(Adnkronos) – “Le malattie cardio, cerebro e vascolari, che rappresentano ancora oggi la prima causa di mortalità in Italia con oltre 216.000 decessi nel 2021 pari al 31% dei decessi complessivi avvenuti nel nostro Paese, sono al centro, nelle ultime settimane di un vivace dibattito parlamentare con diverse risoluzioni che evidenziano la necessità di un Piano nazionale dedicato a queste patologie, come sta avvenendo in altri Paesi europei”. E’ quanto hanno evidenziato gli esperti intervenuti all’evento ‘Cardiovascular Health for All – Quali prospettive per l’Italia’, realizzata da Meridiano Cardio, la piattaforma di discussione e dialogo sulle patologie cardio, cerebro e vascolari di The European House – Ambrosetti (Teha), in collaborazione con l’Intergruppo Parlamentare per le malattie cardio, cerebro e vascolari.
“Oggi queste patologie hanno impatti importanti in termini di elevate mortalità, incidenza, prevalenza, su cui incidono fattori di rischio e sindromi concomitanti – il rischio di contrarre malattie cardiovascolari, ad esempio si manifesta con una probabilità più elevata nella popolazione con malattie metaboliche (fino a 4 volte maggiore nella popolazione diabetica) – e hanno un significativo ‘burden’ economico (42 miliardi di euro l’anno tra costi sanitari diretti e costi indiretti)”, hanno ricordato gli esperti.
La richiesta di un Piano, “che assicura una visione unitaria e condivisa tra i vari stakeholder”, va nella direzione di “migliorare la gestione di questi pazienti e conseguentemente i loro risultati di salute, attraverso una serie di interventi in alcuni ambiti prioritari di intervento”. Meridiano Cardio ha individuato 6 ambiti prioritari, tra cui: le attività di prevenzione primaria e secondaria e di diagnosi precoce, l’accesso all’innovazione tecnologica e farmacologica, l’aderenza terapeutica, la telemedicina e gli altri strumenti di sanità digitale, la continuità di cura tra i diversi setting assistenziali e il coinvolgimento ed empowerment del paziente.
“Gli indicatori sono non solo uno strumento di monitoraggio ma anche uno strumento di indirizzo e programmazione. Se non definiamo per ciascun ambito di intervento degli indicatori di monitoraggio, non sapremo mai se le azioni implementate a livello locale e regionale abbiano consentito un miglioramento dello stato di salute della popolazione e di migliorare l’efficacia e l’efficienza del sistema. – ha affermato la Senatrice Elena Murelli, Promotrice dell’Intergruppo Parlamentare per le malattie cardio, cerebro e vascolari. Gli indicatori, infatti, misurando i cambiamenti che si verificano nei fenomeni che osserviamo, permettono di orientare i processi decisionali”.
Negli anni sono stati sviluppati numerosi indicatori riferiti alle patologie cardio, cerebro e vascolari da parte di Agenas con il Piano Nazionale Esiti e il monitoraggio della Rete cardiologica, e del Ministero della Salute, attraverso il Nuovo sistema di garanzia (Nsg) per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria. Il Gruppo di lavoro di Meridiano Cardio ha censito un totale di 75 indicatori, ben 46 riguardano l’ambito cardiologico, 20 l’ambito vascolare e 9 l’ambito cerebrovascolare. Focalizzando l’attenzione sull’ambito cardiologico, che è stato oggetto dell’incontro, 32 indicatori si riferiscono all’ambito ospedaliero, vale a dire alle procedure cardio-chirurgiche e alla gestione dell’Ima in fase acuta, e 14 al territorio, alla gestione della fase post-infarto e dello scompenso cardiaco.
“La rete dell’infarto miocardico acuto in Italia funziona garantendo circa 600 interventi di angioplastica per milione di abitanti in modo abbastanza omogeneo sul territorio nazionale e questo anche grazie al Piano nazionale esiti di Agenas che ha stimolato l’implementazione della rete e delle procedure in urgenza – ha aggiunto Giuseppe Musumeci, coordinatore Scientifico del Gruppo Tecnico per l’elaborazione di proposte per l’attuazione e l’evoluzione della rete cardiologica per l’emergenza di Agenas – Gli attuali indicatori che riguardano gli interventi sulle valvole cardiache non tengono però conto della recente introduzione delle tecniche mini-invasive (Tavi e clip mitraliche) operate dai cardiologi interventisti alternative alle tecniche tradizionali di cardiochirurgia. È fondamentale quindi implementare degli indicatori di volume ed esiti di queste tecniche mini-invasive in modo da poter distinguere le due tipologie di interventi e monitorare gli outcome di questi interventi (che attualmente sono circa un terzo delle procedure totali) per garantire volumi ed esiti eccellenti ed omogenei sul territorio nazionale”.
“Recentemente il gruppo tecnico di Agenas, partendo dai risultati positivi ottenuti dalla rete dell’urgenza cardiologica, ha individuato 4 nuovi indicatori per migliorare i risultati oggi meno incoraggianti nella gestione del paziente dopo l’evento acuto. Sono infatti rilevanti: l’individuazione dei pazienti ad alto rischio ischemico residuo, in particolare quelli con ridotta funzione cardiaca, l’avvio a un programma di riabilitazione cardiaca e il raggiungimento del target lipidico – ha affermato Fabrizio Oliva, presidente di Anmco – Nell’ambito dello scompenso cardiaco oltre al mantenimento dell’indicatore di processo riguardante l’ospedalizzazione sarebbe importante monitorare l’utilizzo dei trattamenti farmacologici raccomandati che hanno dimostrato di modificare positivamente la prognosi di questi pazienti”.
Dalla mappatura realizzata da Meridiano Cardio, “si rileva nuovamente come l’assistenza territoriale sia sottodimensionata in termini di indicatori monitorati. Dopo la recente introduzione di indicatori di prevenzione secondaria, continuano a mancare indicatori relativi alla diagnosi precoce, all’aderenza terapeutica e alla telemedicina – ha sottolineato Pasquale Perrone Filardi, presidente di Società italiana Cardiologia – L’individuazione anche per questi ambiti di indicatori misurabili che guardino a screening cardiologici, semplificazione delle terapie – anche attraverso il ricorso alle associazioni fisse – e utilizzo della telemedicina, è fondamentale per migliorare la gestione dei pazienti e contribuire alla sostenibilità del Ssn”.