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Dall’Epifania alla Befana e Babbo Natale
Nella prima immagine la Befana della tradizione folcloristica: una vecchietta a cavalcioni di una scopa, di notte scende dai camini con doni e leccornìe per i bambini bravi, mentre ai monelli riserva cenere e carbone. Nella seconda immagine il “Babbo Natale” della Coca-Cola; nella terza un’inquietante Mater Matuta, nutrice precristiana, dispensatrice di doni; nella quarta una rara immagine dei Re Magi (che re non erano) in cammino verso la fatidica Capanna, col cappello “frigio” simbolo dei saggi mazdei; dettaglio del pregiato mosaico della Cattedrale di Ravenna.

 

In Italia un adagio ripete: “L’Epifania tutte le feste porta via”, mentre i piccini recitano (almeno nei villaggi): “La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, col cappello alla romana, viva, viva la Befana!”. Nell’immaginario collettivo, la Befana è una vecchietta con naso adunco che viaggia su una scopa e porta doni a tutti i bimbi. Questi ultimi la vigilia disponevano le calze più grandi appese alla cappa del camino, sperando di trovarle colme di regali. Mattinieri, i bimbi si svegliavano e di filata correvano verso la loro calza. Ma non per tutti era una bella sorpresa. La Befana premiava solo i bambini bravi; gli altri, i monelli o le monelle, rischiavano di trovare cenere e carbone! Ma alla fine i genitori rassicuravano il cattivello o la cattivella, dicendo che la Befana “ci aveva ripensato”; era ritornata sui suoi passi e aveva lasciato un regalino anche a loro, a condizione di essere più bravi in futuro! Santa semplicità, ma quanto significativa. L’Epifania, nella sua accezione, costituiva (e dovrebbe ancora costituire) un evento per celebrare la famiglia; era occasione d’insegnamento, di effusione di affetti e di promesse, ma soprattutto uno scambio D’AMORE nel ricevere e nel dare…. E il cerchio si chiudeva, manifestando nel profano l’irrompere del divino: Epi-fania, dal greco Epiphaneia, cioè manifestazione divina, che è A-MOR! Tanto può un simbolo archetipale! Ma quali sono le origini della celebrazione annuale dell’Epifania? Nel calendario cristiano, questa ricorrenza riveste un significato importante. L’Epifania chiude le festività natalizie, consacra e propizia l’anno nuovo. La ricorrenza cade il dodicesimo giorno dopo Natale e celebra l’arrivo dei Re Magi alla Grotta della Natività, con tanto di “doni” per il Bambino Gesù; mentre a livello profano corrisponde al giorno in cui i bambini italiani riceveranno dalla Befana il loro atteso regalo natalizio. È da notare che, fino ad un cinquantennio fa, in Italia, i bambini ricevevano i regali natalizi all’Epifania e non a Natale. Ma dove nasce la figura della nostra Befana? Dico nostra perché la Befana è un retaggio solo del folclore italiano. Una leggenda cristiana racconta di una vecchietta che rifiutò di unirsi ai Re Magi per guidarli verso il luogo della Natività, dicendo loro di essere troppo occupata. Poco dopo, però, la vecchia donna, scorgendo una gran Luce nel cielo, realizzò il suo errore. Presto riempì un sacco di regali per il Bambino Gesù, già appartenuti al suo figlioletto morto. Ma invano cercò di raggiungere i Re Magi. L’anziana smarrì il cammino e non raggiunse mai né i Re Magi né la “Capanna”. Cosìé da allora, la notte dell’Epifania, la vecchietta, ormai diventata Befana, (corruzione di Epi-fania), a cavalcioni su una scopa vola col suo sacco, portando regali a tutti i bambini, nella speranza di trovare il Bambino Gesù. In realtà, il simbolo di questa figura folcloristica italiana viene da lontano e trova spiegazione nel patrimonio spirituale italico precristiano. Nel simbolismo antico, la “scopa” rappresenta l’attributo, lo strumento che pulisce il “domus” dal sudiciume, al fine di purificare e iniziare da capo, liberando dal vecchio e dal passato.

 

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I romani antichi, durante le Saturnali, allo scopo di celebrare un nuovo inizio, usavano recarsi nel tempio di Giunone Capitolina, ove una vecchia (la loro Befana), nelle vesti della Sibilla, propiziava il dono di un nuovo ciclo. Nella Romanità, il “dono annuale” aveva connotazioni spirituali e l’Epifania era dominata dalla figura della Grande Madre (Ceres) e dal Dio Giano. La celebrazione di questa coppia dispensatrice di bene costituiva il punto cruciale dell’anno, periodo in cui i Numi irrompevano sulla scena cosmica e spirituale (Epiphaneia). Se la Befana origina dalla figura di Ceres, le origini del nostro Babbo Natale risalgono alla figura di Pater Janus il quale, nel IV secolo a.C, per sincretismo, fu sostituito da San Nicola il quale, a sua volta, nel 1931 è stato spodestato e scimmiottato dall’illustratore Haddon Sondblom, raffigurato come un omone rubicondo con renne della Coca-Cola. Il termine Èpifania è interpretato in chiave femminile, poiché il mondo mediterraneo, prima dell’arrivo degli Indo-europei, era dominato da Mater Matuta, figura matriarcale assieme ad Anna Perenna, divinità arcaica italica del “cerchio annuale” (Annum-Anna). Epifania, dunque, quale “Dono d’inizio” di un nuovo ciclo vitale. Un parametro fatale annuale, segnato dall’irrompere del divino negli animi e sulla Terra. Così “Epiphaneia”, parola greca che sta per “manifestazione divina, apparizione” è volgarmente ricordata dalla nostra Befana e da Babbo Natale. Ma è difficile estirpare un simbolo quando quest’ultimo è un archetipo. Ed ecco perché troviamo residui simbolici precristiani anche nel folclore. È il caso della “cenere e carbone”: un ennesimo residuo, simbolo di vili scorie, rimasugli della brace degli antichi fuochi propiziatori. In quanto ai Re Magi, che re non erano, ma sapienti (dal greco “magoi” e dal latino “magi”, cioè: saggi, sacerdoti del mazdaismo) che, come ha detto il grande Benedetto XVI da poco deceduto, “scrutavano il cielo per trovare Dio”. Oggi l’Epiphàneia (Epifania della liturgia cristiana), ricorda la ricorrenza in cui Dio si manifestò nel Bambino Gesù (Nascita del Re dei re). Era logico per la Chiesa che l’omaggio dei Magi fosse un omaggio da re ad un supremo sovrano, cioè Gesù. Cosi i “Magoi” o Magi, gli antichi saggi della sapienza mazdea, divennero re e i loro rispettivi doni furono: la mirra, che allude alla Passione; l’oro, che allude alla regalità, e l’incenso che allude alla divinità.      

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