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Riforme, il 27 febbraio costituzionalisti e intellettuali bipartisan per evitare referendum

(Adnkronos) – Una maratona oratoria per evitare il referendum confermativo sul premierato con l’approvazione a maggioranza di due terzi delle Camere. E’ l’iniziativa di costituzionalisti e intellettuali bipartisan facenti capo a Libertà Eguale, Fondazione Magna Carta e Io Cambio che martedì 27 febbraio alla
Sala Umberto di Roma convocano “personalità libere e indipendenti” per discutere del tema puntando al dialogo invece che allo scontro. La maratona sarà annunciata durante la presentazione, prevista martedì 19 presso la Sala Caduti di Nassirya del Senato, dell’iniziativa sul premierato assunta dalle tre associazioni a cui interverranno Gaetano Quagliarello, Giuseppe Calderisi, Stefano Ceccanti, Natale D’Amico, Nicola Drago, Enrico Morando, Antonio Polito. 

“Esistono oggettivamente le condizioni tecniche per giungere ad un modello (di riforma – ndr) condiviso. Noi intendiamo lavorare per costruirne le condizioni politiche, superando le già incombenti promesse di sfide referendarie, che rischierebbero di essere attratte nella contrapposizione tra Governo e opposizione pro-tempore, rendendo del tutto marginale il contenuto effettivo della riforma e i suoi riflessi sul Paese”, si legge nella convocazione. Oltre ai rappresentanti di Libertà Eguale, Fondazione Magna Carta e Io Cambio, interessante il parterre dei partecipanti ad oggi previsti: Marco Bentivogli, Salvatore Bonfiglio, Corrado Caruso, Elisabetta Catelani, Stefano Ceccanti, Ludovica Chiussi Curzi, Francesco Clementi, Giovanni Cominelli, Salvatore Curreri, Luca Diotallevi, Nicola Drago, Carlo Fusaro, Pietro Ichino, Claudia Mancina, Alberto Mingardi, Enrico Morando, Andrea Morrone, Magda Negri, Pasquale Pasquino, Claudio Petruccioli, Umberto Ranieri, Michele Salvati, Mario Segni, Serena Sileoni, Alessandro Sterpa, Diletta Tega, Giorgio Tonini, Salvatore Vassallo, Giulio Vigevani. 

Cinque i punti condivisi dal Gruppo intorno ai quali sarà strutturato il confronto: “La riforma della Seconda Parte della nostra Costituzione è necessaria – si legge al primo punto – Essa mira a risolvere problemi lasciati consapevolmente aperti alla Costituente (a causa della situazione internazionale e della conseguente sfiducia reciproca tra le principali forze politiche) e mai risolti fino ad oggi”. In secondo luogo, “la riforma deve essere il frutto della più ampia convergenza possibile sia nel Parlamento sia nella società, puntando all’approvazione a maggioranza di due terzi nelle Camere. Ciò in quanto sul piano istituzionale è bene che le regole del gioco siano condivise: quando ciò accade sono più forti il Paese e il suo sistema politico; sul piano politico niente giustifica atteggiamenti di delegittimazione reciproca e, sul piano tecnico, se si considerano diversi progetti più o meno recenti, le distanze – per quanto significative – appaiono colmabili”. 

Quindi il gruppo bipartisan individuando una “ragionevolezza” nel modello premierato, al terzo punto afferma: “Alla luce delle posizioni espresse dalle forze politiche nel corso dei precedenti tentativi di riforma, noi – superando le preferenze di ciascuno per specifici e differenti modelli -, riteniamo ragionevole ed opportuno che si prenda a base la proposta del cosiddetto “premierato” (o forma di governo neo-parlamentare). Essa ha il vantaggio, se ben costruita, di assecondare dinamiche già in atto, a partire dal ritorno a Governi a legittimazione elettorale, cambiando senza sovvertire l’equilibrio degli organi costituzionali”.  

Riflettori sui limiti del modello di riforma proposto dal Governo al punto 4: “Il principale limite del testo del Governo è quello di partire dall’elezione diretta del Primo ministro, anziché dalla definizione dei suoi poteri. È un limite speculare a quello che si rinviene nella posizione assunta dai principali gruppi d’opposizione, che a loro volta si concentrano sul no all’elezione diretta, ancor prima di considerare le prerogative del Primo ministro. Questo, a nostro avviso, deve essere dotato di poteri di tipo “europeo “, ispirandosi alle esperienze dei governi parlamentari che si sono dimostrati più efficienti in materia di fiducia, sfiducia, indizione di elezioni anticipate, nomina e revoca dei ministri”.  

Ed il discusso richiamo al quinto punto alla scheda elettorale: “Dal momento che il Primo Ministro è chiamato ad esercitare tali importanti prerogative, la sua legittimazione elettorale deve essere molto forte. Il cittadino elettore deve essere arbitro dalla scelta della maggioranza e del Premier. Quello che in altri sistemi avviene per via di convenzioni e consuetudini – ossia la legittimazione diretta di una maggioranza e di un Premier -, nel nostro contesto deve essere regolato in modo trasparente ed esplicito anche sulla scheda elettorale”. (di Roberta Lanzara) 

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