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Meloni all’Onu: “Destino ci sfida, Italia pronta a fare sua parte”

(Adnkronos) – Il “domino” prodotto dall’aggressione russa all’Ucraina, con “effetti destabilizzanti” che vanno ben “oltre i confini nella quale si consuma”. Muove da qui, dalla guerra a Kiev, l’intervento della premier Giorgia Meloni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tredici minuti e una manciata di secondi per far sentire la voce dell’Italia sulle sfide “dell’epoca molto complessa” che ci troviamo a vivere -non ultima l’Intelligenza artificiale- e che ci “impone di ragionare in un modo completamente nuovo”, ovvero “fuori dagli schemi che abbiamo conosciuto nel passato”.  

Il mondo è cambiato, il messaggio della leader italiana, e non si può più dividerlo in “blocchi omogenei”, la sfida che ci attende “è un cambio deciso di paradigma nei rapporti tra le Nazioni e nel funzionamento degli organismi multilaterali, l’obiettivo – indica la presidente del Consiglio – è costruire un modello di cooperazione completamente nuovo”. Che muova, però, da quegli stessi principi e valori messi nero su bianco nella Carta delle Nazioni Unite, al giro di boa degli 80 anni nel 2025, e “che in questo tempo sono stati messi in discussione addirittura da un membro permanente del Consiglio di sicurezza”, scandisce Meloni, chiamando ancora una volta in causa Mosca. Sulla difesa di quei valori “l’Italia non intende arretrare. Perché sono principi e valori posti a garanzia di tutti, soprattutto delle Nazioni che hanno meno strumenti per difendersi”.  

Per questo, “non possiamo voltarci dall’altra parte di fronte al diritto dell’Ucraina a difendere le sue frontiere, la sua sovranità, la sua libertà. Così come affermiamo il diritto dello Stato di Israele di difendersi da attacchi esterni, come quello orribile del 7 ottobre scorso, ma allo stesso tempo -rimarca la premier, con quella che suona come una ‘bacchettata’ – chiediamo ad Israele di rispettare il diritto internazionale, tutelando la popolazione civile, anch’essa vittima in gran parte di Hamas e delle sue scelte distruttive”. 

 

L’Italia sostiene, “ovviamente, anche il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato. Ma affinché questo possa vedere presto la luce è necessario che i palestinesi lo affidino a una leadership ispirata al dialogo, alla stabilizzazione del Medio Oriente e all’autonomia”. In quella terra martoriata, “l’imperativo è raggiungere, senza ulteriori ritardi, un cessate il fuoco a Gaza e l’immediato rilascio degli ostaggi israeliani. Non possiamo più assistere – scandisce Meloni – a tragedie come quelle di questi giorni nel Sud e nell’Est del Libano, con il coinvolgimento di civili inermi, tra cui numerosi bambini”.  

E’ necessario un cambio di passo, sulle guerre e negli scenari di crisi che infiammano il pianeta. Meloni ‘chiama’ alla solidarietà per il popolo venezuelano: “è nostro dovere alzare la voce”, dice, ed è la mossa che non ti aspetti. Quindi rivendica, quanto a cambi di passo, la “svolta che l’Italia ha impresso ai propri rapporti con l’Africa” attraverso il Piano Mattei, portato avanti “senza mai smettere di coinvolgere e confrontarci con i nostri interlocutori africani. Perché il nostro intento non è imporre, ma condividere”.  

 

Dunque Meloni affronta il capitolo dell’emergenza migranti, focus del suo intervento dello scorso anno, quando esordì per la prima volta all’Unga puntando il dito contro ‘lo scempio’ che si consumava nei nostri mari in un silenzio complice, esortando l’Onu a dichiarare una guerra globale ai trafficanti di esseri umani. “Sono felice che quell’appello non sia caduto nel vuoto”, riconosce Meloni, “ma bisogna fare di più. Le Nazioni Unite devono fare di più”. Perché, “che, piaccia o no, i problemi di oggi ci coinvolgono e riguardano tutti” e “dobbiamo saperci mettere in discussione, con umiltà e consapevolezza”.  

 

Da qui la riflessione della premier sul multilateralismo, che chiama in causa anche la governance delle Nazioni Unite, a partire dalla riforma del Consiglio di sicurezza motivo di frizioni e malcontento, anche per l’Italia. Meloni torna a ribadire che un ‘restyling’ non può “prescindere dai principi di eguaglianza, democraticità e rappresentatività. Sarebbe un errore creare nuove gerarchie, con nuovi seggi permanenti. Siamo aperti a discutere la riforma senza alcun pregiudizio, ma vogliamo una riforma che serva a rappresentare meglio tutti, non a rappresentare meglio alcuni”, mette in chiaro con voce severa. Bastone e carota. Perché la chiusa del suo intervento è un invito ad andare avanti uniti che suona come una carezza.  

“Il destino ci sfida, ma in fondo lo fa per metterci alla prova. Nella tempesta, possiamo dimostrare di essere all’altezza del compito che la storia ci ha dato. Dimostrarlo ai cittadini che governiamo, dimostrarlo ai nostri figli. Dimostrarlo a noi stessi, forse soprattutto a noi stessi, perché come diceva un grande patriota italiano, Carlo Pisacane, protagonista di quel Risorgimento che fece dell’Italia una Nazione unita, “ogni ricompensa la troverò nel fondo della mia coscienza”. Affrontare i problemi piuttosto che rinviarli, avanzare piuttosto che indietreggiare, preferire ciò che è giusto a ciò che è utile, questo è il nostro compito, difficile ma necessario. L’Italia, come sempre, è pronta a fare la sua parte”, assicura Meloni. (dall’inviata Ileana Sciarra) 

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