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De Gustibus di Alessandra Cori: sicurezza alimentare, la risposta dell’UE

La guerra che si protrae ormai da un mese in Ucraina ha ridotto alla fame gli abitanti delle città sotto assedio. Ma l’operazione bellica in atto, che non accenna ad allentare il suo effetto devastante in quel Paese, è destinata a far sentire duri contraccolpi sulla sicurezza alimentare anche in altre regioni del mondo, e in Europa in particolare, per un effetto domino di proporzioni globali.

L’Ucraina, si sa, insieme alla Russia, è tra i primi cinque principali produttori a livello mondiale di grano. Il sistema alimentare è altamente interconnesso, minato dalla pandemia e già sofferente per le conseguenze dei cambiamenti del clima. Così, negli ultimi giorni, il prezzo del grano è arrivato ad un valore di 33,3 centesimi al chilo, un livello mai così alto dalla crisi del 2008. 

A causa, poi, dell’interruzione degli scambi con Russia e Ucraina che insieme rappresentano il 25% del commercio mondiale di grano, e del blocco navale nei porti del Mar Nero, i prezzi di molte merci agricole sono balzati alle stelle. 

La Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo stima che la crisi agricola durerà ancora a lungo per la difficoltà compensare la dipendenza dalla Russia e dall’Ucraina, che rappresentano anche il 32% del commercio mondiale di orzo, il 17% per il mais e più del 50% per l’olio di girasole e di semi.

L’Ucraina è il secondo fornitore di mais per l’Italia con una quota poco superiore del 20%, ma le forniture sono attualmente bloccate. E l’Italia sconta anche anni in cui la produzione nazionale è stata scoraggiata a causa dei bassi compensi riconosciuti ai produttori, con la riduzione delle terre destinate a queste colture.

L’Europa potrebbe rimediare con i bancali di grano a prezzo inferiore provenienti dal Canada, ma la soluzione contrasterebbe con il divieto che vige in Italia di usare il glifosate nella fase di raccolta e trebbiatura. Per questo l’UE sta valutando possibili deroghe ai limiti massimi di residui fitosanitari per le principali commodity importate da Paesi terzi. 

Un’alternativa sarebbe quella di rivolgersi a USA e Argentina per importare grano e mais. Ma qui i tempi di consegna delle merci e le differenze di normative in tema di sicurezza alimentare e disciplinari produttivi che regolano soprattutto alcune DOP europee non agevolano la decisione. Gli USA, infatti, sono i più grandi produttori al mondo di cereali OGM con 73,1 milioni di ettari, cui segue l’Argentina con 24,3 milioni di ettari.

Preoccupa, poi, la situazione per l’olio di girasole se pensiamo che su 570 milioni di euro di prodotti importati da Kiev in Italia lo scorso anno, 260 sono stati spesi per questo tipo. Molti prodotti sono processati con quest’olio, come conserve, salse, biscotti, condimenti, fritture, sughi, e in alcuni casi anche pasta. Due sono i risultati più immediati: l’aumento dei prezzi delle scorte disponibili e il loro rapido esaurimento. 

La risposta dell’Unione Europea, per permettere all’agricoltura del Vecchio Continente di far fronte a questa crisi, non si è fatta attendere. Sono stati stanziati 500 milioni di aiuti agli agricoltori per la sicurezza alimentare globale, per affrontare le perturbazioni del mercato per via dell’aumento dei costi di produzione e, ancora, per le restrizioni commerciali. 

Altra misura pratica e di immediata esecuzione, è l’estensione della deroga per la coltivazione nelle aree ecologiche e nelle superfici sottratte a vario titolo alla produzione. Qui sono state autorizzate non solo le coltivazioni proteiche, ma anche quelle di cereali e di semi oleosi, per tutto il 2022 e il 2023, per un totale di 4 milioni di ettari. 

Infine, per poter seminare le colture di cui oggi si ha più bisogno, l’Esecutivo comunitario ha previsto una deroga temporanea all’obbligo della diversificazione e della rotazione delle colture di cereali, sia per l’alimentazione umana che per quella animale.

Il rischio reale che abbiamo di fronte è quello di assistere ad una penuria di prodotto che, gioco-forza, inciderebbe negativamente sia sulla produttività agro-industriale, sia sulla disponibilità di prodotti allo scaffale.

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