Mercoledì 13 settembre, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Montréal, il professore di linguistica Fabio Scetti ha tenuto la conferenza I figli della legge 101. Adattamento al sistema educativo del Québec: il caso della Comunità italiana. L’intervento del relatore e il dibattito che ne è seguito hanno permesso di centrare l’attenzione su alcune problematiche connesse all’integrazione dei migranti italiani e al ruolo del sistema educativo quebecchese
MONTRÉAL – Nei decenni successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, il governo federale avviò una serie di riforme socio-politiche che si conclusero con il Multiculturalism Act del 1988, un atto che aveva come obiettivo politico la realizzazione del multiculturalismo sull’intero territorio. Il Québec si oppose a questa politica, sostenendo che fosse stata ideata per sopprimere le istanze separatiste della Provincia. Per tale motivo, promulgò una serie di leggi volte alla tutela e alla promozione della lingua francese. La più importante è stata la tanto discussa Carta della lingua francese, comunemente conosciuta come Loi 101. Si tratta di una legge del 1977 che impone l’uso del francese nel Québec a tutti i livelli della società, dai servizi pubblici alle imprese private. Gli immigrati erano obbligati a iscrivere i loro figli nelle scuole francesi. Questo orientamento normativo provocò rilevanti disagi a gran parte della popolazione, che era arrivata in Québec e che non era francofona, dando luogo, talvolta, a forti tensioni, come La crisi di Saint-Leonard (1967-1969) che interessò la Comunità italiana. È in questa cornice che si colloca la conferenza sul tema I figli della legge 101. Adattamento al sistema educativo del Québec: il caso della Comunità italiana, tenutasi presso l’Istituto Italiano di Cultura di Montréal il 13 settembre. Il relatore Fabio Scetti, docente di linguistica dell’Université du Québec à Trois-Rivières, nonché ricercatore al CIRM (Centre of Interdisciplinary Research on Montreal ) della McGill University, ha presentato i risultati più significativi della sua ricerca socio-
linguistica sulla conoscenza delle lingue all’interno della Comunità italiana.
“L’evento è andato molto bene. La conferenza era stata organizzata per lo scorso anno, ma per vari motivi è stata riprogrammata per settembre 2023. Inizialmente, oltre a me, dovevano esserci altre due persone esperte in materia, membri della commissione scolastica del Québec. Purtroppo, gli invitati, Teresa Buttino e George Hadzocos, non sono riusciti a venire e quindi ho preso in prestito i loro materiali, le loro interviste e ho costruito la conferenza di mercoledì sera”. La serata ha dato rilievo a due quesiti di fondo: la legge 101 è stata una scelta? Se sì, capire chi l’ha decisa e come. A tal proposito, il professor Scetti ha dichiarato: “In quanto ricercatore concentrato sugli sviluppi dell’italiano a Montréal, ho voluto capire quali discorsi circolassero all’interno e fuori dalla Comunità. Prima della famosa legge, gli immigrati avevano la possibilità di scelta tra le scuole francofone e anglofone. Nella maggioranza dei casi, gli italiani optavano più per le scuole anglofone, ma con la Loi 101 le cose sono cambiate. Le testimonianze ci raccontano diverse verità: chi voleva frequentare le scuole francesi, ma è stato dirottato a quelle inglesi – la maggioranza dei casi – e viceversa; chi si iscriveva clandestinamente alle scuole inglesi. Teresa Buttino, italiana che ha lavorato nella commissione scolastica, sostiene che i francofoni non erano pronti. Era un problema di sistema nel senso che c’erano continui cambiamenti. La cosa più semplice è stata smistare tanti italiani nelle scuole irlandesi che erano cattoliche e, allo stesso tempo, anglofone. Il fatto di proporre le testimonianze di Teresa e George mi è sembrato veramente interessante per rivedere tutta questa negatività che gira intorno al periodo della 101”.
In merito alle conclusioni a cui è giunto con il suo lavoro (i cui risultati verranno presentati in un libro di prossima pubblicazione) – iniziato nel 2019 con uno studio post-dottorato in sociolinguistica – il professore si è così espresso: “Forse la Comunità è stata un po’ manipolata. C’era il bisogno di trovare un colpevole per coprire le lacune del sistema e il problema è stato rintracciato negli immigrati. In realtà, sappiamo bene l’importanza degli immigrati e, nel caso specifico degli italiani a Montréal. Basti pensare che gran parte delle costruzioni realizzate nella metropoli quebecchese dagli anni ‘50 in poi è stata opera di imprese italiane. Dunque, c’è poco da dire sull’importanza di questa Comunità in questo preciso contesto. Il mio focus era quello di riprendere il periodo e rivederlo con altri occhi. Non volevo dare una nuova luce, una nuova verità”.
Il dualismo tra inglese e francese in Québec, ha permesso che le lingue delle Comunità etniche sopravvivessero e, paradossalmente, si rafforzassero. Nel caso specifico dell’italiano nella realtà montrealese, i risultati dello studio del professor Scetti dimostrano come questa lingua sia rimasta viva, sia pure nelle sue forme dialettali e fortemente influenzata dagli idiomi ufficiali del Paese. Questo perché è stata utilizzata come “lingua franca” tra chi ha vissuto in prima persona le vicende della legge 101 e che, quindi, ha studiato francese e chi, invece, essendo arrivato prima aveva frequentato le scuole inglesi.
Oggi ci si pone il problema di rendere l’italiano ancora più diffuso tra le nuove generazioni e, possibilmente, di migliorarlo sul piano semantico e sintattico. L’aumento continuo dei corsi di lingua italiana testimonia il crescente interesse dei giovani per la lingua del Bel Paese e il desiderio di mantenere saldi i contatti con la propria terra d’origine. In questo senso, è auspicabile che il livello di attenzione istituzionale, in primis dell’ICC, si elevi ulteriormente e si continuino a promuovere iniziative formative volte a diffondere la lingua e la cultura italiane.