di Vittorio Giordano
Montréal – È ‘fedele’ a Raymond Chabot da 36 anni: molisano di origine, revisore contabile di formazione, oggi tiene in ordine i conti di 125 aziende. È generoso di natura, sempre pronto ad accontentare i suoi clienti. Al punto che in molti sono diventati anche suoi amici. Ma, soprattutto, è così orgoglioso delle sue origini italiane da aver accettato (a partire dal 1º luglio) la presidenza del Centro Leonardo da Vinci, cuore pulsante della Comunità italo-montrealese. Lui è Joe Pannunzio. “Il CLDV e la Casa d’Italia – ci ha detto nel corso di un’intervista – rappresentano i nostri gioielli. Tanto che, recentemente, alcuni esponenti della Comunità ebraica di Montréal hanno visitato il Centro rimanendone impressionati. Questo perché è una struttura completa (con palestra, piscina e campi da bocce) che loro non hanno. Il merito è soprattutto dei nostri dirigenti: Joe Borsellino, Silvio De Rose e Pat Buttino. Quest’ultimo sta facendo un lavoro superbo nel diversificare le attività: corsi di cucina, classi di lingua, mostre artistiche, esibizioni teatrali e tantissime altre iniziative”. Cosa farai per rendere il Centro ancora più attraente? “ll nostro è un Centro comunitario, ma non sono solo gli italiani ad usufruirne. Ed è questa la sfida del futuro: renderlo sempre più efficiente sarà difficile, ma ci proveremo, perché c’è tanta gente in gamba che ci lavora”. Raccontaci la storia di immigrazione della tua famiglia. “I miei genitori (Antonio Pannunzio e Maria De Michelis, entrambi di Montelongo, prov. di Campobasso) sono arrivati in Canada nei primi anni ’50. Hanno lavorato duramente – papà nella costruzione e mamma nell’industria tessile – per regalare un futuro migliore al loro unico figlio. Io sono nato nel 1958, sono cresciuto nel quartiere di Mile-End, all’epoca piena di italiani, fino a 10 anni; poi ci siamo trasferiti a Saint Léonard. Mi sono sposato a 23 anni, nel 1981, con Giuliana, di origini marchigiane. Dopo essermi laureato in Contabilità alla ‘John Molson School of Business’, presso la Concordia University, dal 1984 sono iscritto all’albo dei contabili professionisti del Québec. Ho 3 figli maschi: Antony, dell’83, Roberto, dell’85, e Andrea, del ‘93. Tutti e 3 amano la lingua italiana e vanno spesso in Italia. Ho ancora famiglia in Italia e ci vado ogni due anni. Ogni volta mi sento a mio agio: affitto una macchina e vado dappertutto, senza bisogno di mappe”. Parliamo della tua carriera. “Ho cominciato a lavorare il 5 settembre del 1980 presso la “Campbell Sharp”, dove mi sono subito occupato di contabilità e revisioni, diventando partner dell’azienda nel 1989. Ho avuto lo stesso datore di lavoro per tutta la vita, visto che nel 1991 l’azienda si è fusa con la ‘Raymond Chabot’. A noi italiani piace restare fedeli e leali, soprattutto quando la compagnia apprezza il tuo lavoro e ti dà fiducia. In tutto sono 36 anni. Ad oggi gestisco 125 compagnie e molti dei miei clienti sono professionisti italiani di successo: dopo tanti anni di collaborazione, non sono più solo il loro revisore, ma anche il loro consulente, se non addirittura un loro amico. Negli uffici alla ‘National Bank Tower’, in pieno centro, siamo 8 partners, 65 impiegati in tutto. Perché la gente dovrebbe preferirci? Siamo la più grande azienda in Québec e offriamo servizi personalizzati. Per quanto mi riguarda, poi, sono una persona generosa di natura: mi piace vedere i miei clienti sorridenti e soddisfatti. Li incontro almeno 3/4 volte all’anno, ma sono sempre disponibile: siamo uomini d’affari, abbiamo la loro stessa forma mentis e cerco sempre di rendermi reperibile”. In cosa consiste il tuo lavoro? “Mi occupo di revisione dei conti, ma fornisco anche consigli per operazioni finanziarie, come nuove acquisizioni: i clienti mi coinvolgono nei loro processi decisionali. Mi considero più come un ‘problem solving’”. Parliamo delle tue origini italiane. “Sono molto orgoglioso di essere italiano e sono grato ai miei genitori e a tutti gli immigrati per tutto quello che hanno fatto: sono venuti senza niente ed hanno contribuito a costruire il Canada, una storia incredibile. È arrivato il tempo di restituire qualcosa alla Comunità. Per parecchio tempo ho fatto parte della CIBPA, partecipando al comitato delle borse di studio, e per 4 anni, dal 2004 al 2007, sono stato il tesoriere della Fondazione Comunitaria italo-canadese guidata da Mario Galella. È allora che ho potuto conoscere più da vicino la Comunità. Oggi stiamo cercando di capire come migliorarci, coinvolgendo maggiormente le nuove generazioni”. Come catturare l’attenzione dei giovani? “È la nostra sfida più grande: non ho ancora la risposta, ma ne stiamo parlando alla Fondazione: vogliamo attirare i 40enni, è tempo che anche i più giovani facciano la loro parte. È una sfida durissima, ma la mia missione è trovare il modo di coinvolgere le nuove generazioni. Non tutti possono permettersi un biglietto da 1.000 $ per il Ballo dei Governatori: bisogna trovare anche altre attività, altrettanto interessanti, per coinvolgere più gente possibile. Noi italiani siamo persone incredibili, ma a volte siamo divisi e non facciamo squadra: siamo quasi perfetti, ma potremmo essere perfetti!”.
È vero: dipende tutto da noi!