(Adnkronos) – Il compositore e pianista Giovanni Allevi si racconta sul palco di Sanremo, mette a nudo la sua esperienza di malattia, condivide con il pubblico il modo in cui il mieloma multiplo gli ha cambiato la vita e la visione sul futuro e nel farlo “menziona la ricerca”. E’ uno dei passaggi su cui l’oncologo Giuseppe Curigliano si sofferma. “Perché questo è un supporto a un concetto importante: si cura meglio dove si fa ricerca”, evidenzia all’Adnkronos Salute, commentando il toccante discorso del musicista, il quale ha ringraziato i medici e anche i pazienti che come lui affrontano un tumore. “Noi vediamo ogni giorno pazienti come lui, persone straordinarie che affrontano il loro percorso di cura con grande coraggio e determinazione – osserva il direttore della Divisione di sviluppo nuovi farmaci per terapie innovative dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) e professore di oncologia medica dell’università degli Studi di Milano – e molte di loro hanno anche la generosità di partecipare in prima persona a studi clinici, con la speranza che quel trial possa offrire opportunità migliori rispetto allo standard di cura”.
Ricerca e speranza, due parole che si intrecciano. “Il mondo dell’oncologia è un mondo che è stato sempre all’estremo della sperimentazione – ragiona Curigliano – perché le nostre sono malattie difficili da gestire, difficili da guarire, e anche da curare quando c’è una forma metastatica. Accedere a un centro di riferimento dove si fa sperimentazione clinica significa inevitabilmente anche curarsi meglio. ‘Si cura meglio dove si fa ricerca’ era anche il motto quando l’Istituto europeo di oncologia venne fondato da Umberto Veronesi”, ricorda. E la ricerca sta aprendo nuove strade che portano al futuro. “In generale quello che si sta sempre più vedendo negli ultimi anni, come prospettiva di ricerca, è il ruolo sempre più preponderante dell’immunoterapia, cioè della capacità di utilizzare dei farmaci che stimolano il sistema immunitario a riconoscere il tumore come nemico e quindi debellarlo”.
Un secondo elemento, continua l’oncologo, “è l’utilizzo dei cosiddetti anticorpi coniugati che sono dei farmaci mirati contro dei bersagli precisi, che portano un carico di chemioterapia direttamente all’interno della cellula, come se fossero delle bombe intelligenti, strategia che aumenta l’efficacia e diminuisce la tossicità. Poi di molto importante anche nei mielomi vediamo l’utilizzo delle cellule Car-T, linfociti del paziente stesso che vengono ingegnerizzati e quindi educati dal punto di vista genetico a riconoscere la malattia come un nemico. Sicuramente l’utilizzo delle Car-T nei mielomi può rappresentare una delle forze più grandi”.