Da bambino andavo al mare a Termoli con i cugini, gli zii, le zie ed i nonni. Era un posto centrale per ritrovarci, visto che nel corso degli anni la nostra famiglia si era sparpagliata in tutta Italia.
Ovviamente, ancora oggi conservo dei bellissimi ricordi di quei momenti. Tra questi, c’è quello dei giovani marocchini che vendevano tappeti. Dico giovani, ma in effetti erano bambini come noi. Venivano in Italia in estate per fare i venditori ambulanti sulle spiagge. A fine giornata, venivano a giocare a calcio con noi. Mi ha sempre impressionato la loro abilità con la palla, anche se ci lamentavamo che non la passavano quasi mai. Ma ciò che mi ha colpito di più è stato vederli vendere i tappeti. Perché, vedete, se inizialmente si rivolgevano a qualcuno sulla spiaggia in italiano e la persona non rispondeva, allora passavano all’inglese, al francese, al tedesco e allo spagnolo. Padroneggiavano tutte queste lingue, oltre all’arabo, e quindi potevano avere delle conversazioni. Vi ricordo che si tratta di bambini che lavoravano sotto il sole cocente, dalla mattina alla sera, sette giorni su sette.
Tutti voi che leggete IN QUESTO MOMENTO il nostro giornale preferito parlate almeno tre lingue. In Italia, in tutte le regioni, le persone parlano un italiano impeccabile, padroneggiando, allo stesso tempo, il dialetto regionale che si discosta notevolmente dalla lingua comune. Ovunque osserviamo bambini italiani esprimersi alla perfezione fin dalla tenera età. Genitori e insegnanti semplicemente non tollerano che i bambini si esprimano diversamente. È l’unica norma sociale accettabile. Naturalmente, nell’epoca di internet, osserviamo il fenomeno dei ‘prestiti’ dalla lingua inglese. Il fenomeno dei termini in prestito dalle lingue straniere non è nuovo. Penso alla parola “budget” che deriva dal francese (“bougette”, che significa borsetta attaccata alla vita), è stata trasformata dall’inglese per ridiventare infine francese e italiano. La lingua, una caratteristica di tutti gli esseri umani, è un fenomeno che spesso diamo per scontato. Del resto, nella vita di tutti i giorni, al centro delle nostre interazioni, la lingua rimane un mezzo per capire ed essere capiti. La lingua ha anche altri scopi. In Québec c’è un fenomeno poco conosciuto al di fuori dei nostri confini. La lingua è soggetta anche a legislazione. E solleva pure questioni politiche.
Un disegno di legge dal tiolo “Legge sulla lingua ufficiale e comune del Québec, il francese”, conosciuto anche come Bill 96, suscita forti reazioni e numerosi commenti. Il titolo, sorprendente per una legge sulla lingua, è scritto in termini insoliti. Introduce la nozione di lingua comune, che potrebbe essere più affine aduna realtà concreta che non ad una terminologia legislativa. C’è anche l’uso della virgola. Viste le questioni sollevate da questa legge, non voglio certo enfatizzare il dettaglio della virgola nel titolo. Tuttavia, non ho trovato altri titoli di legge che facciano un uso simile della virgola. Questo disegno di legge contiene delle modifiche sorprendenti. Ad esempio, la legge impone al governo – e non a ciascuno dei funzionari pubblici – l’obbligo di usare il francese in modo esemplare. Pertanto, quando un documento viene pubblicato dal governo, deve essere redatto in un francese esemplare.
Tuttavia, quando un funzionario comunica con voi, per iscritto o a voce, non è tenuto a rispettare l’obbligo. Sorprendentemente, la legge prevede anche che una traduzione francese debba essere allegata a qualsiasi atto procedurale redatto in inglese se emanato da una persona giuridica. Ad esempio, una parrucchiera che si esprime in inglese e che è proprietaria di un salone, qualora volesse denunciare un’azienda americana, dovrà pagare per far tradurre in francese le procedure scritte in inglese per le persone che tra loro comunicano in inglese. È difficile capire come tutto ciò possa servire alla promozione del francese. Un altro esempio, tra le sorprese contenute in questa legge: chi nonpadroneggia la lingua francese, è INVITATO ad apprenderla. Lo scopo di una legge è creare diritti e obblighi, non invitare qualcuno a fare qualcosa. Potrebbe trattarsi di una prima volta mondiale.
Cosa facciamo con una persona che non risponde all’invito? Vi faccio un altro esempio, tra gli altri, di un elemento problematico: un ispettore può entrare in un’azienda a qualsiasi ora ragionevole per esaminare il contenuto di un computer. Senza alcun dubbio, per chi ha scritto la legge, questo contribuisce all’immagine francese del Québec. Per quanto riguarda l’immagine del Québec come terra di libertà, bisognerà pensare ad INVITARE la gente a chiudere gli occhi.