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8 marzo: la professione infermieristica è donna, in Italia sono il 76% degli iscritti

(Adnkronos) – L’infermieristica resta una professione a trazione femminile. E non solo nel nostro Paese, dove le infermiere rappresentano il 76% degli iscritti agli Ordini, ma anche a livello europeo dove sono oltre l’87%. E’ lo spaccato che la Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche (Fnopi) ha reso noto e pubblicato sul proprio sito istituzionale in occasione della Giornata internazionale della donna.  

Nel terzo trimestre del 2023 – riporta la Fnopi – secondo l’analisi Eurostat elaborata in occasione dell’8 marzo 2024, nell’Ue la maggioranza degli occupati di età compresa tra 15 e 64 anni erano uomini: 53,5% rispetto al 46,5% donne, ma per la professione di infermiere il discorso cambia. Osservando la classificazione Isco (classificazione internazionale standard delle occupazioni, gestita dall’Organizzazione internazionale del lavoro), è al quarto posto tra le professioni scelte dalle donne (87,5% di presenze), dopo le professioni relative alla scuola e ad altre attività di supporto che comunque raggiungono al massimo il 90% della presenza femminile. 

Le infermiere iscritte agli Ordini in Italia sono 339.470 (dato aggiornato a febbraio 2024) rispetto a 107.230 infermieri, mentre per l’infermieristica pediatrica, su 9.121 iscritti, 8.930 (il 98% del totale) sono donne. A livello regionale la presenza femminile – che comunque è sempre superiore al 50-60% – è massima in Trentino Alto Adige (86,1%), Friuli Venezia Giulia (85,1%) e in Piemonte (84,4%), mentre le percentuali minori sono in Sicilia (59,5%), Campania (64%) e Basilicata (69,8%). 

Negli Ordini provinciali la presenza femminile è diversificata. Le percentuali maggiori – analizza la Fnopi – si registrano a Sondrio (89,1%), Pordenone (88,5%) e Bolzano (87,6%), che si assottigliano scendendo fino a Palermo, Trapani (59,8%), Enna (57,1%) e Agrigento (54,8%). Diverso il discorso per le infermiere pediatriche che in molti Ordini (64 su 102) raggiungono il 100% delle iscrizioni (anche in quelli che contano una minore presenza femminile, come ad esempio ad Agrigento) e in generale non scendono mai al di sotto del 90%. I numeri relativamente più bassi riguardano Biella (88,5%), Catania (88,1%), Siracusa (86,7%), Livorno e Caltanissetta (83,3%).  

Secondo il consorzio interuniversitario Almalaurea – evidenzia la Federazione Ordini – dal punto di vista retributivo, però, le donne, rispetto agli uomini, guadagnano in meno circa il 12,8% se si considera l’alto tasso di part time tra il sesso femminile, differenza che scende al -2,6% se invece si considerano solo i professionisti a tempo pieno. Va considerato che le differenze di genere spesso incidono sul corretto andamento dei ritmi familiari e che comunque ci sono da colmare differenze, anche economiche, del tutto ingiustificate vista l’assoluta parità di formazione e tipologia di lavoro svolte. 

Una delle particolarità delle donne nell’area infermieristica, infatti, è sempre stata quella di un maggiore ricorso al part time, spesso per conciliare il lavoro con la vita familiare. Nel 2021 (ultimo anno di cui sono disponibili i dati ufficiali della Ragioneria generale dello Stato), le donne in part time sono state il 97,5% di chi ha lavorato in part time nel Ssn e oltre l’82% sono in part time superiore al 50% del tempo pieno di lavoro, situazione che, ancora una volta, le penalizza dal punto di vista retributivo. Infine, la violenza sul posto di lavoro. Secondo lo studio Cease-It, promosso dalla Fnopi e svolto in 8 università italiane, il 75,4% delle infermiere dichiara di averla subita, in forma verbale o fisica, nel corso della carriera. 

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