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Dall’Etruria: il Fascio e il Littore

Popoli dell’Italia antica                                                     

 

Significato ed evoluzione del Fascio. Nella prima immagine il famoso Manipolo composto di spighe di grano; nella seconda il celebre Fascio etrusco bipenne del Littore; segue il fascio repubblicano romano, il Fascio Littorio imperiale, l’immagine di un Littore e una moneta Usa con Fascio.

(4a parte)

 

I simboli e le insegne di Roma antica hanno da sempre esercitato un ascendente ed un evidente fascino verso regni, imperi e sigilli di stato; molti comuni attuali, e persino la massoneria, gruppi a carattere esoterico, cavalleresco e iniziatico, arborano il Fascio. Lo si ritrova oggi quale simbolo del Senato Federale degli USA, inciso sopra la porta dello Studio Ovale del Presidente e nel motto “A pluribus unum”; le mani della monumentale statua di Lincoln poggiano come serre aquiline su due fasci. L’antico simbolo etrusco-romano compare attualmente nello stemma della Francia, dell’Equador, del Camerun e del cantone svizzero di San Gallo. In Italia, nel 1883 nasce il “fascio della democrazia”; verso la fine del XIX sec. vedono la luce i “Fasci siciliani”; nel 1914 sorsero i “Fasci d’azione rivoluzionaria”; nel 1917 nacque il “Fascio parlamentare per la difesa nazionale”. Nel 1918 è la volta del “Fascio nazionale italiano”, seguito dal “Fascio di combattimento” di Benito Mussolini che diede simbolo e nome al Fascismo. Oggi è, come sempre, simbolo di Autorità, Diritto e Giustizia. All’origine, questo simbolo risale agli Etruschi. Dionigi di Alicarnasso descrive il trasferimento da Tarquinia (Etruria) a Roma delle insegne delle dodici città etrusche, e che in seguito l’Urbe adottò: “…le insegne della supremazia, con le quali essi (gli etruschi n.d.r.) adornarono i propri re: una corona d’oro, un trono d’avorio, uno scettro con aquila alla sommità, una toga di porpora con fregi d’oro, un mantello di porpora, dodici scuri bipenni (a rappresentare il Fascio primigenio n. r.), una da ogni città della dodecapoli. Infatti, presso gli etruschi, era d’uso che il re d’ogni città fosse preceduto da un Littore recante un fascio di verghe con scure bipenni. Per tutta la durata del suo regno, l’etrusco re di Roma, Tarquino, portò una corona d’oro, indossò una toga di porpora ricamata, tenne uno scettro d’avorio sormontato da un’aquila, sedé su un trono eburneo; e dodici littori, recanti le scuri con le dodici verghe, gli stavano intorno se amministrava la giustizia”. Il Fascio etrusco a doppia scure (vedi esemplare originale del “Fascio del Littore” nel 600 a.C. rinvenuto a Vetulonia nel 1889), ha un significato particolare.

 

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Qui esso ha tutt’altra portata del fascio romano. Il Fascio etrusco, anche se anch’esso è composto di dodici verghe, è però sormontato da una doppia scure ed evoca valori lunari e matriarcali. Infatti, le due scuri opposte non ricordano asce da battaglia o di giustizia, ma la luna calante e crescente, il simbolo della Grande Madre, la natura che si alterna nelle fasi di crescenza e decrescenza (fasi lunari), con morte e rinascita della vegetazione. Colei che dà la vita, la taglia e la fa risorgere. A Roma, invece, il fascio viene reinterpretato. Qui il simbolo è solare e patriarcale, esso riflette tutt’altra indole umana. A Roma questo simbolo lo si ritrova con Romolo e nell’episodio di Furio Camillo, il quale riscattò l’Onore e la Patria adunando (affasciando) gli ultimi difensori, rappresentati da un Manipolo (Mannello) di dodici spighe di grano “affasciate” e issate su un’asta (da questa insegna derivò il manipolo come unità tattica della legione romana). Al contrario degli Etruschi, i Romani vedevano in questo “Signum” l’Unità, la Forza, la Giustizia e la Sovranità della Patria. Se in Etruria le dodici verghe erano simbolo di unità e concordia della Dodecapoli, a Roma le dodici verghe di betulla ricordavano il numero dei dodici avvoltoi avvistati da Romolo; dodici furono i fratelli di Romolo e Remo, figli di Acca Laurentia, all’origine della Confraternita romulea dei 12 Fratelli Arvali; dodici i sacerdoti Salii, custodi dei Dodoci “Anciles”; dodici le “gens”, i “Patria Patriae”, fondatori della città. Più tardi il Manipolo di grano, quale insegna legionaria, fu sostituito dalla Lupa, da una “mano aperta”, da un cavallo, un toro, un cinghiale, ecc… Mentre il Manipolo originario divenne il fatidico fascio repubblicano: dodici verghe sormontate da una scure. Infine imperiale: dodici verghe con scure laterale. È quest’ultima versione che diede origine al discusso “Fascio Littorio” simbolo di Continuità storica, Giustizia e Forza nell’Unione, con infissa un’ascia di bronzo a lato, strumento folgorante di azione, serrato da nastri rossi che all’origine erano strisce di pelle della vittima appena sacrificata. 

(Segue)

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