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Danni gravi al cervello inalando Fentanyl, allarme dopo il primo caso

(Adnkronos) – Lo hanno trovato nella sua stanza d’albergo, sconnesso dal mondo, incapace di rispondere alle domande, di eseguire semplici comandi. L’origine della sua sindrome? L’inalazione di Fentanyl, potente oppioide sintetico responsabile di un alto numero di morti di overdose negli Stati Uniti, rilevato anche in Italia in questi giorni fra gli ingredienti di una dose intercettata in Umbria. E’ allerta per i danni potenzialmente irreversibili al cervello scatenati da quella che è stata definita ‘droga degli zombie’. Protagonista del primo caso osservato dagli scienziati di leucoencefalopatia tossica legata al Fentanyl inalato è un uomo di mezza età. La sua storia è descritta sulle pagine della rivista ‘Bmj Case Reports’.  

Sniffare questo oppioide sintetico, avvertono i medici autori dell’analisi, può avere conseguenze gravi e durature. L’uomo era in uno stato non responsivo quando è arrivato all’attenzione dei camici bianchi: la leucoencefalopatia, entrano nel dettaglio gli autori, si presenta come un’infiammazione, un danno alla sostanza bianca del cervello, alla rete di fibre nervose che consente lo scambio di informazioni e la comunicazione tra diverse aree della materia grigia del cervello. Questa sindrome neurologica improvvisa o di lunga durata era già stata segnalata in relazione all’eroina e alla pratica nota come ‘chasing the dragon’, inseguire il dragone, che consiste nell’inalare i vapori dell’eroina scaldata su un foglio di alluminio. Questo è il primo caso segnalato come associato al Fentanyl, affermano gli autori del rapporto. 

 

La condizione si manifesta con vari segni e sintomi, i più evidenti sono cambiamenti neurologici e comportamentali: si va dalla lieve confusione all’assenza di reattività, fino al coma e alla morte. Le prospettive per le persone colpite dalla sindrome dipendono generalmente dall’entità della lesione della sostanza bianca, spiegano gli esperti. Alcune persone guariranno completamente, altre peggioreranno progressivamente. In questo caso, l’uomo non aveva precedenti problemi di salute di rilievo, è rimasto incosciente per un periodo di tempo di durata non nota nella camera d’albergo, su un tavolo vicino sono state trovate pillole frantumate non identificate e un residuo bianco.  

 

All’arrivo in ospedale, il paziente non era in grado di rispondere a domande o eseguire comandi. Ha risposto agli stimoli del dolore alle gambe, ma non alle braccia. Una scansione cerebrale ha rivelato infiammazione della sostanza bianca, gonfiore e lesioni al cervelletto, la parte del cervello responsabile dell’andatura e dell’equilibrio. L’uomo è risultato negativo all’epilessia. Uno screening delle sostanze ha restituito risultati negativi, ma un test separato delle urine ha indicato un livello molto elevato di Fentanyl, il che – ragionano gli autori del report – suggerisce una diagnosi di leucoencefalopatia tossica indotta dall’inalazione dell’oppioide sintetico. 

Diciotto giorni dopo, l’uomo era ancora costretto a letto e aveva bisogno di essere alimentato tramite un sondino. Gli sono stati somministrati diversi farmaci per trattare l’incontinenza urinaria, il danno renale, il deterioramento cognitivo, la sospetta astinenza da oppioidi, il dolore e l’agitazione e la polmonite. Dopo 26 giorni è stato dimesso e destinato a una struttura riabilitativa. Trascorso un altro mese è tornato a casa con il supporto della fisioterapia ambulatoriale e della terapia occupazionale. Di tempo ne è passato tanto prima di una ripresa. Poco meno di un anno dopo il ricovero in ospedale, continuano a illustrare gli autori, il paziente si era finalmente ripreso completamente ed era tornato a lavorare a tempo pieno. E ora descrive la sua guarigione come “miracolosa”, commentando l’incidente che lo ha visto protagonista.  

 

“All’inizio – ricorda – sembrava che avrei avuto bisogno di cure 24 ore su 24 dopo essere stato dimesso, ma mi sono concentrato e ho lavorato duro”. L’uomo ha espresso gratitudine a tutti gli operatori sanitari che gli hanno salvato la vita e permesso di tornare alla vita che aveva prima: “Mi pento spesso di ciò che ho fatto a me stesso, a mia moglie e alla mia famiglia”. Questo caso, concludono gli autori del rapporto, supporta “la necessità di includere il Fentanyl negli screening di routine delle urine per un’identificazione precoce e una gestione appropriata”.  

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