(Adnkronos) – “Sono tante le pazienti che soffrono di tumore al seno metastatico e sono tanti anche i loro bisogni insoddisfatti. Un aspetto importante di cui parlare è la qualità della vita, in quanto i nuovi farmaci salvavita sono molto importanti, ma seppur mirati lasciano strascichi, quindi è necessario anche prendere in considerazione che si vuole vivere e non sopravvivere. Il motto principale è questo”. Lo ha detto Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia Aps, intervenuta a margine dell’evento di presentazione della campagna di sensibilizzazione ‘In seno al futuro’ promossa da Daiichi Sankyo e AstraZeneca e realizzata con la collaborazione delle associazioni pazienti A.N.D.O.S. onlus nazionale e Europa Donna Italia Aps, della Società italiana di psico-pncologia (Sipo), e con il patrocinio di Fondazione IncontraDonna e Salute Donna Odv. La campagna è dedicata al tumore al seno metastatico e nasce dall’esigenza di rispondere ai bisogni insoddisfatti delle donne che convivono con questa diagnosi.
“Il secondo aspetto importante – spiega D’Antona – è che questi farmaci a disposizione e approvati dagli enti regolatori in realtà arrivano in ritardo negli ospedali e dunque a disposizione delle donne. C’è uno studio dell’Ocse, infatti, che pone l’Italia al decimo posto tra i vari Paesi europei per la velocità di approvazione e messa a disposizione dei farmaci. In Germania, per esempio, l’approvazione arriva in 3 mesi, mentre per noi ci vogliono dai 12 ai 14 mesi e per una donna in queste condizioni è un tempo di attesa troppo lungo. Pertanto, il nostro augurio di oggi è sollevare il bisogno, ma anche trovare delle soluzioni”.
“Il supporto psico-oncologico è un elemento per cui ci stiamo battendo da molto tempo, le linee guida internazionali ne illustrano la necessità, ma in realtà, andando a vedere ciò che succede negli ospedali, ciò non accade – rimarca D’Antona – Quasi la totalità delle pazienti chiedono di poter ricevere un supporto psicologico, circa il 94-95%, ma solo una paziente su 4 riesce a iniziare il percorso, senza neanche completarlo. L’ideale sarebbe iniziarlo dal momento della diagnosi fino al completamento della cura, ma questo non avviene ancora e ci stiamo battendo affinché le cose migliorino”.