a diventarne vice commissario”. La scelta di trasferirsi a Mosca è stata quasi naturale: “Ho aperto un locale che è subito diventato uno dei fulcri principali del movimento liberal moscovita, frequentato da giornalisti, direttori di tv, giornali, riviste, miliardari e politologi. Per questo è stato preso di mira. Per fortuna, sono riuscito a tornare in Italia sano e salvo, anche se psicologicamente stremato”.
E così, dopo aver chiuso con la Russia per sempre, ha aperto un’osteria a Venezia. “Un amico di Kiev è poi venuto a trovarmi e mi ha proposto un progetto straordinario. Dopo lo scetticismo iniziale, nel 2015 mi sono trasferito in Ucraina, dove sono diventato brand chef di ‘Silpo’”, una catena di negozi e supermercati con 300 centri in tutto il paese, di proprietà del Gruppo Fozzy.
“Parliamo di negozi del 21o secolo, con diverse autoproduzioni: dai forni a legna per il pane ai laboratori di pasticceria, fino ai centri per formaggi e salumi. Oltre alla ristorazione, che impiegava 1200 persone tra cuochi, camerieri e baristi”. E senza dimenticare la pizzeria ‘Positano’, aperta insieme ad Enzo Coccia, straordinario pizzaiolo di Napoli: “Ci stava dando parecchie soddisfazioni, anche se all’inizio la gente non capiva la differenza tra la pizza napoletana e la pizza Hut”.
I bombardamenti russi del 24 febbraio hanno cambiato tutto: “All’inizio mi sono detto che, restando, mi sarei potuto rendere utile. Poi, però, mi sono ritrovato a vivere in un bunker: facevamo le ronde armate per la paura che facesse irruzione qualche soldato russo. La prima sera sono andato fuori, ho acceso una sigaretta e sono caduti 4/5 missili nei paraggi: non ho più fumato finché non ho rimesso piede in Italia, il 10 marzo scorso. Detto ciò, resto ottimista e spero di tornare a Kiev al più presto”. Lasciare l’Ucraina non è stato facile.
“Ero in costante contatto con gli altri italiani di Kiev e, ad un certo punto, siamo riusciti ad allacciarci ad un piccolo convoglio dell’Ambasciata francese: dopo mille peripezie, tra contraeree e bazooka, e 50 ore di guida, siamo riusciti a lasciare il paese. Ho portato in salvo la mia ragazza, la madre invalida di un mio amico e le fidanzate di altri due amici. Tutte donne. Gli uomini sono rimasti tutti lì a combattere. La cosa che più mi ha colpito è che, dai primi bombardamenti, nessuno si è mai perso d’animo e tutti hanno deciso di prendere le armi. Persone che magari non hanno mai preso in mano una fionda e che avevano paura pure di tagliare una cipolla, si sono trasformate in guerrieri”. Un senso di appartenenza alimentato dalle radici storiche del conflitto.
“Un tempo l’Ucraina si chiamava ‘Malorossiia’, la Piccola Russia. È stato il Principato di Kiev a fondare il Principato di Moscovia. Gli Ucraini sono un po’ come gli antenati dei Russi. Eppure, sono sempre stati popoli distinti in continenti diversi. Se l’Ucraina è un paese europeo, la Russia è un paese asiatico, simile alla Cina”. Un conflitto antico che si è acuito con la nascita dell’URSS: “Gli Ucraini non hanno mai voluto farne parte, tanto che hanno addirittura riposto le loro speranze in Hitler, pur di sottrarsi alle grinfie di Stalin”.
Ecco perché la tensione tra i due paesi è così forte: “Esiste da secoli e probabilmente durerà altri secoli o, perlomeno, fino a quando uno dei due popoli sparirà. Il conflitto militare, invece, prima o poi finirà perché ad un certo punto non ci sarà altro da sparare”.
La guerra nucleare, invece, è da scartare: “Innanzitutto perché se butti una bomba poi gli altri te ne buttano altrettante. Inoltre, una bomba atomica lanciata su Kiev creerebbe una nuvola che probabilmente si dirigerebbe verso la Russia. Qui siamo alla rissa da bar, i toni sono quelli, ma non si arriverà mai ad un conflitto nucleare”. È l’augurio che ci facciamo tutti.