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Da sinistra: la curatrice indipendente Ji-Yoon Han, il curatore della mostra Florent To Lay e il professore dell’Univesité de Montréal Philippe Despoix
Sander Sardinia 1927, la suggestiva mostra proposta dall’IIC

Lo scorso 18 settembre è stata inaugurata all’Istituto Italiano di Cultura di Montréal la mostra fotografica Sander Sardinia 1927, alla presenza di tre insigni ospiti d’eccezione

Veduta panoramica della sala conferenze dell’IIC

 

Servizio fotografico: Antonio Serrafiore – Il Cittadino

MONTRÉAL – Per la prima volta nel continente americano sarà possibile visitare, fino al 20 dicembre 2024 nei locali dell’Istituto Italiano di Cultura, la mostra fotografica Sander Sardinia 1927. Organizzata dall’istituzione tricolore, in collaborazione con l’Associazione Sardi del Québec, ha preso ufficialmente il via lo scorso 18 settembre con il vernissage d’apertura. Per l’occasione, hanno partecipato all’evento il professore di Letteratura comparata all’Univesité de Montréal Philippe Despoix, la curatrice indipendente Ji-Yoon Han e il curatore della mostra Florent To Lay.

 

L’esposizione, che inizia con il video-documentario introduttivo August Sander, voyage en Sardaigne di Reiner Holzemer, presenta 40 fotografie inedite e rari autocromi, selezionati da un insieme di 300 negativi, realizzati nella primavera del 1927 dal fotografo tedesco August Sander (1876-1964), uno dei padri della fotografia moderna. L’obiettivo di quest’ultimo era raccontare – con lo stile documentaristico, etnografico proprio del grande maestro della fotografia, secondo il suo motto “Guardare, osservare, riflettere” – la profonda transizione socio-economico-culturale della Sardegna della fine degli anni venti del secolo scorso. La visione della mostra permette di cogliere l’interesse dell’artista,  sia ai grandi centri che ai luoghi più isolati, ma anche alla vita urbana e rurale, e  l’importanza che viene data alla gente comune: contadini, minatori, donne che lavorano nei campi, bambini. Osservare le istantanee permette al pubblico di scoprire l’immensità e la ricchezza del mondo sardo in tutte le sue sfaccettature.

 

La serata d’inaugurazione è stata introdotta dal Direttore dell’IIC, Sandro Cappelli, con i saluti di benvenuto al numeroso pubblico accorso. Ha, quindi, introdotto gli interventi degli autorevoli relatori. Il prof. Philippe Despoix ha inizialmente centrato il suo intervento sulla evoluzione della fotografia in Germania, accennando al ruolo rilevante sempre più crescente dei media per la sua diffusione. Si è, poi, soffermato su August Sander, sottolineando l’importanza del suo ruolo propulsivo nel panorama tedesco e internazionale. Florent To Lay, a seguire, ha spiegato, a grandi linee, il significato del progetto della mostra, facendo riferimento  al contesto storico della Germania, dell’Italia e, più nello specifico, della Sardegna della fine degli anni ‘20, alla fase iniziale del turismo moderno, al primitivismo, all’esotismo e all’idealizzazione dell’isola, allo stile documentaristico utilizzato dall’artista e all’attualità dei temi trattati. La curatrice indipendente JiYoon Han ha sviluppato il suo intervento sulla comparazione del lavoro del fotografo tedesco con quello dell’italiana Tina Modotti (1896-1942). La serata si è conclusa in modo conviviale nel corso della quale si è gustato il gradevole aperitivo a base di prodotti tipici sardi, offerto dall’Associazione Sardi del Québec.

 

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Noi de Il Cittadino Canadese eravamo presenti all’evento e, nell’occasione, abbiamo intervistato Florent To Lay, il curatore della mostra.

“Sono veramente contento del successo che ha ottenuto questa serata – ha esordito Florent To Lay – perché Sander merita di essere approfondito. È riconosciuto da tutti come uno dei grandi della fotografia, anche se solo in pochi sono a conoscenza di questo progetto sulla Sardegna. Infatti, io stesso, che ho molto studiato questo maestro della fotografia, inizialmente conoscevo i suoi lavori sulla sua Germania”. Florent ha raccontato che il suo interesse per lo studio di Sander è nato durante il suo percorso universitario. Nel tempo, la sua ricerca si è rivolta agli aspetti meno noti anche agli addetti ai lavori. “Ho voluto concentrarmi su una piccola parte del lavoro del tedesco, svolto in un mese della primavera del 1927, quando il fotografo, in compagnia dell’amico scrittore Ludwig Mathar, è andato in Sardegna. Il loro obiettivo era quello di preparare un libro illustrato che presentasse l’isola italiana. Sander si sarebbe occupato dell’aspetto fotografico; Mathar invece della parte scritta. Attraverso la lente della macchina fotografica e il suo stile documentarista – ha continuato – Sander ha cercato di raccontare la verità. E lo ha fatto analizzando tutti gli aspetti dell’isola: persone, architettura, paesaggi.  Contrariamente ad altri professionisti che si concentrano su un solo soggetto, era interessato a tutti gli aspetti della Sardegna. Inoltre, si è reso conto dell’importanza di coloro che in francese definiamo les petites gens: contadini, minatori, donne del campo, bambini. Quelle persone spesso dimenticate. Le ha fotografate nello stesso modo in cui si fotografano persone importanti, a dimostrazione che con i suoi scatti non faceva distinzioni, volendo rappresentare la realtà nella molteplicità dei suoi aspetti”.

 

Il curatore della mostra Florent To Lay

 

Florent To Lay ha tenuto ad evidenziare, a conclusione dell’intervista, che “il progetto che ha dato vita alla mostra Sander Sardina 1927 è stata un’occasione unica per capire più nel profondo il personaggio di August Sander, sia come uomo, sia come fotografo, e per scoprire la misteriosa, intrigante e affascinante terra sarda”.

 

La mostra, a ingresso gratuito, sarà aperta al pubblico fino al prossimo 20 dicembre, dal lunedì al giovedì (9:00-13:00 e 15:00-17:00) e venerdì (9:00-13:00). Sarà possibile acquistare il catalogo in quattro lingue (italiano, inglese, francese e tedesco), realizzato appositamente per quest’esposizione, a cura di Florent To Lay, impreziosito da 22 scatti di Sander, un’intervista a Oliviero Toscani ed estratti di elaborati del fotografo, dell’amico Ludvig Mathar e dello scrittore italiano Elio Vittorini.

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