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Pil e inflazione, l’economia si ferma: cosa dicono veramente i dati

(Adnkronos) – I dati si prestano sempre a letture diverse. Quelli che arrivano oggi dall’Istat su Pil e inflazione hanno però un verso simile, se interpretati nella loro somma: l’economia si è fermata. La spinta alla crescita e quella all’aumento dei prezzi si alimentano a vicenda per loro natura, riproponendo il dilemma che guida anche la politica monetaria della Bce: per controllare l’inflazione si riduce la spinta espansiva che aiuta il Pil a crescere. Quello che sta accadendo in questa fase, con l’inflazione che scende anche in maniera consistente e l’economia che ristagna, segnala il rischio concreto che vadano rivisti anche gli obiettivi fissati per l’intero anno e che si possa innescare una nuova spirale recessiva nel caso in cui il contesto internazionale dovesse ulteriormente peggiorare.  

 

Il calo dell’inflazione, di per sé una notizia positiva, può essere per definizione determinato anche da una minore attività economica. Visto da un’altra angolazione il problema si capovolge. La frenata della crescita può essere determinata da un calo della domanda per consumi, condizionata dalla perdita di potere d’acquisto a sua volta determinata dalle elevate dinamiche inflazionistiche dei mesi scorsi. Come è possibile? L’andamento dei prezzi produce in genere effetti ritardati sulla crescita, determinando uno scivolamento in avanti. Al contrario, gli effetti del calo dell’attività economica sui prezzi hanno dei tempi di trasmissione più rapidi. In estrema sintesi, vediamo oggi gli effetti sulla crescita dei prezzi alti degli scorsi mesi, mentre il calo dell’inflazione di oggi sembra andare di pari passo con il calo del pil.  

 

Un’economia stagnante ha conseguenze dirette anche sui conti pubblici e sui margini di manovra che restano per la politica economica. In particolare, vista la crescita zero del terzo trimestre, si allontana l’obiettivo di una crescita dello 0,8% nell’anno in corso ipotizzata dalla Nadef: per centrare l’obiettivo servirebbe una crescita del Pil almeno dello 0,4% nell’ultimo trimestre dell’anno. Se la crescita a fine anno fosse più bassa del previsto, crescerebbero ovviamente sia il deficit sia il debito in rapporto al Pil. 

 

Il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, festeggia il calo dell’inflazione a ottobre, evidente soprattutto nel confronto tra l’1,8% registrato su base annua rispetto al 5,3% di settembre. “Una frenata senza precedenti, frutto anche delle efficaci misure messe in campo nel settore dei carburanti e della corale iniziativa del carrello tricolore”. Il ministro fa bene però a guardare avanti. “Ora abbiamo l’obiettivo di consolidare il dato raggiunto, rilanciando così i consumi e la produzione in vista delle festività natalizie e di fine anno”. I dati dei prossimi due mesi, insieme alla stima del Pil, saranno infatti significativi e contribuiranno a dare un’indicazione più attendibile rispetto al reale stato di salute dell’economia. (Di Fabio Insenga) 

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