I popoli italici
(II parte)
Nel libro di Sergio Frau, “Omphalos, il primo Centro del Mondo”, di ben 1154 pagine, l’autore presenta Ichnusa (Sardegna) quale centro del mondo e sede di misteriosi residui di centinaia di torri (Nuraghi) disposte lungo le coste e all’interno dell’isola. Il che fa pensare ad una società prospera e ben organizzata a livello sociale e militare. Riferendosi al mito dell’Atlantide quale centro del mondo (Omphalos: ombelico del mondo), il Frau fa osservare che, misurando al 40° parallelo la distanza tra la costa occidentale degli Stati Uniti e le coste del Giappone, risulta che la Sardegna (ciò che resta di Tirrenia) è al centro del mondo, trovandosi a 11350 Km dalle coste del Giappone e a 11359 Km dalle coste atlantiche dell’America! Secondo Platone, l’Atlantide si sarebbe sprofondata “in un singolo giorno e notte di disgrazia”. Il Frau ipotizza che anche Tirrenia sia stata spazzata via da un immane maremoto, uno Tsunami, s’unda Manna che la sprofondò seppellendo di detriti tutta la vasta fascia costiera di Tirrenia, e obbligando la popolazione a rifugiarsi verso l’interno (Ichnusa), sui monti, dando origine ad una società che sostituì i guerrieri e navigatori con pastori e agricoltori. Il Frau prosegue: “… Ci sono decine e decine di siti archeologici che, come il magnifico ‘Su Nuraxi, il complesso Nuragico di Barumini’, sono stati ritrovati sepolti sotto colline di origine fangosa”. Stando alla tradizione tanto antica quanto sconosciuta, e alle argomentazioni del Frau, l’antica Ichnusa, la Sardegna, potrebbe esser benissimo il piccolissimo residuo di Tirrenia, ossia l’Atlantide della leggenda! L’ipotesi di Sergio Frau è condivisa da molti esperti e lascia supporre che l’Atlantide descritta da Platone sia proprio Ichnusa, “l’Orma divina”, la Sardegna, l’Isola meravigliosa della nostra Italia. Ma quando si parla della Sardegna, della sua storia e del suo popolo, inevitabilmente ci si trova a ripercorrere, in sintesi, la complessità storica delle popolazioni europee, con tutto il loro retaggio, mitologico, leggendario e preistorico. Storicamente, durante il Paleolitico Superiore, l’isola fu colonizzata dall’Homo Sapiens, proveniente dall’Europa continentale e non dall’Africa, come riportato da un gruppo di ricercatori guidati dal Prof. Francesco Cucca. All’epoca, Sardegna e Corsica formavano un’unica isola (e questo corrobora il discorso del Frau circa un più grande agglomerato, Tirrenia), separata dalla penisola italica da un breve tratto di mare.
Nel VI millennio a.C., durante il Neolitico, ci fu l’arrivo di altri popoli che, col tempo, si amalgamarono alle popolazioni paleolitiche già stanziate sul posto. All’inizio dell’età del bronzo, vi furono migrazioni dalla Francia meridionale, dalla Spagna e dall’Europa centrale attraverso la penisola italica. Fu con l’età del bronzo che sorse la Civiltà Nuragica. Ma perché civiltà nuragica? In cosa consistevano i Nuraghi? Tra il 1700 e il 1800 a.C., in Sardegna, vengono costruite solidissime torri coniche di pietra chiamate “Nuraghi”, da nur, “mucchio di pietre” ma anche “cavità”, le cui mura avevano uno spessore di circa quattro metri. Erano delle vere e proprie fortificazioni. Alcune erano a due o più piani con camere circolari e torre centrale protette da cinte murarie. Furono concepite un pò come i castelli medievali, però più antichi di quasi tremila anni! Queste fortificazioni venivano costruite lungo le coste dell’isola, in prossimità di approdi e in punti strategici che portavaNo all’interno dell’isola. Nell’entroterra erano come delle “fattorie fortificate”, che, oltre a sorvegliare e difendere, servivano come depositi di risorse alimentari; cereali in particolare. Fin qui queste funzioni sembrano rispondere alle tante domande sul mistero deI nuraghi. Ma se queste costruzioni erano torri di avvistamento e di difesa, cosa potrebbe esser stato il complesso nuragico di Barumini? Un villaggio fortificato? Una postazione militare fortificata, o cos’altro? Su queste domande ancora proseguono studi per chiarire le molte teorie ed i miti sui Nuraghi. I misteriosi residui archeologici sardi suscitano tante domande. Inoltre, cosa rappresentano quei bronzetti nuragici che sembrano indossare uno zaino per la respirazione? Molti ricercatori di fama non esitano ad associare alcuni di questi bronzetti sardi, databili dal 2000 a.C. sino al II secolo d.C., ad alcuni disegni Maya dello stesso periodo, riscontrandovi fortissime somiglianze; e ciò a 10.000 Km di distanza. Si tratta di figure antropomorfe molto simili. Troveremo un giorno la risposta a questi misteri? Chissà, forse scoprendo una sorte di stele di Rosetta il velo del mistero sarà squarciato. In quanto alla lingua dei sardi di quel periodo, non si hanno informazioni, poiché non vi sono documentazioni archeologiche scritte. Il linguista Eduardo Blasco Ferrer sostiene che la lingua paleosarda era simile al proto-basco e all’antico iberico, mentre altri sostengono una comunanza con l’etrusco. Altri ancora sostengono che la lingua paleosarda era composta da elementi liguistici preindoeuropei e indoeuropei. Anche il nome Sardus tradisce un’origine tra storia e leggenda. Infatti, storicamente, la parola sembra derivare dal substrato linguistico preindoeuropeo e indoeuropeo e potrebbe originare da popolazioni iberiche che si stanziarono nell’isola. La più antica testimonianza scritta del nome è riportata sulla Stele di Nora, ove appare la parola Srdn (Shardan), da cui: Sardegna. Secondo Platone, la Sardegna e i suoi abitanti “Sardonioi” o Sardianoi” furono chiamati così da Sardò, una leggendaria donna lidia di Sardi, nell’Anatolia (attuale Turchia). Autori come Pausania e Sallustio indicano i sardi discendenti da un figlio di Ercole, riverito come Sardus Pater Babai (padre sardo).
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