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Carnevale: origine e simbolo di un’antica ricorrenza
Nella prima immagine, due coribanti saturnali eseguono una danza propiziatoria intorno all’alberello ancora brullo, ma già gonfio di linfa vitale, promessa di schiusura delle gemme. Nella seconda, un pregiato mosaico che mostra il celebre “Carrus Navalis”. Nella terza, un’immagine medievale dello stesso “Carro” tradizionale, che ritroviamo nei nostri carri allegorici carnevaleschi moderni. Il folclore italiano, riporta che a “Carnevale ogni scherzo vale”, residuo questo, delle vecchie licenze… È sintomatico che fino a qualche decennio fa le celebrazioni carnevalesche si chiudevano con “la morte di Carnevale!”… Attraverso i secoli ancora vive il ricordo atavico di antichi rituali, mentre dietro le maschere si celano i volti di Bacco, Saturno e….. il “ghigno del Satiro”!

 

Da noi il Carnevale è indissolubilmente collegato alla Pasqua. Infatti, secondo il calendario cristiano, l’avvento del Carnevale viene calcolato in base alla data della Pasqua, che si festeggia la prima domenica successiva al primo plenilunio di primavera, tra il 22 marzo e il 25 aprile. Quest’anno, se la Pasqua cade il 31 marzo, Carnevale cade il 28 gennaio e dura due settimane, fino al 13 febbraio; giorno del Martedì grasso, seguito dal Mercoledì delle ceneri, chiusura di tutti i festeggiamenti, e inizio della Quaresima che ci porterà fino alla Pasqua. Ma quali sono le origini del Carnevale, ricorrenza festosa, opulente e mangereccia, che dà sfogo a mille bizarrerie, che però precede la Quaresima, periodo caratterizzato, invece, da una severa sobrietà preparatoria? Senz’altro da noi, all’origine del Carnevale vi sono antichi rituali dei popoli italici, tra cui le celebri Saturnali, le quali, condannate e perseguitate dalla Chiesa, col tempo sono scadute in usanze e costumi folcloristici tramandati soprattutto dalla civiltà agreste. Non molto tempo fa (fino agli anni ‘50 del secolo scorso), la Chiesa condannava le maschere considerandole, assieme al Carnevale, residui satanici della “vecchia religione”, come era d’uso ripetere. Un antico detto recita: “Dalle rovine sorge sempre un nuovo edificio”. Dalle celebrazioni e dalle festività del calendario del mondo classico, è sorto un nuovo calendario, quello cristiano. Ma resta il fatto che il significato pagano di tante ricorrenze, spesso per sincretismo è, in parte, sopravvissuto nella liturgia cristiana. Tante ricorrenze pagane poiché reinterpretate, conservano tuttavia tracce originarie. Oltre al Natale, è il caso, per esempio, della Quaresima cristiana, che altro non è che una reinterpretazione dei rituali di purificazione preparatori. Febbraio era il mese della dea Febris, colei che purificava: purificazione dello spirito e del corpo, delle acque lustrali, delle armi, delle tube e tutti gli attributi considerati essenziali ad un particolare tipo di civiltà. Un approccio meticoloso e obiettivo sul significato profondo del Carnevale, malgrado il lavorìo del tempo, può dischiudere interessanti aspetti sull’anima umana. Ovviamente, non è facile risalire alle origini di ricorrenze come questa, poiché intervengono preconcetti morali e religiosi, oltre al filo tradizionale che da tempo è stato reciso. Una cosa è chiara: il Carnevale all’origine sembra riferirsi ad una “tregua”, un “ricominciamento”, un ritorno all’origine; un lasso di tempo che “regola e ripristina un ordine”.

 

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Infatti, i Romani, riferendosi alle Saturnali, dicevano: “Semel in anno licet insanire”. Cioè: una volta l’anno è permesso impazzire. Questa frase riassume la portata ermetica e lo spirito di quel che diverrà gradualmente il nostro Carnevale. Attraverso le Saturnali, l’ordine sociale veniva temporaneamente invertito, reiterando un caos sovvertitore, un illo tempore originario, simboleggiato da schiavi che diventavano padroni e viceversa; da questo rituale caotico scaturiva un nuovo ciclo. Questa è l’idea di fondo che si cela dietro l’origine e i rituali delle Saturnali latine e dei culti dionisiaci. Essi celebravano la fine del vecchio anno con il passaggio dall’inverno alla primavera. Il termine (Carnevale) non ha un’origine chiara. Vi è chi è propenso a farlo derivare da “carne levamen”, cioè l’“eliminazione della carne”, che dà inizio alla Quaresima. Altri fanno risalire il termine al latino “carnis laxatio”, che in italiano antico diventò “Carnasciale”, con il significato di “abbandono della carne”. (Vedi versi e canti Carnascialeschi di Lorenzo de Medici). Ma queste ultime considerazioni si limitano ad una veduta cristiana. Al di là del cristianesimo, vi sono altre fonti antiche più pertinenti. Vi sono quelli che fanno derivare il termine da “carnualia”, nome  arcaico di giochi campestri propiziatori, tipici del pagus antico; altri ancora ne spiegano l’origine risalendo all’antico “carrus navalis” (di lì “car-nevale”), ossia l’antico carro a forma di nave con ruote ove troneggiavano Bacco e Saturno portati in trionfo, accompagnati da una bolgia di baccanti, coribandi e satiri festosi. Origine questa, per quel che mi riguarda, del tipico carro carnevalesco in voga, attraverso i secoli, fino ai giorni nostri. Pagane nell’essenza, le Saturnali segnavano il passaggio delle stagioni. I celebranti antichi mimavano l’annullamento del male (caos) che gli uomini avevano accumulato nel ciclo precedente. La natura di licenza delle saturnali era intesa come un ritorno al caos originario, allo scopo di poter ricominciare e rinnovare un ordine. Questa fu l’idea di fondo che rese Carnevale e le maschere materia non grata alla Chiesa. Inoltre, il Carnevale delle Saturnali ricordava  l’antico mistero dei due re del “Mistero di Nemi”: un giovane re che sacrificava il vecchio (sacrificio annuale del re di Nemi del Frazer nel “Ramo d’oro”). Il sacrificio del vecchio re del Frazer non ricorda forse la nostra “morte di Carnevale”? In molti paesi, fino a pochi anni fa, Carnevale alla fine assumeva il ruolo di Capro espiatorio e veniva bruciato. Come nel sacrificio rituale del vecchio re, capro espiatorio (o inverno), la fertilità dei campi era assicurata. Nel Frazer il giovane re personificava un rinnovo dell’alter ego, ormai vecchio.   

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