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Woven Histories: Textiles and Modern Abstraction, una mostra unica nel suo genere, da non perdere

L’esibizione alla National Gallery of Canada

 

Ed Rossbach, Damask Waterfall [Cascade damassée], 1977, cordon à passepoil en coton, tissu industriel et plastique, damas à armure satin, enroulage, 91,4 × 91,4 cm. LongHouse Reserve. Photo : © Charles Benton, avec la permission de l’Artists’ Institute

National Gallery of Canada, unica tappa canadese. Un capitolo sconosciuto della storia dell’arte. La mostra esplora il rapporto tra arte tessile ed arte astratta, raccontando la nostra vita quotidiana in un viaggio attraverso il tempo

 

OTTAWA – Un viaggio attraverso il tempo. Arte tessile ed arte astratta raccontano la nostra vita quotidiana intrecciandosi abilmente con pittura, disegno, scultura, artigianato, abbigliamento, moda e materiali innovativi, esplorandone l’evoluzione dal ‘900 ai giorni nostri. È questo l’obiettvo della mostra Woven Histories: Textiles and Modern Abstraction alla National Gallery of Canada, unica nel suo genere, assolutamente da non perdere, che esplora un capitolo sconosciuto della storia dell’arte, raccontando anche le condizioni lavorative difficili, di degrado ambientale, che hanno influenzato l’arte tessile. L’esposizione è un dialogo attraverso 130 opere che esplora l’arte del tessile, pittura, fotografie, abbigliamento, disegni, sculture, vimini, di oltre 45 artisti provenienti da paesi e generazioni diverse.  Mostra itinerante in Nord America, quella alla National Gallery of Canada è la sola tappa canadese dopo il County Museum of Art di Los Angeles, la National Gallery of Art a Washington e, dal prossimo aprile, al MoMA di New York.

 

Jeffrey Gibson, The Anthropophagic Effect, Garment No. 4 [L’effet anthropophage, vêtement no 4], 2019, toile, satin, coton, œillets en cuivre, nylon fil, babiche artificielle, moelle de rotin, perles de verre et de plastique et ruban de nylon,147,3 × 182,9 cm. National Gallery of Art, Washington, Fonds Lehrman et Fonds Millenium
Photo : © Jeffrey Gibson, avec la permission de Sikkema Jenkins & Co., New York ; Kavi Gupta Gallery, Chicago ; Roberts Projects, Los Angeles; Stephen Friedman Gallery, Londre

Curata da Lynne Cooke, la mostra è stata fortemente voluta dal dinamico Direttore generale del museo Jean-François Bélisle, un profondo conoscitore dell’arte italiana, fluente nella nostra lingua, che ha lavorato alacremente, con meritato successo per creare una collaborazione preziosa con i musei americani. “Nel ventesimo secolo, l’arte tessile è stata spesso considerata come un’arte di secondaria importanza. Unica nel suo genere, questa mostra presenta al pubblico canadese delle opere importanti che avremmo visto solo in musei all’estero, invece, oggi, è qui per tutti noi e, questo, solo grazie alla nostra partnership fruttuosa con i musei americani”.

 

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Da Lynne Cooke, curatrice della poliedrica mostra e profonda conoscitrice dell’arte tessile, l’idea di esplorare e raccontare attraverso le opere gli aspetti sociali, politici, economici e le condizioni di lavoro, estremamente difficili, in differenti parti del globo, che hanno influenzato l’arte tessile. Proprio l’abbigliamento, nei decenni, diventa strumento essenziale di creatività che racconta la propria identità nella società.

 

Grande soddisfazione da parte della curatrice, dopo l’inaugurazione di qualche giorno fa: “Ho constatato che il pubblico ha riflettuto sulle opere, c’è stato molto interesse e curiosità”. Diversi gli artisti protagonisti della mostra, tra cui Anni Albers, figura essenziale degli anni Venti del ventesimo secolo, Jeffrey Gibson, artista americano presente alla Biennale di Venezia fino al 24 novembre, Ruth Asawa, Yayoi Kusama, Martin e Rosemary Trockel e Ed Rossbach “conosciuto – come spiega Lynne Cooke – per la tecnica dell’intreccio che ha cambiato tutta la prospettiva dei suoi cesti”.

 

Entrando nella prima sala della mostra, colpisce l’artista italiana Marisa Merz, con una delle sue opere Sans Titre, a cui emerge una rete sottile di fili di rame che sembra disegnare delicatamente il viso di una donna. L’artista, appartenente al movimento italiano dell’Arte Povera, ha saputo introdurre, negli anni ’70, tecniche innovative, utilizzando materiali come il rame ed il nylon che derivano dall’artigianato o dalle attività come il cucito, elevandole a forma di arte contemporanea. Proprio sull’artista italiana, la riflessione di  Lynne Cooke: “Marisa Merz  esplora forme geometriche con materiali e tecniche non tradizionali che ci riconducono alla figura femminile, con un chiaro riferimento all’artigianato locale, dando una lettura di femminismo nelle sue opere, come l’opera realizzata su diversi strati di carta con matita, il viso di una donna coperto da un velo creato con materiale innovativo come il rame, dove l’idea del velo è quella di una membrana che copre il viso fragile della donna, quasi a raccontare un compromesso tra pubblico e privato”. La mostra, inaugurata solo da pochi giorni, rimarrà alla National Gallery of Canada fino al 2 marzo. Il giovedì pomeriggio, dalle ore 17.00 alle 20.00, ingresso gratuito ed il fine settimana, Espace Création, dedicato a tutta la famiglia.

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