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Tumori, Janssen: nuovi dati ampliano uso anticorpo bispecifico per cancro polmone

(Adnkronos) –
I dati di tre studi clinici di fase 3 su amivantamab, presentati da Janssen al congresso annuale della Società europea di oncologia medica (Esmo) in corso a Madrid, aprono nuovi standard di trattamento per il tumore del polmone non a piccole cellule con mutazione dell’Egfr. Lo annuncia la farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson in una nota. Amivantamab è un anticorpo bispecifico completamente umano, first-in-class, per il riconoscimento dei recettori mutati del fattore di crescita dell’epidermide (Egfr) e della transizione mesenchima-epidermide (Met). Il farmaco attualmente è già disponibile in Italia per il trattamento in monoterapia di adulti con tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) avanzato, con mutazioni da inserzione dell’esone 20 attivanti del fattore di crescita dell’epidermide (Egfr), dopo il fallimento della chemioterapia a base di platino.  

Secondo Filippo de Marinis, direttore della divisione di Oncologia toracica dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e presidente Aiot, Associazione italiana oncologia toracica, “l’identificazione dell’approccio terapeutico più adeguato per i pazienti con Nsclc Egfr-mutato richiede la corretta identificazione delle diverse mutazioni, in quanto a ciascuna può essere associata una terapia differente, in prima linea, così come nelle linee di trattamento successive. I dati di amivantamab presentati a questo congresso Esmo- aggiunge – in pazienti con diverse mutazioni dell’Egfr, in diverse combinazioni e linee di trattamenti, mostrano complessivamente le grandi potenzialità di questa terapia innovativa che potrebbe diventare un nuovo futuro standard di trattamento per alcuni setting”. In Italia, il tumore del polmone colpisce ogni anno oltre 40 mila persone, rappresentando la prima causa di morte oncologica negli uomini e la seconda nelle donne. Due sono i tipi principali di tumore del polmone: il tumore polmonare a piccole cellule e il tumore non a piccole cellule (Nsclc, secondo la dicitura anglosassone). La forma Nsclc è l’85% delle nuove diagnosi di tumore al polmone e il 14%, nella popolazione europea, è legata a una mutazione dell’Egfr. 

Nello specifico – dettaglia la nota – lo studio Mariposa ha mostrato una riduzione del rischio di progressione della malattia o di morte del 30% con il trattamento in prima linea con la combinazione amivantamab e lazertinib rispetto alla terapia con osimertinib in pazienti con tumore del polmone Nsclc con mutazioni comuni dell’Egfr in stadio localmente avanzato o metastatico.  “Considerando in ottica allargata le possibili strategie terapeutiche nelle diverse linee di trattamento – commenta de Marinis – questi risultati supportano il potenziale della combinazione amivantamab più lazertinib come terapia di riferimento per questo setting di patologia”. 

Lo studio Mariposa-2 ha rilevato che amivantamab, con o senza lazertinib, combinato con la chemioterapia, porta a una riduzione del rischio di progressione della malattia o di morte di oltre il 50% rispetto alla sola chemioterapia in pazienti che erano già stati trattati con osimertinib. ”L’efficacia dei due regimi con amivantamab suggerisce che questi sono una possibile risposta alle diverse forme di resistenza terapeutica che si possono verificare dopo il trattamento con osimertinib”, sottolinea Antonio Passaro, Principal investigator dello studio e oncologo medico della Divisione di Oncologia toracica dell’Ieo di Milano. 

Lo studio Papillon ha evidenziato una riduzione del 60% del rischio di progressione della malattia o di morte con il trattamento in prima linea di amivantamab associato a chemioterapia in pazienti con forma rara di tumore del polmone Nsclc con mutazione dell’Egfr.  Questo tipo di cancro  “ha una tendenza a progredire rapidamente – osserva Federico Cappuzzo, direttore dell’Oncologia Medica 2, Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma – per questo è importante identificare il giusto trattamento nelle fasi più precoci del percorso terapeutico dei pazienti”. Questi  risultati “appaiono quindi molto promettenti, con un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione, e suggeriscono che” questa associazione “possa diventare il futuro regime di riferimento per il trattamento di prima linea per i pazienti con questo tumore”. Tutti gli studi hanno valutato anche la sicurezza dei trattamenti, mostrando un profilo di sicurezza in linea con quelli dei singoli agenti. 

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