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Omicidio Cecchettin, per Turetta sarà processo lampo: “Pronto a parlare per onorare Giulia”

(Adnkronos) – Filippo Turetta è pronto a farsi interrogarsi e a rispondere a tutte le domande, “anche per onorare la memoria” di Giulia Cecchettin. Il ventiduenne studente, imputato per omicidio volontario aggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere, non si vuole sottrarre alle sue responsabilità ed è pronto a confessare, davanti alla corte d’Assise di Venezia, ogni dettaglio del femminicidio dell’ex fidanzata, uccisa con 75 coltellate. L’annuncio è arrivato ieri, nel giorno della prima udienza del processo che si celebra davanti al collegio presieduto dal togato Stefano Manduzio – otto i giudici popolari fra cui tre donne – dove l’assenza dell’imputato, detenuto nel carcere di Verona, fa discutere.  

Il posto vuoto, nell’aula senza celle, non interessa Gino Cecchettin, papà della laureanda di Vigonovo (Padova): “È una sua scelta esserci o non esserci, non sta a me giudicare. Io a Filippo Turetta non avrei nulla da dire”. Per la nonna paterna della vittima, Carla Gatto, “forse la sua presenza sarebbe stata giusta, mentre per il procuratore capo di Venezia Bruno Cerchi “sarebbe grave se l’imputato non partecipasse a un processo pubblico per la pressione mediatica che c’è stata fin dal primo momento”.  

L’accordo tra le parti – c’è il sì unanime all’acquisizione del fascicolo della procura e alla rinuncia ai testimoni del pm e della difesa – taglia le gambe ai tempi della giustizia e cancella ogni ipotesi di spettacolarizzazione: Turetta sarà l’unico testimone e sarà interrogato il prossimo 25 e 28 ottobre. Poi sono fissate altre due udienze per la discussione (25 e 26 novembre) e il 3 dicembre è atteso il verdetto. Il processo ‘lampo’ – in tutto sei udienze – ha un duplice obiettivo per i legali di Turetta, gli avvocati Giovanni Carusi e Monica Cornaviera: veder ‘premiato’ il comportamento dell’imputato, che ha chiesto di essere interrogato, e spegnere i riflettori sul delitto dell’11 novembre del 2023.  

“Filippo sa che ha il dovere di dover rendere conto al suo giudice. Fare in fretta è anche nell’interesse dell’imputato e la rapidità è un ingrediente essenziale della giustizia. Poi sarà la corte d’Assise a stabilire se merita l’ergastolo oppure un ragazzo di 22 anni può essere condannato a trent’anni”, spiega il legale Caruso.  

Un altro risultato di ieri è che il caso più mediatico della cronaca recente è diventato un affare ‘privato’: la corte d’Assise di Venezia ha rigettato la costituzione come parti civili di quattro associazioni contro la violenza di genere, di Penelope l’ente che si occupa di persone scomparse, e dei Comuni di Fossò (luogo del delitto) e di Vigonovo dove la ventiduenne viveva. Solo la famiglia Cecchettin può vantare un danno diretto per la morte di Giulia: più di due milioni la somma chiesta come risarcimento (un milione per il padre, 380mila per il fratello Davide e cifra simile per la sorella Elena – entrambi assenti in aula per impegni di studio -, 150mila euro ciascuno per lo zio Alessio e la nonna).  

Se a dicembre, a poco più di 11 mesi dal femminicidio della giovane appassionata di fumetti, Turetta riceverà il suo primo verdetto – l’ergastolo resta l’ipotesi più probabile viste le aggravanti della premeditazione e della crudeltà -, la vera condanna è dipinta sul volto di Gino Cecchettin che mostra orgoglioso una spilla con l’immagine sorridente di Giulia, ma affronta con voce rotta dal dolore le domande dei giornalisti. ”Non mi auguro nessuno tipo di vendetta o di favore, sono sicuro che i giudici decideranno al meglio. Ho piena fiducia nelle istituzioni, la pena che decideranno sarà quella giusta. Essere qui, risentire quello che è successo, rinnova il mio dolore: oggi non sto sicuramente bene e non c’è giorno che non pensi alla mia Giulia”.  

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