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PROTEGGERE CHI?

Le leggi sul lavoro vengono sempre annunciate dai governi come uno strumento per proteggere i lavoratori.
I Ministri ed i Parlamentari che le presentano si comportano come se l’unica caratteristica di un cittadino fosse quella di essere un lavoratore. Non esistono genitori, bambini, vicini, consumatori, pazienti, feriti, alunni e così via. Siamo solo una lunga serie di persone che lavorano, e quindi voteremo sicuramente per il governo che concede ulteriori diritti ai lavoratori. Chiedete a un genitore, che deve badare alla madre anziana e non riesce ad arrivare in tempo a prendere il figlio dall’asilo: quali sono le conseguenze per essere arrivato in ritardo all’asilo? Tutte le leggi sul lavoro sono concepite dimenticando coloro che beneficiano del lavoro degli altri.

 

Nel 2016, il governo federale ha approvato una legge che permette agli agenti della GRC (Gendarmerie Royale du Canada) di essere rappresentati da un sindacato. Se si esaminano le discussioni che si sono tenute all’epoca in Parlamento, non si trovano interventi sulla necessità di proteggere il pubblico. L’unica preoccupazione del governo era quella di difendere gli agenti di polizia, senza un reale interesse per il benessere della popolazione. Non c’è mai stato alcuno sforzo da parte degli eletti per garantire la coerenza delle leggi sul lavoro. Le leggi stabiliscono regole generali, ma non possono prevedere tutto. Le incoerenze, quindi, sono sempre all’ordine del giorno. Nel diritto del lavoro, queste si verificano regolarmente e troppo spesso. Abbiamo degli esempi anche molto recenti. La Legge sulle norme del lavoro (La Loi sur les normes du travail) stabilisce che la settimana lavorativa normale è composta da quaranta ore, oltre le quali il datore di lavoro deve pagare ogni ora aggiuntiva con una maggiorazione del 50% rispetto alla tariffa ordinaria. È quello che chiamiamo ‘lavoro straordinario’, oppure, nel linguaggio comune, overtime.

 

Tuttavia, se un dipendente ha due impieghi a tempo pieno e lavora 80 ore settimanali in tutto, non avrà diritto agli straordinari. Mi è capitato diverse volte di lavorare più di 80 ore alla settimana. Si tratta, comunque, di un’eccezione. Sono tanti i lavoratori che si trovano in questa situazione. Basti pensare ai commercialisti durante il periodo della dichiarazione dei redditi, agli operai edili quando un progetto deve essere completato, o agli infermieri che devono garantire l’assistenza dei pazienti. La particolarità risiede nel fatto che non si tratta di un orario regolare. D’altro canto, ci sono lavoratori con un doppio impiego. Lavorano per un datore di lavoro durante il giorno e per un altro la sera. Iniziano alle 7:30 e finiscono alle 15:30, poi salgono in macchina e si recano dall’altro datore di lavoro per svolgere il secondo lavoro alle 16:00 e terminare a mezzanotte. Come già menzionato, saranno pagati secondo la tariffa regolare per tutte le 80 ore, visto che lavorano per due datori di lavoro diversi.

 

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Ma cosa succede se un datore di lavoro acquista l’azienda dell’altro? Cosa succede, cioè, se le due società si fondono? La risposta svela diverse incongruenze, non solo nelle nostre leggi sul lavoro, ma anche nella loro applicazione. Innanzitutto, in caso di fusione o vendita di un’azienda, il nuovo datore di lavoro è vincolato dai contratti di lavoro preesistenti stipulati dal datore di lavoro che ha ceduto l’azienda. In altre parole, il datore di lavoro che ha acquisito l’azienda diventa ora il datore di lavoro di coloro che in precedenza lavoravano per il datore di lavoro che ha venduto l’azienda. Tuttavia, nel nostro caso, il dipendente già lavorava per lui. L’incoerenza consiste nel fatto che la legge prevede che il datore di lavoro che compra un’azienda sia vincolato da un contratto che non ha negoziato e che la legge gli impone, senza che lui possa intervenire in alcun modo. Sarebbe stato preferibile tutelare alcune condizioni di lavoro in caso di vendita dell’azienda: livello salariale, ferie, permessi. Dopo tutto, si tratta di garantire una protezione minima, non massima.

 

Un’altra incoerenza consiste nel fatto che un datore di lavoro e un dipendente non possono accordarsi per stipulare un’intesa che preveda condizioni inferiori a quelle stabilite dalla legge.

 

Prendiamo il caso di un dipendente che svolge due lavori per mantenere la famiglia. Il dipendente finisce il suo turno alle 15.30, sale in macchina, guida nell’ora di punta e si reca al suo secondo lavoro. Non sarebbe meglio per lui lavorare 16 ore al giorno nello stesso posto e con lo stesso datore di lavoro, evitando così un ulteriore spostamento per poter trascorrere più tempo con la propria famiglia?

 

Veniamo ora ad un’altra incoerenza. Seguendo il mio esempio di vendita di un’azienda, ora il dipendente lavora 80 ore con lo stesso datore di lavoro PER I SUOI DUE IMPIEGHI. Il datore di lavoro lo paga quindi 40 ore a tariffa regolare ed è obbligato a pagargli gli straordinari per le restanti 40 ore! Cosa può fare il datore di lavoro per evitare di pagare il secondo impiego come tempo straordinario? Dovrà licenziare un dipendente che vuole mantenere il suo posto di lavoro!

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