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Il 2 giugno si celebra il 77º anniversario della Festa della Repubblica italiana

Il 2 giugno del 1946, 77 anni fa, gli italiani, uomini e donne, per la prima volta a suffragio universale, furono chiamati a esprimere la loro preferenza sul futuro del Paese. La maggioranza scelse la Repubblica, abbandonando la Monarchia

Il 2 giugno si celebra la Festa della Repubblica in ricordo del referendum che in quello stesso giorno, nel 1946, decretò il passaggio dell’Italia da un sistema politico monarchico a uno repubblicano. Ma la festa della Repubblica non è sempre stata il 2 giugno. Nel 1977, con la legge numero 54 del 5 marzo, a causa di una situazione economica difficile, la Festa della Repubblica era stata spostata alla prima domenica di giugno, ma nel 2001, con la legge numero 336 del 20 novembre 2000, la festività del 2 giugno è stata reintrodotta.

 

I RISULTATI DEL REFERENDUM. Il 2 e il 3 giugno 1946 si è tenuto il referendum istituzionale indetto a suffragio universale e tutti gli italiani, comprese le donne che votavano per la prima volta, sono stati chiamati alle urne per scegliere la forma di governo preferita: monarchia o repubblica. Con 12.718.641 voti contro 10.718.502 (le schede nulle o bianche furono invece 1.498.136), gli elettori hanno scelto la Repubblica e la famiglia Savoia, fino ad allora al comando della monarchia, è stata esiliata. I votanti sono stati 24.947.187, l’89% degli aventi diritto al voto. La percentuale di voti favorevoli alla Repubblica è stata del 54,3%, mentre quella dei voti favorevoli alla Monarchia del 45,7%. Ma l’Italia risultava divisa in due: al nord aveva vinto la Repubblica con il 66,2% dei voti, mentre al sud le preferenze erano andate alla Monarchia con il 63,8% dei voti.

 

Il referendum mise fine al Regno d’Italia che dal 1861, data dell’unificazione, per 85 anni, era stato guidato dalla famiglia reale dei Savoia, e fece nascere la Repubblica Italiana. L’Italia passò in questo modo da una monarchia costituzionale, regolata dallo Statuto Albertino, ad una Repubblica parlamentare.

 

LA STORIA

L’Assemblea Costituente è stato l’organo con il compito di redigere la nuova carta costituzionale a seconda dell’esito della votazione, ossia della vittoria della Repubblica o della Monarchia

L’ASSEMBLEA COSTITUENTE. Il 2 e 3 giugno del 1946 si svolsero le prime elezioni dopo 22 anni di regime fascista (le ultime si erano tenute nel 1924). Agli elettori, tutti i cittadini italiani di ambo i sessi e maggiorenni, cioè all’epoca d’età superiore a 21 anni, furono date due schede. La prima per il referendum istituzionale e la seconda per l’elezione dei deputati dell’Assemblea Costituente, l’organo che avrebbe avuto il compito di redigere la nuova carta costituzionale secondo l’orientamento emerso dal referendum. A seguire, il 1º luglio Enrico De Nicola venne nominato primo Presidente della Repubblica Italiana, Alcide De Gasperi fu il primo presidente del Consiglio e il 1º gennaio 1948 entrò in vigore la nuova Costituzione della Repubblica Italiana.

 

LA COSTITUZIONE ITALIANA. La Costituzione Italiana è la legge fondamentale del nostro Stato, che sancisce le regole della vita sociale e le norme dell’ordinamento dello Stato. La Costituzione Italiana è composta di 139 articoli, divisi in quattro sezioni: I Principi Fondamentali (art. 1-12); Diritti e doveri dei cittadini (13-54); Ordinamento della Repubblica (55-139); Disposizioni transitorie e finali.

 

TUTTI I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA

Il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune e resta in carica 7 anni. Il primo a ricoprire questo incarico è stato Enrico De Nicola nel 1948. Nel suo caso non si è trattato di un settennato: è stato prima Capo provvisorio dello Stato dal 28 giugno 1946 al 31 dicembre 1947 (una carica che è stata creata ad hoc, per poi essere abolita), poi presidente della Repubblica dal 1° gennaio 1948 al 12 maggio 1948. Il suo successore è stato Luigi Einaudi, esponente del Partito liberale italiano (come De Nicola), all’età di 74 anni: restò in carica per l’intera durata del suo mandato, così come Giovanni Gronchi, esponente della DC, capo dello Stato dal 1955 al 1962. Dopodiché è stato il turno di Antonio Segni che, eletto nel 1962 quando aveva 71 anni, è stato costretto a lasciare il Quirinale nel 1964, per una grave malattia (è morto nel 1972). Al suo posto, Giuseppe Saragat, del Partito socialdemocratico italiano, dal 1964 al 1971. Anche Giovanni Leone, la cui elezione fu forse la più risicata, rimise il mandato con qualche mese di anticipo rispetto alla fine naturale, per motivi politici: eletto nel 1971 chiuse nel 1978, nell’anno in cui venne ritrovato il corpo di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate rosse. Quindi, la presidenza di Sandro Pertini (socialista), forse quella ricordata come la più popolare in assoluto, nonostante i tempi bui dal 1978 al 1985 (stragi terroristiche e mafiose, tensioni sindacali e crisi economica). E ancora il controverso settennato di Francesco Cossiga (DC), dal 1985 al 1992, lasciando all’alba di Tangentopoli. Oscar Luigi Scalfaro (anche lui DC) è stato il primo Presidente a interessarsi in modo molto attivo alle vicende politiche del Parlamento, dal 1992 al 1999. Gli è succeduto Carlo Azeglio Ciampi (indipendente), dal 1999 al 2006, gli anni dell’Euro. Quindi Giorgio Napolitano (Democratici di sinistra), dal 2006 al 2013 e poi dal 2013 al 2015; infine Sergio Mattarella (indipendente), che ha chiuso il primo settennato in piena pandemia ed è stato rieletto nel gennaio del 2022 all’ottavo scrutinio, su richiesta di quasi tutti i partiti.

 

STORIA DEL TRICOLORE: COM’È NATA LA BANDIERA ITALIANA

La bandiera italiana nasce come bandiera militare: fu proposta nel 1796 per distinguere il contingente italiano all’interno dell’esercito di Napoleone, nelle repubbliche Cispadana e Cisalpina. Il 7 gennaio del 1797 il Tricolore fu adottato, a Reggio Emilia, come bandiera della Repubblica cispadana: il blu della bandiera francese era sostituito dal verde, fin dal 1782 colore delle uniformi della Guardia civica milanese, quindi simbolo dei volontari che combattevano per l’Italia, mentre il bianco e il rosso comparivano nell’antichissimo stemma comunale di Milano (croce rossa su campo bianco). Con la sconfitta di Napoleone, nel 1814, il Tricolore fu abolito. Tuttavia, restò nella memoria degli italiani e più volte fu innalzato contro gli austriaci. Nel 1848 fu adottato nel regno di Sardegna dai Savoia, che vi inserirono il loro scudo (una croce bianca in campo rosso): con l’unità d’Italia (1861) diventò la bandiera del Regno d’Italia. In seguito alla proclamazione della Repubblica (1946), lo scudo dei Savoia fu eliminato.

 

L’Inno Nazionale “Fratelli d’Italia”

Dobbiamo alla città di Genova il ‘Canto degli Italiani’, meglio conosciuto come ‘Inno di Mameli’. Scritto nell’autunno del 1847 dall’allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli (nella foto), musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il ‘Canto degli Italiani’ nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l’Austria. L’immediatezza dei versi e l’impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell’unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo “Inno delle Nazioni” del 1862, affidò proprio al “Canto degli Italiani” – e non alla Marcia Reale – il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a ‘God Save the Queen’ e alla ‘Marsigliese’. Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l’Inno di Mameli diventasse l’inno nazionale della Repubblica Italiana.

 

Fratelli d’Italia

L’Italia s’è desta,

Dell’elmo di Scipio

S’è cinta la testa.

Dov’è la Vittoria?

Le porga la chioma,

Ché schiava di Roma

Iddio la creò.

Stringiamci a coorte

Siam pronti alla morte

L’Italia chiamò.

Noi siamo da secoli

Calpesti, derisi,

Perché non siam popolo,

Perché siam divisi.

Raccolgaci un’unica

Bandiera, una speme:

Di fonderci insieme

Già l’ora suonò.

Stringiamci a coorte

Siam pronti alla morte

L’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,

l’Unione, e l’amore

Rivelano ai Popoli

Le vie del Signore;

Giuriamo far libero

ll suolo natìo:

Uniti per Dio

Chi vincer ci può?

Stringiamci a coorte

Siam pronti alla morte

L’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Sicilia

Dovunque è Legnano,

Ogn’uom di Ferruccio

Ha il core, ha la mano,

I bimbi d’Italia

Si chiaman Balilla,

Il suon d’ogni squilla

I Vespri suonò.

Stringiamci a coorte

Siam pronti alla morte

L’Italia chiamò.

Son giunchi che piegano

Le spade vendute:

Già l’Aquila d’Austria

Le penne ha perdute.

Il sangue d’Italia,

Il sangue Polacco,

Bevé, col cosacco,

Ma il cor le bruciò.

Stringiamci a coorte

Siam pronti alla morte

L’Italia chiamò.

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